L’arte a scopi terapeutici e salutari

A colloquio con Melinda Štefčić, responsabile di numerosi progetti artistici di impatto sociale, nell’ambito dei quali vengono prodotti interventi pittorici in strutture ospedaliere e penitenziarie. Attualmente la docente esterna presso l’Accademia di Belle arti della capitale croata sta lavorando al programma «Libertà della creazione», che prevede la realizzazione di disegni anche negli spazi del carcere di Fiume

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L’arte a scopi terapeutici e salutari

Negli ultimi decenni, lo studio degli effetti concreti che l’arte può produrre sulle persone ha guadagnato popolarità grazie a iniziative di forte impatto sociale, mirate nella maggior parte dei casi a determinate categorie e segmenti della popolazione. In Croazia, una delle più grandi esperte dell’utilizzo dell’arte a scopi terapeutici e di salute è Melinda Šefčić, docente esterna presso l’Accademia di Belle arti della capitale croata nonché artista, ricercatrice e autrice di progetti incentrati sull’arte a scopo terapeutico.

Passione per l’arteterapia

Nata nel 1986 a Subotica, nella Vojvodina e laureatasi all’Accademia di Zagabria, Melinda Šefčić si interessa all’arteterapia sin dai primi anni di studi, mentre dal 2016 svolge il Dottorato di ricerca incentrato sull’arte a scopo terapeutico e di salute, e, in particolare, sulla pittura delle strutture ospedaliere. A partire dal 2017 organizza, conduce e lavora su progetti di impatto sociale, nell’ambito dei quali vengono prodotti interventi pittorici in strutture ospedaliere e penitenziarie. Si tratta di progetti finanziati dal Ministero della Giustizia e dell’Amministrazione – “Penitenziario esemplare” (Uzorna kaznionica), del 2018, e “Orizzonte di libertà” (Horizont slobode) del 2020 -, nonché da risorse dell’Ue, tra cui la rete “CreArt” – “Rivitalizzazione dello spazio carcerario per mezzo dell’arte” (Revitalizacija zatvorskog prostora umjetnošću) del 2019. Oltre alle carceri e ai penitenziari, i progetti della ricercatrice si focalizzano anche su altre categorie. Nel 2017 ha infatti realizzato un intervento pittorico nel Centro clinico-ospedaliero Rebro di Zagabria, mentre l’anno scorso ha partecipato a un’iniziativa della Wiener in collaborazione con l’associazione zagabrese Mali zmaj, nell’ambito della quale ha dipinto le pareti dei vani che verranno utilizzati per il lavoro con bambini socialmente svantaggiati. Attualmente lavora al progetto “Libertà della creazione” (Sloboda stvaranja), che prevede degli interventi pittorici in sei strutture del Paese: il penitenziario di Turopolje, il carcere minorile di Turopolje, il carcere di Fiume, il carcere di Bjelovar, l’Ufficio di sorveglianza di Zagabria I e il carcere di Zagabria (attualmente in fase di completamento). Melinda Šefčić è, inoltre, membro del Consiglio d’amministrazione della Società nazionale di Artisti visivi (HDLU), in collaborazione con la quale vengono realizzati i progetti sopraccitati.

Melinda Šefčić dinanzi a uno dei dipinti realizzati nel penitenziario di Turopolje

Regole rigorose

Sono 25 gli artisti coinvolti nel tuo progetto “Libertà della creazione”, tre dei quali studenti dell’Accademia di Arti visive di Zagabria, che è uno dei partner dell’iniziativa. Quali sono gli aspetti che accomunano le persone che vi prendono parte?

“Innanzitutto, nella selezione degli artisti che saranno inclusi nei progetti, uno dei criteri principali riguarda la capacità di adeguarsi alle specificità del lavoro stesso. Ogni persona coinvolta deve attenersi rigorosamente a regole prestabilite che riguardano, in particolare, il comportamento all’interno delle strutture. È un grande rischio far entrare delle persone esterne in queste strutture. Non ci possono essere contatti con i detenuti, bisogna entrare e uscire in momenti precisi, la natura e l’esatto numero di ogni oggetto che viene introdotto viene prestabilito. Ciò comprende ogni singolo pennello che utilizziamo, ogni barattolo di vernice… Si tratta spesso di materiali infiammabili, mentre altri rappresentano un pericolo per diversi motivi. Non si possono introdurre telefoni cellulari e smartphones, e cosi via. Infatti, una delle mie più grandi responsabilità durante i progetti di questo tipo è di garantire che queste norme vengano rispettate da tutti gli artisti che vi lavorano. Da essi è richiesta, inoltre, un’adattabilità del proprio stile pittorico a determinati requisiti, basati a loro volta su studi di ricerca interdisciplinari nel campo della psicologia e dell’arte-terapia. Insomma, il criterio fondamentale per chi partecipa a questo tipo di iniziative è saper lavorare seguendo fedelmente indicazioni e regole specifiche”.

