Evviva l’operetta!

Un viaggio musicale nell’ex capitale di questo genere musicale

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Evviva l’operetta!
Foto: ROSANNA POLETTI

Trieste è stata capitale dell’operetta per mezzo secolo, dal 1950 quando una pattuglia di dirigenti del teatro lirico della città, suggestionati dagli spettacoli degli americani, che a quel tempo gestivano il Territorio Libero di Trieste, decisero che il Castello di San Giusto sarebbe diventato lo spazio ideale per grandi produzioni. I nubifragi che distruggevano le scene in cartapesta, spazzate via dalla bora, lasciando nudi i tubi innocenti su cui poggiavano, costrinsero un decennio dopo a preferire il chiuso dei teatri cittadini. Di quel favoloso Festival Internazionale dell’Operetta che aveva popolato la città di turisti stranieri, faceva accorrere pullman dalle svariate città italiane ed era approdato in mondovisione con la Rai, grazie a registi del calibro di Vito Molinari e Gino Landi, agli inizi degli anni duemila non rimase più niente. È una città strana Trieste, butta via sempre i suoi successi per andare a cercarne altri, non sempre con fortuna. L’Associazione Internazionale dell’Operetta in questi decenni ha tenuto la barra dritta sulla piccola lirica, cercando di sostenere l’attenzione sul genere musicale almeno del pubblico locale, permettendosi anche qualche uscita fuori porta, ad Abbazia, ad esempio, patria di un altrettanto famoso Festival andato in scena prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale. Oggi l’Associazione, con il Verdi e il Rossetti, con il supporto del Comune di Trieste, ripropone il Festival. Dopo “La Vedova allegra”, “Il Paese dei Campanelli” e l’“Orfeo all’Inferno”, allestiti tra giugno e luglio, l’8 e il 9 settembre produrrà “La Danza delle Libellule” di Franz Lehár, di cui ha avuto modo nel concerto di piazza Verdi a Trieste, di far ascoltare una selezione di brani tra i quali spicca il famoso passionale e conturbante “Fox trot delle gigolettes”. Il concerto è stato un viaggio nell’operetta di mezzo secolo, da “Una notte a Venezia” di Strauss al “Paese del Sorriso” di Lehár. Quest’ultima operetta è forse l’unica a non avere un finale felice. Il compositore viennese di origini ungheresi la scrisse negli anni ‘20. Debuttò nel 1929 a Berlino, mentre la prima italiana è del 1933 a Genova. L’Austria aveva perso il suo impero, ridotta a uno Staterello in mezzo alle montagne, senza più alcun peso politico nell’Europa che si stava formando, andando incontro ai disastri del ‘900. Lehár sentiva la sconfitta, il declino di un’epoca, lo stravolgimento di un mondo e lo trasformò in un amore impossibile.
La squadra di quattro cantanti e due musicisti sul palco del concerto era composta da alcuni dei migliori interpreti d’operetta della scena triestina: i soprani Maria Giovanna Michelini e Ilaria Zanetti, new entry il tenore Sergey Kanygin e, mattatore della serata, il tenore Andrea Binetti, che per due ore ininterrottamente ha cantato e raccontato storie, trame e aneddoti, ha proposto gag e divertito il pubblico che aveva letteralmente invaso la grande piazza. Al pianoforte Corrado Gulin e al violino Antonio Kozina, due artisti straordinari di comprovata esperienza del genere. La suadente voce della Michelini ha esplorato sensazioni passionali e romantiche nei brani della Vilja dalla Vedova allegra e Meine Lippen da Giuditta di Lehár, Ilaria Zanetti ha commosso con “Napoletana”, un inno alla vita della giovane Salomè, personaggio principale di Scugnizza, una delle più belle operette di Mario Costa. Kanygin ha ammaliato il pubblico cantando “Tu che m’hai preso il cuor” in lingua tedesca, suscitando ovazioni. Un programma lungo ben 24 brani, che hanno tenuto per due ore il pubblico incollato alle sedie e i tanti in piedi, incapaci di abbandonare un concerto affascinante e divertente.

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