Da Salgari alla creazione di un poster collage

Con le conferenze degli italiani Felice Pozzo e Alessandro Grabowski si è conclusa nella chiesa-galleria dei Sacri cuori di Pola la mostra dedicata alla fantascienza del Belpaese

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Da Salgari alla creazione di un poster collage
Grabowski con il poster collage fantascientifico. Foto: FREDY POROPAT

In occasione della chiusura della mostra “La fantascienza italiana: una meravigliosa avventura”, allestita congiuntamente da Consolato Generale d’Italia a Fiume, Comunità degli Italiani di Pola e Museo archeologico istriano, nella chiesa-galleria dei Sacri cuori di Pola, nei giorni scorsi si è svolto il programma aggiuntivo, molto interessante, intitolato “Il weekend della fantascienza italiana”. Allo stesso ha preso parte Felice Pozzo, il maggior conoscitore ed esperto del primo scrittore italiano di romanzi d’avventura Emilio Salgari, che si è soffermato sulla relazione “Ma chi è Salgari?”, nonché il designer grafico Alessandro Grabowski, che ha illustrato il tema “Crea il tuo poster di fantascienza”.

Passione per l’avventura francese
“Non è semplicissimo illustrare la vita di Salgari. La passione di dedicarmi a questo scrittore – così Pozzo –, è nata dalla lettura all’età di 14 anni, in quanto erano molti coloro che lo leggevano tra le righe, certi dicevano che aveva scritto 200 romanzi ed altre particolarità che non mi sono piaciute. Da qui mi è venuta la voglia di sapere tutta la verità su Salgari. Per il quale al giorno d’oggi non si può dire che sia uno scrittore e basta: è un monumento, un classico della letteratura d’avventura italiana, come Jules Verne in Francia, Rudyard Kipling in Inghilterra, ecc. Salgari è un autore di una magia incredibile. Ha terminato solamente cinque classi della scuola elementare, e poi è stato bocciato alla scuola tecnica. Infine a Venezia si è iscritto all’Istituto nautico, dove è riuscito a passare il primo anno, per poi rinunciare agli studi. La questione era quella che non gli interessava di essere capitano, a differenza dello scrivere, che era una sua passione fin dall’infanzia. Aveva un attaccamento affascinante all’avventura francese, ed era anche estimatore di Edgar Allan Poe, che tra l’altro scriveva anche storie di fantascienza e avventura e di tantissimi altri autori che si dedicavano a questo genere. Tutto ciò gli ha fatto scattare qualcosa per scrivere di avventure, fermo restando che non gli piaceva viaggiare. Istruendosi e documentandosi da solo, trascorreva moltissimo tempo nelle biblioteche “assorbendo” e studiando libri, enciclopedie, giornali e vari tipi di letterature sulla storia e sulla geografia. Infine ha surclassato i veri viaggiatori e capitani, perché aveva un fuoco dentro di sé” – ha spiegato Pozzo –.

Una scrittura semplice
“La sua prima grande magia è stata quella di riuscire a portare il mondo intero nelle case degli italiani, dal nord al sud. La seconda è ancora più importante: ha creato il genere avventuroso in Italia, ossia ha significato un’epoca, un nuovo genere, creando tra fine Ottocento e inizio Novecento un esercito di scopiazzatori, che poi sono falliti tutti. Salgari, essendo un autodidatta, non aveva un alto modo selettivo nell’esprimersi, bensì scriveva semplicemente e in modo concitato. Il noto scrittore e critico Claudio Magris ha detto che il suo modo di scrivere è l’avventura nell’avventura. Ovvio, i soliti puristi erano sempre pronti a criticare, però Salgari in pratica ha preso la terminologia esotica o straniera usando parole esattive, e non inventate.
Leggendo i suoi romanzi, i ragazzi e gli adulti si… trasportavano in un altro mondo, per cui Salgari è inimitabile e ha avuto un successo incredibile tra gli uomini, donne, giovani, persone di tutti i ceti sociali, e ciò quando l’analfabetismo in Italia raggiungeva il 70 p.c. Si calcola che abbia scritto 90 libri, tra cui i suoi cavalli di battaglia vi sono ‘Sandokan’, ‘Il corsaro nero’, ‘Le tigri di Mompracem’, ‘La favorita del Mahdi’ e via dicendo. Nonostante il successo, causa gli editori, era ridotto quasi alla povertà, con la moglie Ida che è finita in manicomio e quattro figli. Infine si è suicidato con un rasoio adottando il rito giapponese seppuku, quasi come lo avesse fatto uno dei suoi personaggi”, ha concluso Pozzo.

Un’innovazione d’avanguardia
Alessandro Grabowski si è invece soffermato sulla tecnica del collage, una tecnica pittorica adottata nel XIX secolo da artisti d’avanguardia. Consiste nell’incollare su una base (cartone, tela, tavola) ritagli di carta, di giornale, di fotografie o di altri materiali, in modo solo apparentemente casuale, per produrre degli effetti accostanti con dei particolari. Possono essere polimaterici, monomaterici, tridimensionali. “Con il collage costruiamo una serie d’immagini, cercando l’osservatore – ha spiegato il designer grafico –. Si tratta di una tecnica semplice, che rende possibile trasmettere dei messaggi.
Ossia, dalle assonanze tra le immagini si compone un’immagine. Il collage è la prima innovazione d’avanguardia nata dal cubismo grazie a Pablo Picasso; è uno strappo nei confronti della pittura accademica.
Viene molto usato nelle immagini futuristiche e fantascientifiche”.

Dal futurismo alla pop art
All’inizio per fare i collage veniva usata una miriade di articoli, poi si facevano degli scomposti all’interno del quadro, poi si è giunti al futurismo, al surrealismo, al dadaismo, alla pop art e via dicendo.
In merito a questa mostra, nel corso del laboratorio grazie all’accostamento è stato possibile creare dei collage, ossia una rappresentazione della realtà scientifica poi adottata nella fantascienza. I collage, poi divenuti poster plastificati, comprendevano elementi vari, come universi, pianeti, l’Anfiteatro polese, astronavi o mezzi di trasporto spaziali, personaggi inventati e via dicendo, creando infine con la propria fantasia delle opere uniche e personali”, ha concluso Grabowski.

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