Kristina Pandža: «Soddisfatti di quanto è stato fatto»

Chiacchierata con la presidente dell'associazione Pro Torpedo, insignita quest'anno della targa d'oro «Stemma della Città di Fiume» per il suo contributo alla valorizzazione del patrimonio industriale

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Kristina Pandža: «Soddisfatti di quanto è stato fatto»
Kristina Pandža. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

L’associazione Pro Torpedo di Fiume è stata insignita quest’anno della targa d’oro “Stemma della Città di Fiume” per il suo straordinario contributo alla ricerca, valorizzazione, promozione e tutela del patrimonio industriale di Fiume e della Croazia, un’attività che porta avanti da ormai vent’anni. L’associazione venne fondata nel dicembre del 2003 da un gruppo di storici dell’arte, architetti, ingegneri e altri esperti interessati al lascito industriale fiumano quali Nana Palinić, Jasna Rotim Malvić, Velid Đekić, Jakov Karmelić, Robert Mohović e Iva Mrak. Il primo presidente dell’associazione fu Miljenko Smokvina, mentre del comitato d’amministrazione facevano parte all’epoca Daina Glavočić, Marko Franković, Bogdan Siminiati e Julija Lozzi Barković. Nel corso degli anni, al lavoro dell’associazione si unirono altri esperti e cittadini interessati a quest’importante segmento della storia di Fiume, tra cui anche Kristina Pandža del Museo civico del capoluogo quarnerino, che attualmente ricopre la carica di presidente della Pro Torpedo.

I primi vent’anni dell’associazione
“La targa della Città di Fiume è un riconoscimento a tutte quelle persone che hanno contribuito all’attività dell’associazione nel corso degli anni – ha esordito Pandža –. Credo che il premio abbia contribuito alla visibilità della Pro Torpedo e abbia segnato nel migliore dei modi i primi vent’anni d’attività dell’associazione. Volendo fare una sintesi di questi due decenni, direi che uno dei risultati più importanti della nostra attività sia il fatto di aver sensibilizzato la comunità locale sul valore e sull’importanza del patrimonio industriale di Fiume. Le conferenze, i convegni internazionali, le tavole rotonde, l’attività individuale dei membri della Pro Torpedo hanno contribuito a risvegliare tra i cittadini di Fiume la consapevolezza sul valore di ciò che abbiamo. Credo che i progetti infrastrutturali che sono stati realizzati negli anni, e qui mi riferisco innanzitutto al progetto di rivitalizzazione del complesso Benčić o Quartiere artistico, siano in parte il risultato del nostro impegno. L’attività e gli obiettivi dell’associazione hanno pure ‘superato i confini’ della Pro Torpedo, tanto che, ad esempio, nell’ambito del programma ‘Mia Fiume’, che viene realizzato nelle scuole elementari, sono stati incorporati elementi legati alla storia industriale della città, mentre la Scuola media superiore ‘Adamić’ ha introdotto la materia opzionale ‘Il patrimonio industriale nelle scuole medie superiori’ e via dicendo. Vorrei anche aggiungere che tra gli esperti che si occupano di patrimonio industriale, Fiume occupa un posto di rilievo e viene presa come esempio di buona prassi. Insomma, questo lavoro ha richiesto continuità e costante dialogo, in quanto determinati risultati non si possono ottenere dall’oggi al domani.
Una delle nostre attività più importanti è l’organizzazione del convegno internazionale sul patrimonio industriale, al termine del quale vengono sempre pubblicati gli Atti del convegno. Si tratta di un evento importante, in quanto non vi vengono trattati soltanto temi legati a Fiume, bensì anche quelli relativi ad altre città e Paesi”.

In confronto con altri Paesi, ritiene che il patrimonio industriale fiumano sia sfruttato in maniera ottimale, oppure si potrebbe fare di più e meglio?
“Si può fare sempre meglio, ma credo che negli ultimi vent’anni sia stato fatto molto. Considerata la quantità di spazi in città che in passato erano adibiti all’industria, ritengo che possiamo essere soddisfatti di ciò che è stato fatto. Per quanto riguarda un confronto con altre realtà, il rapporto con il patrimonio industriale e l’approccio alla sua rivitalizzazione variano di Paese in Paese. Coloro che vantano un sistema economico migliore hanno fatto di più nella rivitalizzazione del loro lascito industriale e qui mi riferisco alla Germania, all’Austria e soprattutto alla Gran Bretagna, che sicuramente primeggia in questo contesto, soprattutto per quanto riguarda la sensibilizzazione sul valore di questo patrimonio. Questi Paesi sono, pertanto, un esempio da seguire. D’altro canto, all’ultimo convegno internazionale, tenutosi lo scorso maggio, abbiamo avuto modo di sentire relatori provenienti dalla Bosnia ed Erzegovina e dalla Serbia, che avevano riferito di casi di devastazione di ex stabilimenti industriali tutelati dallo Stato. Queste conferenze sono importanti perché permettono di confrontare esempi di buona prassi, ma anche di quella meno buona, di parlare di problemi e di mettere a confronto i vari progetti di rivitalizzazione”.

