La storia dell’opera nei teatri dell’Adriatico orientale

È stato presentato a Palazzo Modello di Fiume il volume di Cristina Scuderi. Grazie a un'attenta ricerca della musicologa è stato tracciato un quadro d'insieme della produzione operistica del litorale, in particolar modo dei retroscena

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La storia dell’opera nei teatri dell’Adriatico orientale
Theodor de Canziani, Vanni D’Alessio, Cristina Scuderi e Marko Medved. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

È stato presentato alla Comunità degli Italiani di Fiume il volume “Organizzare l’Opera (1861-1918). Teatri dell’Adriatico orientale” di Cristina Scuderi, edito da Libreria musicale italiana. La serata letteraria, organizzata dal Forum Quarnerino, ha visto la presenza di numerosi connazionali, che hanno voluto scoprire la storia operistica di Fiume, ma anche delle altre località del litorale, partendo dall’Istria, per arrivare fino a Ragusa. A parlare più da vicino del volume è stato lo storico Marko Medved, seguito da Theodor de Canziani, dall’autrice e in ultima istanza anche dallo storico Vanni D’Alessio, che ha moderato la serata.

Un periodo di crescita culturale
A introdurre il tema della serata è stato Vanni D’Alessio, che ha spiegato che nel sessantennio in questione, ovvero dal 1861 al 1918, la città di Fiume ha visto un periodo di sviluppo architettonico, ma anche culturale. In questo arco di tempo è stato costruito anche Palazzo Modello, sede della CI di Fiume, ma anche il porto ha registrato un’importante crescita. Grazie alla ricerca attenta e precisa della musicologa Cristina Scuderi è stato possibile ottenere un quadro d’insieme della produzione operistica del litorale, in particolar modo dei retroscena, ovvero della parte organizzativa.
“Anche se noi non siamo musicologi, ma storici, penso che sia interessante vedere tutto ciò che è connesso con questo settore, ovvero la storia della società, dell’ambiente politico ed economico dell’epoca – ha affermato D’Alessio –. Quello che credo sia molto importante è proprio l’iter seguito per portare in scena dei titoli, partendo dalla ricerca di mezzi finanziari, solitamente forniti dai comuni, fino alla nomina di imprenditori, agenzie e alle modalità di superamento delle difficoltà incontrate. Quello che mi ha colpito particolarmente di questo libro è la quantità di dati messi assieme, le innumerevoli tabelle e l’enorme mole di documenti citati. Vista l’esaustività dell’approccio di Scuderi sono sicuro che questo volume rappresenterà un punto di riferimento e la base per altri lavori in futuro”.

Non è stato tralasciato nessun aspetto
Lo storico Marko Medved ha iniziato il suo intervento spiegando di non essere un esperto di musica, ma di amare molto l’opera e di aver letto con piacere il libro apprezzando non solo la quantità di informazioni che contiene, ma soprattutto la qualità dell’indagine scientifica.
“L’autrice ha consultato fonti sia in italiano che in croato e non ha tralasciato alcun aspetto della produzione operistica – ha spiegato Medved –. Ho apprezzato anche il fatto che si è rivolta a un pubblico accademico, ma anche a lettori non specialisti del settore. Scuderi ha descritto come avveniva la scelta dell’impresario, come venivano prese le decisioni sul repertorio, come si spostava il personale artistico e quali erano le condizioni lavorative. Non è la prima autrice ad aver scritto di questi temi, pensiamo soltanto a Radmila Matejčić, ma è sicuramente quella che ha analizzato più da vicino questi aspetti organizzativi. Scuderi ha preso in considerazione il Teatro Politeama Ciscutti di Pola, il Teatro Adamich e il Teatro comunale di Fiume, il Teatro Nobile e il Teatro Nuovo di Zara, il Teatro Mazzoleni di Sebenico, il Teatro Baiamonti, il Teatro Nuovo di Spalato e il Teatro Luca Boldi di Ragusa, che prese il nome dal nobile che lo fondò. L’autrice ha scelto comunque di mettere in copertina il teatro fiumano, in quanto, in relazione agli altri teatri, Fiume emerge ed ha una rilevanza superiore. Quello che mi ha affascinato nell’approccio dell’autrice è lo studio dell’ingerenza dell’autorità civile nell’operato dei teatri, un po’ come avviene anche oggi. Ad esempio nel 1885 il potestà influisce sulla nomina di Adolfo Cimadori a direttore del teatro. Un altro aspetto che mi ha coinvolto è il dibattito politico dell’epoca sull’utilizzo dei mezzi finanziari per la cultura. I socialisti, infatti, reputavano un lusso finanziare l’opera, mentre c’erano bisogni molto più impellenti ai quali far fronte. Possiamo vedere, dunque, che in 140 anni alcune cose non sono cambiate”, ha concluso Medved.