Quali sono invece le caratteristiche dei lavori stessi che vengono prodotti?

“Per quanto riguarda gli stessi interventi pittorici, va specificato che si tratta di un tipo di arte che segue una serie di norme che riguardano, ad esempio l’aspetto psicologico dell’utilizzo di determinati colori. Un esempio ne è il rosso, utilizzato in piccolissime quantità in quanto è stato dimostrato che si tratta di un colore che stimola l’aggressività, l’irrequietezza, nonché in grado di provocare cambiamenti fisiologici nella persona, tra cui l’accelerazione del battito cardiaco. Il nero invece va usato con cura, ovvero non in un’accezione negativa, come potrebbero essere rappresentazioni di oggetti affilati e che, in un certo senso, fanno pensare alla fine della vita”.

Ciò che conta è la funzionalità

Qual è un genere pittorico che va evitato in questi casi?

“L’arte astratta, in particolare, caratterizzata da un’assenza di forme definite e riconoscibili, non è adeguata agli spazi frequentati da persone di stato psicologico alterato, come le strutture ospedaliere e quelle penitenziarie, poiché aumenta il loro stato di insicurezza e crisi emotiva. Ovviamente, ciò non vuol dire che questi luoghi vanno decorati con farfalle e fiorellini. È semplicemente necessario che i lavori sviluppino una storia di connotazione positiva, motivo per cui personalmente non altero la struttura dell’opera di un dato artista, in modo da permettergli di mantenere la propria unicità professionale. Infatti, bisogna prendere in considerazione il fatto che, per il tramite di questi progetti, noi inseriamo la nostra pittura in quegli spazi e, in un certo senso, allarghiamo il nostro pubblico e il pubblico dell’arte in generale, contribuendo al contempo anche a un’educazione artistica della popolazione. In ogni caso, si tratta di opere in cui la priorità riguarda la funzionalità e non un’idea dell’arte fine a sé stessa”.

Nell’ambito di questi progetti rivolgi una particolare attenzione anche all’aspetto formativo, corredandoli di materiale didattico legato allo studio dell’impatto dell’arte sul benessere delle persone…

“I testi a scopo didattico sono rivolti non solo agli artisti che realizzano i lavori di questo tipo, bensì anche alla popolazione generale e, soprattutto, ai dipendenti e agli operatori coinvolti nelle strutture in cui vengono realizzati gli interventi. I materiali toccano tematiche quali la neuroestetica, l’arteterapia, l’influenza dei colori sulle persone, soffermandosi anche sulla storia delle più importanti ricerche nel campo, sulle quali si basa questo tipo di arteterapia al giorno d’oggi”.

L’artista durante gli interventi pittorici nel penitenziario di Turopolje

Questionari e valutazione statistica

Una parte importante di queste iniziative riguarda lo studio dell’opinione dei detenuti e del personale che lavora in quelle date strutture. In quale modo vengono raccolti i dati?

“I questionari vengono raccolti a una distanza di due settimane prima dell’inizio dei lavori e di minimo due settimane dopo la realizzazione degli interventi, in modo da avere un lasso di tempo sufficiente per poter ricavare delle risposte concrete, ovvero per permettere agli intervistati di farsi un’idea più o meno precisa su quanto svolto. Dopo gli interventi pittorici, segue la valutazione statistica del lavoro di ricerca. La struttura dei questionari utilizzati per lo studio dell’opinione dei detenuti e degli operatori del sistema penitenziario rimane sostanzialmente la stessa, con solamente lievi modifiche in base al progetto. Si tratta di uno studio condotto in collaborazione con la Facoltà di Scienze dell’Educazione e della Riabilitazione di Zagabria e con la professoressa Anita Jandrić Nišević, psicologa forense, figura principale di queste ricerche”.

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