Essere realistici e obiettivi
Da dove è partita l’idea del valore e della necessità di tutelare il patrimonio industriale?
“All’inizio degli anni duemila cominciarono a riunirsi esperti di vari campi interessati al destino dei vari stabilimenti industriali che nella seconda metà degli anni Novanta e all’inizio del nuovo millennio avevano smesso di esistere. Queste persone, ossia Julija Lozzi Barković, Daina Glavočić e altri, guidati da Miljenko Smokvina, che fu un pioniere in questo campo, per così dire, si riunirono per occuparsi di questo lascito in maniera più sistematica. La situazione non era rosea, in quanto numerose persone all’epoca rimanevano senza lavoro in seguito alla chiusura delle fabbriche. Miljenko Smokvina era interessato innanzitutto al siluro e alla rampa di lancio, della quale non si stancava mai di rimarcare l’importanza. Purtroppo, è proprio la rampa di lancio quel segmento del patrimonio industriale di Fiume che ha ancora un destino incerto, anche se è stata posta sotto tutela.
A questo punto, credo che sia necessario essere realistici e obiettivi e capire che non è possibile conservare e tutelare tutto. Temo che sia ormai impossibile salvare la struttura originale della rampa di lancio e mi chiedo se con la tecnologia contemporanea si possa ricostruire il suo aspetto originario. Stando alle ultime informazioni, sembra che la Port Authority abbia deciso di investire nel restauro della rampa, ma bisogna sentire l’opinione dei conservatori circa il modo in cui questa struttura dovrebbe venire recuperata.
A livello europeo e mondiale, la valorizzazione del patrimonio industriale e la sua rivitalizzazione hanno preso piede dapprima in Gran Bretagna negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, dove si è iniziato a pensare sul modo più idoneo di rimettere in funzione gli spazi abbandonati”.
Quali sono, secondo lei, gli ex stabilimenti in città che meriterebbero di venire rivitalizzati?
“Ritengo che siano molto positivi i progetti che vengono realizzati nel porticciolo dell’ex fabbrica Torpedo, dove in uno dei capannoni la Facoltà di Marineria ha messo in funzione uno spazio per le sue necessità. Credo che questo sia un ottimo esempio di rivitalizzazione dell’ex stabilimento, anche perché i capannoni sono tanti e dal punto di vista architettonico sono piuttosto semplici e permettono di venire adeguati per ospitare numerose attività produttive e non. Se in questi spazi si insediassero imprese e forse anche altre Facoltà, con il restauro della rampa di lancio questa zona della città potrebbe rivivere”.

Con la vendita del lotto di terreno sul quale tra qualche anno sorgerà una nuova autostazione e che porterà alla demolizione di una parte dei magazzini ferroviari, il Museo civico è tenuto a trovare un nuovo spazio dove allestire la mostra sul siluro (che si trova in uno dei magazzini dal 2016). Sono state fatte due proposte: trasferire la mostra negli spazi dell’ex fabbrica Torpedo, oppure sistemarla nel padiglione deserto del mercato in Braida. Qual è la soluzione più adatta?
“L’opzione ideale è senza dubbio che la rampa di lancio venga rinnovata e che la mostra venga allestita negli spazi dell’ex fabbrica Torpedo. La realtà è, però, molto diversa. Via Barač (ex via dell’Industria, nda) è oggi una via morta, per cui per attirare qualcuno a percorrerla quasi per intero per raggiungere gli spazi della Torpedo bisognerebbe offrire dei contenuti straordinari. Dal punto di vista del personale e dell’organizzazione, non credo che il Museo civico disponga attualmente delle risorse necessarie per gestire anche questo spazio in modo ottimale. Ritengo, però, che l’opzione peggiore sarebbe quella di smantellare la mostra e rinchiuderla in un deposito. Insomma, si tratta di una questione molto complessa.
Per quanto riguarda la demolizione dei magazzini ferroviari, ritengo che non sia necessario e nemmeno realistico conservare per forza tutto, anche se non approvo che qualcosa venga demolito quando ciò non è indispensabile”.

A livello nazionale, dove si colloca Fiume per quanto riguarda la tutela del patrimonio industriale?
“Per quanto riguarda la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e la realizzazione del Quartiere artistico Benčić, si colloca piuttosto in alto. Nell’ottica dell’attivismo e della ricerca, in Croazia non ci sono associazioni come la nostra, per cui in questo contesto siamo gli unici”.

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