La voce, un attrezzo magico e unico

Oggi ricorre la Giornata mondiale della voce istituita per sensibilizzare sui diversi aspetti legati a una materia particolarmente complessa, che coinvolge un ampio spettro di discipline, dalla medicina alla patologia del linguaggio, la musica, la fisica, la psicologia, la fonetica, l'arte e la biologia

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La voce, un attrezzo magico e unico
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

La voce è il nostro principale strumento di comunicazione con il mondo esterno, fondamentale per interagire con gli altri. Ci distingue, ci identifica e può essere uno strumento musicale potente e coinvolgente quando cantiamo. La voce è unica; nessun essere umano al mondo possiede una voce come la nostra.

La utilizziamo tutti i giorni per comunicare, per esprimerci, cantare e gridare: ma come funziona la voce? E sapevate che esiste anche una Giornata a lei dedicata?
L’anno era il 1999, in Brasile molti studiosi, linguisti, esperti di linguaggio, medici e insegnanti parteciparono a un’iniziativa sociale che volgeva a tutelare la voce e sottolinearne l’importanza nel mondo della comunicazione. Questo evento riscosse un massiccio successo, tanto che l’eco divenne mondiale e spinse a riconoscere una giornata dedicata alla celebrazione della voce: il 16 aprile 2002 venne istituito il World voice day (Giornata mondiale della voce).

Un uso quotidiano
La voce ha dunque una Giornata tutta sua, che ricorre appunto oggi. È stata istituita per sensibilizzare il globo circa le alterazioni, anche lievi, dell’organo vocale per prevenire problemi e malattie. Ma non è il solo motivo, poiché il focus è posto sulla voce come strumento artistico, con riferimento a chi la usa e la sforza nel proprio lavoro. La utilizziamo tutti i giorni per comunicare, per esprimerci, per cantare, per gridare, per creare scambi e legami.
Nell’uomo preistorico quando ancora non si era sviluppata né la parola né il linguaggio, la voce costituiva già un mezzo di espressione e di comunicazione. La semplice modificazione della tonalità della voce poteva esprimere gioia, dolore, sorpresa, paura, a volte anche comando.
La voce ci accompagna per tutta la vita. Un bambino appena nato comunica. Lo fa mediante il pianto. Per un neonato è di grande importanza la voce materna che ha il potere di rassicurarlo e di creare un legame che si rafforzerà nel tempo. La voce della mamma sarebbe anche in grado di stimolare l’attività del cervello del neonato. Ascoltare la voce della mamma facilita notevolmente le funzioni cognitive del neonato. Tante le aree del cervello “attive” sentendo parlare chi lo ha messo al mondo: da quella uditiva a quella che gestisce le emozioni, fino a quelle coinvolte nella percezione ed elaborazione dei volti. La voce della mamma è un suono magico e inconfondibile per i bambini.

Da dove proviene la nostra voce?
Questo complesso meccanismo è una “colonna d’aria” messa sotto pressione grazie a diaframma, polmoni e bronchi.
Come riporta il sito focusjunior.it, dal momento che usiamo la voce, indirizziamo l’aria verso l’alto, verso la laringe, l’organo predisposto alla fonetica. A circa metà del nostro collo troviamo le corde vocali (che svolgono la stessa funzione di quelle degli strumenti musicali benché siano molto diverse tra loro) e grazie alle quali riusciamo a modulare la nostra voce, cambiando tono e intensità. La cassa di risonanza dove queste vibrazioni risuonano sono la faringe, i seni paranasali e il naso stesso. Infatti si dice avere una voce nasale, per chi ha una spiccata tendenza ad una voce chiusa e bloccata, quando ad esempio abbiamo il raffreddore.

L’emissione dei suoni
I suoni delle parole non sono tutti uguali: esistono quelli labiali, nasali, dentali, gutturali, sibilati… a seconda di dove posizioniamo la lingua, di come il nostro palato viene usato e da dove scegliamo di far uscire la voce. Una “B” di banana non ha niente a che vedere con una “T” di triceratopo, così come una “Z” di zebra non trova somiglianza con una “F” di foglia. Ma anche le corde vocali non sono mai uguali nelle persone, per genere e per età, ma soprattutto perché la voce è unica e, come detto poc’anzi, ognuno ha la propria.

La perdita della voce
I disturbi vocali si chiamano disfonie e possono essere di natura organica, legati a un’infiammazione della laringe oppure possono essere legati a vere e proprie patologie. Queste malattie colpiscono chi fa un cattivo o eccessivo utilizzo della voce (su questo argomento si soffermano il baritono Giorgio Surian e il Maestro Saša Matovina). Il principale consiglio per una voce sana è quello di utilizzare un tono medio senza affaticare troppo le corde vocali. Bisogna evitare gli alcolici e la caffeina e abolire il fumo per non irritare la gola e idratare attraverso un buon consumo di liquidi, cosa che non fa mai male, anzi.

