CI di Buie. «La memoria non può essere politicizzata»

Nel sodalizio di Buie presentato il documentario curato dall’Associazione delle Comunità istriane

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CI di Buie. «La memoria non può essere politicizzata»
Lena Korenika, Giorgio Tessarolo e Marco Tessarolo. Foto: NICOLE MIŠON

La grande storia che troviamo nei libri e studiamo tra i banchi di scuola è in realtà la somma di un’infinità di piccole vicissitudini che si intrecciano, incontrano e fondono assieme per delineare l’identità di un territorio e di un popolo. Da questa consapevolezza è nata l’idea del documentario “Volti della memoria” a cura dell’Associazione delle Comunità istriane, il quale è stato presentato presso la Comunità degli Italiani di Buie. Il lavoro, in precedenza, è stato proiettato anche alla Camera dei Deputati a Roma, ricevendo un ulteriore sussidio finanziario per la sua distribuzione su diverse piattaforme, con l’aggiunta di sottotitoli in inglese e per non udenti per raggiungere le Comunità degli istriani dislocate nel mondo.

Prima della visione del docufilm, la presidente del sodalizio locale, Lena Korenika, ha dato il benvenuto alle tante persone accorse per l’occasione, in modo particolare a Corrado Dussich, vicesindaco di Buie in quota CNI, al cavaliere dottor, Giorgio Tessarolo e al figlio Marco Tessarolo, i quali hanno presentato il filmato. I due hanno illustrato com’è stato realizzato il lungometraggio e un ricordo è inevitabilmente andato anche a Emanuele Braico, grazie al quale è nata l’idea di questo progetto e a cui è stato dedicato “I volti della memoria”. Assenti a causa di altri impegni sovrapposti hanno comunque voluto mandare i loro saluti: il presidente dell’UI, Maurizio Tremul, il presidente della Giunta Esecutiva dell’UI, Marin Corva, la vicepresidente della Regione istriana in quota CNI, Jessica Acquavita, la regista Isabel Russinova, il sindaco della Città di Buie, Fabrizio Vižintin e Tanja Šuflaj dell’Upa locale.
“Emanuele, il precedente presidente dell’Associazione, purtroppo morto giovane, ha avuto l’intuizione che bisognava sentire le storie del grandi vecchi esuli, per testimoniare questa vicenda ancora sconosciuta e non esporla allo sfruttamento strumentale della politica – ha precisato Giorgio Tessarolo –. Questi sono drammi raccontati delle singole persone e non possono essere confutati o utilizzati per scopi di parte. È stata un’idea giusta, forse è arrivata un po’ tardi, ma siamo riusciti a realizzare il filmato contattando Isabel Russinova (regista e direttrice artistica nda), che ha curato la parte organizzativa”.

Tra esuli e rimasti
Il documentario è suddiviso in quattro parti: ognuna equivale al ricordo di un anziano il quale ripercorre la sua esperienza dell’esodo. “Tra le varie testimonianze ne abbiamo voluta inserire almeno una che parlasse anche di chi ha continuato a vivere in Istria, per far conoscere anche questa realtà – ha precisato Giorgio Tessarolo –. Le persone intervistate fanno tutte parte dell’Associazione delle Comunità istriane, mentre il signor Vigilio era un amico di mio padre, anche lui originario di Buie”.
Alvise Bonmarco di Cherso, Erminia Dionis Bernobi di Santa Domenica di Visinada, Piero Devescovi di Rovigno e Vigilio Dussich di Buie assieme alle loro storie crude e toccanti sono i protagonisti del lungometraggio. Nel video il focus è posto sulle persone e sulle loro parole, circondate da uno sfondo scuro; occhi, gesti, espressioni di fierezza sono parte essenziale della narrazione. “La scelta stilistica e tecnica è stata condivisa con Isabel Russinova. Si è pensato di creare una scena luce che fosse in linea con una storia di alto spessore, anche drammatico, per dare importanza al soggetto e fare esaltare soprattutto il viso e gli occhi – ha spiegato Marco Tessarolo, direttore della fotografia –. Abbiamo scelto di fare le riprese in questo spazio che è un ‘non luogo’, perché ‘I volti della memoria’ riguarda tantissime persone e questi sono solo quattro esempi di tutti gli istriani che hanno dovuto abbandonare la loro terra in tantissimi modi diversi, ma sempre con la stessa tristezza nel profondo. Nel mio piccolo ho cercato di fare in modo che la luce fosse molto enfatica e pittorica”.
I volti e le espressioni dei personaggi si alternano alle loro fotografie, ricordi in bianco e nero custoditi con amore, come testimoni di un passato che ha segnato la loro esistenza.