Il problema dei finanziamenti
Scuderi è riuscita a trovare dei documenti redatti dai cosiddetti “palchettisti”, ovvero cittadini che pagavano un abbonamento per l’usufrutto dei palchi e che in un certo senso erano diventati azionisti del teatro. Se la stagione operistica andava male tali famiglie protestavano e mandavano delle lettere agli impresari chiedendo un risarcimento delle somme versate. A Zara, ad esempio, Innocente Monas si rivolse alla direzione del Teatro di Zara nel 1906 in una lettera in cui chiese la restituzione del canone a causa dell’insuccesso del “Rigoletto”. La rivista fiumana “La bilancia” pubblica un articolo in quegli anni in cui si auspica un maggiore coinvolgimento dei cittadini nella scelta degli spettacoli. È interessante notare che il teatro fiumano, a differenza delle altre località prese in esame, aveva abbassato i prezzi per non vedere palchi vuoti. Quindi analizzando i prezzi dei biglietti traspare che a Fiume andare a teatro era più accessibile rispetto alle altre città, Zagabria compresa.

La figura dell’impresario
Nel volume di Scuderi vengono analizzate le modalità della cessione degli appalti, ma anche la possibilità di subaffittare i locali del teatro per attività come i balli di carnevale. Le opere, infatti, solitamente andavano in scena durante i mesi primaverili, ovvero la Quaresima, mentre l’autunno era previsto per la prosa. I mesi invernali non erano un periodo particolarmente attivo per i teatri, perché i cittadini preferivano i balli in maschera. Tornando alla figura dell’impresario, Scuderi afferma che la politica teatrale a Fiume era “conservatrice” nel senso che le autorità si aspettavano dall’impresario di ingaggiare artisti e imprese locali a scapito degli stranieri. Per quanto riguarda la produzione, un documento del 1885 attesta che le autorità chiedevano di fare almeno “due opere di rinomati Maestri” a stagione, mentre nel 1901 la richiesta riguardava “un’opera del grande repertorio e due opere minori per un totale di 22 recite di opera seria”. All’epoca gli spettacoli d’obbligo dovevano essere tenuti in lingua italiana ed è interessante notare la prevalenza di autori italiani come Verdi, Donizetti e Bellini. È interessante notare anche che nel clima tollerante fiumano abbiamo la prima donna impresario di cui ci è giunta nota. Si tratta di Cleopatra Caiani, nominata al Teatro Adamich nel 1874.

Valorizzare il passato multiculturale
Il terzo intervento della serata, di Theodor de Canziani, ha concluso in tono più informale il complesso discorso sui teatri dell’Adriatico orientale. De Canziani si è rivolto al pubblico in dialetto fiumano e ha spiegato che quello di Scuderi non è solo un libro di musica, ma è anche un punto di riferimento per ulteriori ricerche storiche. Quello che lo ha reso maggiormente fiero, ha spiegato, è il fatto che Cristina Scuderi, pur non avendo nessun legame con le nostre terre, ha deciso di affrontare questo tema che ci riguarda. Il teatro trattato da Matejčić è un edificio, mentre quello di cui parla Scuderi è fatto da persone, dai nostri antenati, a partire da chi si esibiva, fino al personale amministrativo che ne ha permesso il funzionamento. De Canziani ha spiegato anche l’importanza dello sviluppo economico, che rappresenta la base della cultura e ha descritto in questo senso l’importantissimo ruolo di Andrea Lodovico Adamich, ma anche di suo nipote, Giovanni Ciotta, senza i quali Fiume non avrebbe raggiunto tali vertici di sviluppo economico e culturale. In conclusione del suo intervento l’esperto ha messo a disposizione del pubblico due libretti teatrali stampati nella tipografia fiumana Karletzky, che per decenni ha realizzato pubblicazioni in quattro lingue diverse. L’ultimo intervento della serata è stato quello dell’autrice, la quale ha ringraziato il pubblico e i relatori dell’interesse dimostrato e ha mostrato alcune fotografie scattate negli archivi nelle quali sono visibili i documenti più interessanti, le lettere e persino alcuni verbali della polizia austriaca relativi a operazioni di censura. Scuderi ha concluso auspicandosi che il materiale da lei consultato possa un giorno venire digitalizzato.

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