Il colore della voce
La voce è scindibile in tre parametri: altezza, volume e timbro. L’altezza è data dalla frequenza del suono, cioè dal numero di cicli di apertura-chiusura delle CVV al secondo. In base alla frequenza una voce può essere acuta (alte frequenze) o bassa (basse frequenze). La frequenza varia con età (i bambini hanno voce più acuta degli adulti) e sesso (gli uomini hanno voce più bassa delle donne). Ogni individuo è in grado di produrre diverse frequenze (estensione vocale) pur avendone una preferenziale. Il volume dipende dall’ampiezza della vibrazione del bordo delle corde vocali che è a sua volta determinato dalla pressione sottoglottica (più alta è la pressione più è alto il volume della voce).
Il timbro, dal punto di vista fisico, è dato dalla forma dell’onda sonora che è la risultante del tono di base e degli armonici. Il suono prodotto a livello della laringe attraversa i risuonatori che lo modificano amplificando o smorzando le diverse gamme frequenziali. La nostra voce, nonostante nella crescita si trasformi un po’, è inimitabile. A renderla ciascuna diversa da un’altra influiscono lo spessore delle corde vocali, la loro lunghezza, le loro dimensioni e il modo in cui ciascuno di noi l’ha educata. Sì, proprio così. Per chi la utilizza come strumento di lavoro, richiede tanto studio e allenamento (ne parla la giornalista Selina Sciucca). Per questo i cantanti prendono lezioni, siano essi pop, rock o lirici: allenano i loro polmoni, fanno i gorgheggi, studiano le variazioni e il suono. Questo esercizio è unito a un dono che la natura ha dato loro ma di cui tutti possiamo godere. Ci sono voci che riconosceremmo ovunque da quanto sono particolari: quelle dei cantanti Sting, David Bowie, Jeff Buckley, Tom Waits, Tina Turner, Mina, Luciano Pavarotti, Celentano o Fabrizio de Andrè.

Perché la nostra voce registrata (spesso) non ci piace?
È una sensazione che conoscono tutti: la propria voce sentita come la sentono gli altri è strana e spesso suona sgradevole. Il suono è insolito, non ci appartiene e nella maggior parte dei casi non ci piace: troppo grave, troppo nasale, troppo infantile, e chi più ne ha più ne metta.
Esiste una spiegazione fisica a questo singolare fenomeno. Sentiamo la nostra voce in modo diverso da come la sentono gli altri perché la voce ascoltata dalle altre persone ha attraversato un unico mezzo fisico prima di raggiungere le orecchie, cioè l’aria.
I suoni emessi da noi stessi, invece, oltre che attraverso l’aria, si trasmettono anche attraverso tutti i tessuti frapposti tra la laringe e la coclea (l’orecchio interno). Le onde sonore assumono frequenze diverse perforando l’aria o un mezzo solido e quindi la voce ha un timbro diverso. Inoltre, un qualunque registratore altera la nostra voce, anche se in maniera minima. Durante la registrazione, infatti, il suono viene convertito da onde sonore meccaniche a onde elettromagnetiche, mentre per l’ascolto avviene il processo inverso: la voce emessa da questi dispositivi non è quindi mai perfettamente identica all’originale.

I cantanti d’opera: uno strumento a fiato
Il basso-baritono fiumano Giorgio Surian spiega il modo giusto in cui viene usata la voce durante il canto. Importante è anche la dizione.
“I cantanti d’opera ottengono il volume della voce grazie al fiato, che è la cosa fondamentale. Noi siamo uno strumento a fiato. Il diaframma e i muscoli circostanti permettono di emettere una voce giusta nel canto. L’appoggio (il momento in cui si inspira e il diaframma si abbassa) non deve essere mai troppo alto. D’altra parte, ci sono le corde vocali che producono il suono e c’è la maschera, la parte superiore del nostro viso. Se viene ben proiettato e appoggiato alla voce, il suono passa direttamente nella maschera ovvero nella parte dura del palato e qui la voce risuona meglio. La dizione e la pronuncia sono basilari. Durante l’esecuzione di un’opera l’accento deve venire posto proprio sulla parola. La voce non basta, è necessario dire ciò che il poeta e il compositore volevano esprimere. Tante volte succede che la dizione non è soddisfacente.
Per mantenere giovane la voce bisogna scoprire il punto nel quale deve arrivare la voce. Inoltre, la voce si mantiene fresca se viene usata nel modo giusto durante il canto. Io canto da cinquant’anni e sono ancora attivo. Ho saputo dunque mantenere l’altezza e la punta del suono”.

Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

La voce è lo specchio di un giornalista radiofonico
Selina Sciucca, giornalista del programma italiano di Radio Fiume, rivela che grazie alla voce uno capisce lo stato d’animo del conduttore.
“Per un giornalista radiofonico la voce è tutto; è lo strumento principale. Senza la voce non si lavora. Uno può scrivere sì le notizie, ma senza l’uso della voce colui che lavora alla radio non è un giornalista completo. Negli ultimi cinque anni ho fatto due corsi di vocal coaching. Uno con la nostra assistente che veniva qui alla Radio a farci degli esercizi di riscaldamento vocale, dizione e lettura. Il secondo corso l’avevo fatto con la compianta maestra Nicoletta Olivieri, la quale aveva tenuto un paio di anni fa alla Comunità degli Italiani di Fiume un corso per giornalisti, attori, professori e insegnanti. È importante dire anche che, grazie alla voce, uno capisce quale sia il nostro stato d’animo. Questa è una delle cose più belle, ma è in un certo senso anche vulnerabile. Sentendoti, uno nota subito se siamo tristi o di buon umore. La voce ci tradisce. Noi giornalisti radiofonici dobbiamo fare molta attenzione a questa cosa. Dobbiamo prendere in considerazione il fatto di non parlare troppo prima di scendere a leggere le notizie; dobbiamo conservare la voce prima di andare in diretta. Io personalmente faccio uso di mentine e caramelle per evitare di ritrovarmi con la gola asciutta. Per un giornalista radiofonico la voce è lo specchio di ciò che si è, del carattere e della sensibilità dell’individuo”.

La voce deve assumere una dimensione «teatrale»
Laura Marchig, scrittrice, poetessa, artista e responsabile dell’Organizzazione Fedra art projekt, vanta una grande esperienza nella performance.“Nel mio ultimo spettacolo ‘Nascite e rinascite’ ci sono tre momenti legati alla voce: uno è quello del dialogo con il pubblico; è una specie di stand up dove racconto fatti comici e tristi, il secondo è il momento musicale ovvero la voce deve seguire una melodia, la voce deve essere controllata dal punto di vista del ritmo e del tono. Dunque ci si allena e si studia. Per alcuni ciò è naturale, per altri meno. Il terzo è il momento poetico in cui leggo delle prose e sono accompagnata dalla chitarra. La voce quindi interpreta e crea atmosfere, assume un elemento teatrale. Paolo Volponi ha scritto un saggio molto interessante intitolato ‘Poesia a voce’. Qui egli spiega se sia necessario leggere una poesia a voce alta. Il mio concetto di base per quanto riguarda la poesia è che essa è sempre un fatto molto intimo tra il lettore e il testo. Ma avendo noi la tradizione millenaria del poeta che è in realtà un cantautore, a partire da Orfeo, credo che quando la poesia viene proposta dinanzi al pubblico (e lo dico da ‘poeta performer’) questa deve assumere una sua dimensione ‘teatrale’; deve cioè comunicare tutto ciò che attraverso il testo il lettore potrebbe capire a modo suo. È legittimo che il lettore interpreti il testo in base a ciò che ha sentito. È necessario fornirgli ulteriori strumenti per capire il testo come lo vuole l’autore. Poi ci sono ovviamente i lettori che leggono le poesie degli altri. C’è un filone lunghissimo di lettura della poesia, in primis la lectura Dantis ovvero l’esegesi del testo dantesco come momento di interpretazione e comprensione dell’opera. Uno dei maggiori interpreti di Dante fu Carmelo Bene. La sua interpretazione vocale dell’Inferno era molto molto intensa. La voce va controllata, educata, modulata, curata e a volte può anche tradire. Lo stesso vale per le corde vocali. Anche i cantanti più bravi possono produrre una nota errata ma è un fatto normale perché siamo esseri umani”.

Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

«La voce è un organo estremamente sensibile»
Saša Matovina, presidente dell’associazione «Kanat» nonché direttore artistico delle klape «Kastav» e del coro femminile della SAC «Učka». “L’omogeneizzazione delle voci nei complessi vocali si consegue con l’uso corretto della voce dunque con un posizionamento esatto della voce, il che include innanzitutto l’appoggio della voce sulla colonna d’aria. Inoltre, la persona mentre canta deve fare uso del corpo intero, il tono deve venire appoggiato sul respiro, che, a sua volta, viene controllato. Un cantante deve usare tutte le cavità di risonanza che danno un determinato colore al tono che, nel caso di un gruppo vocale o di un coro, vede la fusione delle voci e il loro adattamento affinché si arrivi alla fusione del tono. Per mantenere la voce giovane sono importanti gli esercizi di respirazione e un uso giusto del respiro durante il canto. Le corde vocali sono molto sensibili. Le persone credono che la gola sia un ostacolo ma un’impostazione corretta inizia dal canto con il respiro che dà libertà alla voce. La cosa peggiore è forzare la voce. È fondamentale non superare i limiti vocali cioè bisogna mantenere la voce moderata durante il canto”.

Foto: RONI BRMALJ

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