Arsia: simbolo europeo di tutti i martiri del lavoro

Nell’84º anniversario della sciagura mineraria, è stato ricordato a Trieste il sacrificio dei 185 minatori periti in una delle più grandi tragedie di queste aree

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Arsia: simbolo europeo di tutti i martiri del lavoro
Tullio Vorano, Rosanna Turcinovich Giuricin e Isabella Flego. Foto: ROSSANA POLETTI

“La sirena insistente riempiva tutte le case, mia sorella mi trascinava lungo il viale dei platani, mi strattonava, mi costringeva a correre. Tutti correvano, le donne erano spettinate, vestite alla bene e meglio, era l’alba. Al ponte ci accolsero grida, pianti e la sirena assieme ad altre sirene, quelle delle autoambulanze. Io ero sempre stretta alla mano di mia sorella piangente, ero molto piccola. Piangevano tutti, le donne, i bambini, i vecchi. Si attendevano le notizie, le anziane dei figli, le giovani dei mariti, io cercavo la mamma – così ha ricordato Isabella Flego, scrittrice e poetessa, quella mattina quando alle quattro e trenta circa, ci fu lo scoppio nella miniera d’Arsia –. Ricordo i minatori, mio padre che, pur avendo perso molti amici, è rimasto rispettoso verso la miniera, perché l’amava. I minatori non parlano mai della miniera, non abbiamo saputo molto dalla sua voce. Quando suonava la sirena di fine turno, mia madre diceva “grazie a Dio è quella buona, anche oggi siamo salvi”. Ricordo mia zia, che aveva perso il marito nello scoppio, sempre vestita di nero, con le lacrime perennemente pronte a sgorgare. Un dolore grande, incolmabile. Com’è duro curare le ferite”.

In una sala gremita a Trieste si è tenuto il ricordo, in forma di incontro-tavola rotonda organizzata dal Circolo Istria, della sciagura mineraria dell’Arsia nell’84.esimo anniversario. “Abbiamo voluto collocare questo momento all’interno delle manifestazioni del Giorno del Ricordo – ha affermato Rosanna Turcinovich Giuricin, in apertura dell’incontro – perché la zona estesa dell’Arsia fu colpita due volte: da questo tragico evento dimenticato e successivamente dopo l’8 settembre del ‘43 dall’arrivo dei partigiani di Tito e qui ci furono le prime foibe”.

Doveroso commemorare le vittime
Molti i messaggi di vicinanza, tra questi quello della sindaca di Arsia, Gloria Palisca. Tra i tanti relatori è stato unanime il ricordare l’episodio strano, avvenuto quando Arsia era italiana, che l’Italia non considera tragedia della propria storia, allora ed oggi. Oggi terra di Croazia, paese che non la tiene in considerazione perché successa sotto l’Italia. “Si tratta di commemorare assieme le vittime, affinché questo tragico avvenimento sia di monito a ciò che succede ogni giorno, il morire di lavoro”. In questo senso anche l’intervento di Michele Berti, sindacalista del dipartimento internazionale UIL, che ha ricordato come “non possiamo dirci di far parte di un paese civile fintanto che andiamo avanti con questi numeri di morti sul lavoro; non è un problema di norme bensì di cultura. Dare alla memoria il giusto ruolo può essere lo strumento per risolvere questo problema, anche andando nelle scuole a parlare con i giovani”.

Inclusa anche la CI di Albona
Come ha ricordato Ezio Giuricin, presidente del Circolo Istria, il 28 febbraio 1940 morirono 185 minatori ad Arsia, tutti italiani, istriani e provenienti da altre zone d’Italia, molti di più di quanti perirono a Marcinelle. “Il Circolo Istria è impegnato da una decina d’anni a ricordare questa sciagura assieme alla Comunità degli Italiani di Albona. Vorremmo – ha affermato – che Arsia diventasse il simbolo europeo di tutti i martiri del lavoro”. “Era una tragedia annunciata – ha ricordato Livio Dorigo, presidente onorario del Circolo, ma anche tra i primi promotori di questa serie di iniziative – non c’erano neanche i tubi di gomma che portassero l’acqua all’interno delle gallerie per placare la polvere tossica del carbone. E poi c’è l’eroica storia di Arrigo Grassi che, salvatosi, tornò per sei volte nelle viscere a tirar fuori uno alla volta i suoi collaboratori, dalla settima discesa non tornò più. Ha ricevuto la medaglia d’oro al valore civile”. E l’IRCI, come ha ricordato Franco Degrassi, presidente di quel sodalizio, gli ha intitolato una sala. Molte sono le pubblicazioni sulla tragedia di Arsia, raccontate da Rinaldo Racovaz: “Arsia 28 febbraio 1940”, “Carlotta. La miniera di Arsia” e “Arsia un’opera d’arte d’edilizia moderna”.

Un evento che fu dimenticato
“Arsia fu costruita per le esigenze della miniera in modo molto moderno, grazie al lavoro dell’architetto Gustavo Pulitzer Finali – ha raccontato –. L’Italia era in autarchia e le miniere venivano sfruttate al massimo, anche se il prodotto non era molto buono, infatti furono poi abbandonate, troppo zolfo causava le piogge acide. Se nel 1935 venivano estratte 370mila tonnellate di carbone, nel 1942 le tonnellate furono quattro volte tante. Il reclutamento avveniva col passaparola, non c’era nessuna formazione, i ritmi di lavoro aumentavano continuamente, le norme sempre trasgredite e i controlli limitati. L’esplosione fu innestata dal gas e dalla polvere di carbone nell’aria, la fiammata si irradiò per chilometri nelle gallerie, provocando intossicazioni, ustioni, lesioni per i crolli. Persero la vita 138 istriani, gli altri da altre zone d’Italia, i feriti furono 145, 92 le vedove con 242 orfani. Sull’evento calò l’oblio da parte della proprietà e del governo fascista; poi alla fine della guerra fu definitivamente dimenticato”.
Sono intervenuti all’incontro Tullio Vorano della Comunità degli Italiana di Albona, ricordando l’elenco delle varie iniziative cominciate a partire dal 2007. Da Formia Michele Maddalena ha raccontato il percorso della campana “Alma Mater Dolorosa”, oggi custodita ad Arsia.
Interessante il parallelismo tracciato da Lodovico Rustico dell’Associazione storica e ambientale “Ad undecimum”, tra Arsia e Torviscosa. “Realtà molto simili – ha detto – vedendole con l’occhio della passione per l’architettura, ma anche perché il carbone estratto ad Arsia veniva utilizzato nella centrale elettrica di Torviscosa per il ciclo produttivo”. Bruna Zuccolin dell’ERAPLE ha riferito in conclusione dell’esperienza dei lavoratori di Marcinelle.

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