Un segreto pericoloso
Alvise Bonmarco racconta le vicissitudini che lo hanno portato ad allontanarsi dalla sua Cherso, non senza dolore e grandi sofferenze, per poi imbarcarsi. Il fato volle che fosse assegnato al “Lino” un piccolo veliero di Muggia, requisito per permettere l’esodo di Pola. “Il ‘Lino’ stava a prua dei grandi piroscafi, come il ‘Toscana’, che portavano le persone a Trieste o Venezia, mentre noi caricavamo le masserizie che gli esuli si trascinavano dietro – ricorda il marinaio –. Erano scene impressionanti, la gente assaliva impazzita i piroscafi per paura di non riuscire a partire”.
La signora Erminia invece è stata costretta a lasciare Santa Domenica di Visinada perché a conoscenza di un segreto che, se trapelato, le sarebbe costato la vita. Andare a scuola all’epoca per le ragazze significava attraversare campi e boschi con la paura di essere assalite da partigiani che sarebbero potuti sbucare dal nulla da un momento all’altro. Perciò la giovane Erminia decise di andare a imparare il mestiere nella sartoria locale. “Un giorno me ne stavo nella bottega del sarto, dietro a una tenda a cucire delle spalline, quando è entrato un soldato che aveva assistito alla violenza della povera Norma Cossetto e ne parlava tranquillamente – ripercorre emozionata quegli attimi Erminia Dionis Bernobi –. A un certo punto non ho più resistito, ho aperto la tenda, gli ho sputato e urlato ‘vigliacco’! Mi sono resa conto subito che non dovevo fare quel gesto”. Da quel momento per la giovane, la fuga rappresentò l’unica salvezza possibile.
A Rovigno in quegli anni la situazione non era molto più rosea; il signor Piero Devescovi, è stato testimone del sequestro del padre: caricato su un camion e mai più rivisto. Gli anni degli studi rappresentano per molti giovani l’avvicinamento alla politica e agli ideali, ma in un periodo delicato come quello vissuto dall’Istria nel secondo dopoguerra, fare volantinaggio poteva essere molto pericoloso. “Quando mia mamma è stata messa sull’avviso che commentavo un po’ troppo le cose ha pensato bene di mandarmi via e allora sono venuto a Trieste – spiega Devescovi –. I miei sono andati via da Rovigno uno o due anni dopo, per fermarsi prima a Bari e poi a Firenze. Sono stati per anni lì, in un campo profughi, mentre io ero sempre a Trieste, dove frequentavo la scuola”. Nonostante tutte le difficoltà il rovignese si ritiene fortunato perché grazie all’avviso che aveva ricevuto, sua mamma è riuscita a metterlo in salvo.

La nuova lingua
L’ultima storia è quella del signor Vigilio di Buie; cittadina in cui ha vissuto fino alla sua scomparsa qualche anno fa. I buiesi erano abituati a vederlo appoggiato sul muretto nei pressi delle “Porte” con un sorriso e un saluto gentile per tutti, pronto a commentare il tempo e le ultime novità. Gli anni dell’esodo, nonostante non abbia lasciato la sua terra, sono stati dolorosi anche per lui. “Stavo sempre a casa, avevo paura di uscire perché ad un tratto si incontravano amici che non erano più tali, anche se nati a Buie – racconta il signor Dussich –. Me ne stavo da solo a casa o in campagna ad aiutare mio padre, anche perché non capivo la nuova lingua. Pensavamo che queste idee sarebbero durate qualche giorno e poi tutto sarebbe tornato come prima, invece non è stato così. Mi piace Buie perché sono nato qui ed è un bel paese, ma non è più la cittadina della mia gioventù”. La Comunità degli Italiani ha rappresentato e continua a rappresentare un luogo di ritrovo per le persone come Vigilio, che per anni ha cantato nel coro del sodalizio e anche in quello della Chiesa e dove ha anche condiviso passioni e passatempi.
Un documentario forte ma necessario, per mantenere viva la memoria, per ricordare ma anche per creare dei legami sempre più saldi nel segno del rispetto tra italiani di due terre, divisi da una linea immaginaria chiamata confine.

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