Prosegue la collaborazione tra il Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume e il Teatro Nazionale Sloveno di Maribor: questa volta, il pubblico fiumano ha avuto l’occasione di vedere il balletto “Carmina Burana”, con coreografie di Edward Clug e musiche dell’omonima cantata scenica di Carl Orff, una delle più celebri composizioni di musica classica del Novecento.
La maestosità della partitura
Il capolavoro del compositore tedesco indubbiamente rientra tra quelle composizioni amate da un pubblico ampio, apprezzate tanto da esperti del settore quanto da spettatori che per la prima volta si avvicinano alla musica classica e corale. È così che si spiega la grande affluenza del pubblico allo “Zajc”, composto da persone di tutte le generazioni desiderose di vedere in scena il “Carmina Burana” fatto danza. Tuttavia, è innegabile che il successo della serata – prova ne è il lungo applauso finale – è attribuibile in larga misura, se non addirittura esclusivamente, alla maestosità di una partitura musicale che, anche solamente trasmessa da amplificatori e non eseguita dal vivo, riesce a coinvolgere e produrre emozioni fortissime nell’ascoltatore. In questo senso, le danze ideate dal coreografo rumeno non arrivano neanche a sfiorare l’intensità e l’energia trasmessa dalla cantata di Orff. Durante tutta la durata dello spettacolo, e specialmente nella prima parte, le coreografie sembrano arrancare cercando di raggiungere la musica. Ruotando intorno a movimenti ripetitivi, che a momenti sprofondano nella banalità, il progetto coreografico di Clug non riesce a stabilire un legame emotivo con lo spettatore, né a stimolarne l’attenzione e l’interesse, finendo per appiattire la profondità della suspense che la cantata decisamente emana.
Mancanza di coordinazione
Il vigore del “Carmina Burana” di Carl Orff supera di gran lunga l’energia dei danzatori, la maggior parte dei quali offre una performance con pochissima espressività e troppi automatismi. L’effetto che i movimenti d’insieme sembrano voler provocare viene soffocato dalla mancanza di coordinazione e sintonia del corpo di ballo, la cui esibizione si presenta, di conseguenza, come una moltitudine di esibizioni individuali e accostate. È proprio questa assenza di armonia tra i danzatori che mette in risalto le lacune della coreografia. I costumi firmati da Leo Kulaš, dall’altro lato, non contribuiscono a esaltare i movimenti dei ballerini, accordandosi piuttosto alla spoglia scenografia – e alla generale penuria dell’intera produzione. L’aspetto più efficace dello spettacolo – oltre all’insuperata cantata di Orff –, purtroppo, è dato dall’unico elemento scenografico presente in scena, un’enorme circonferenza i cui spostamenti provocano delle interessanti modifiche nella percezione visiva dello spazio da parte dello spettatore. Nonostante le evidenti lacune, lo spettacolo è stato accolto con entusiasmo dal pubblico.
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.