Saldi di stagione, ma non per tutti

Gennaio è il mese delle compere a prezzi più bassi. I negozi del centro città che non si sono arresi alla turistificazione del nucleo storico praticano ribassi che in alcuni casi vanno fino al 60 per cento. Ma ci sono anche esercizi che mantengono i prezzi standard grazie a una cerchia di clienti fissi

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Saldi di stagione, ma non per tutti
Saldi fine stagione nelle vie del nucleo storico. Foto: DARIA DEGHENGHI

De saldibus non est disputandum. Come de gustibus, del resto. Siamo in gennaio inoltrato e quindi in pieno corso dei saldi di fine stagione che teoricamente sono disciplinati dalla legge, ma nella pratica sono oggetto di interpretazione, opinione e discussione. Sfidiamo il freddo di gennaio approfittando del sole di mezzodì, che attutisce discretamente l’impatto termico svantaggioso per i freddolosi, e andiamo a sondare l’offerta e i vantaggi, ma anche le trappole dei saldi su larga scala. Per pochi che siano rimasti in centrocittà, ci sono negozi di abbigliamento, pelletteria, calzature, biancheria intima e accessori che resistono contro la tendenza generale dello svuotamento per turistificazione del nucleo storico.

Il «made in Italy»
Un negozio di moda italiana che effettivamente resiste grazie al fatto che vende solo “made in Italy”, raro come le mosche bianche, ignora la pratica dei saldi di fine stagione perché non segue la logica delle collezioni di stagione che “non esistono più”. Chi vende ci spiega che la merce entra ed esce, va e viene a intervalli non stagionali ma mensili e settimanali, e poi i prezzi sono quelli che sono, non gonfiati e poi sgonfiati per dare al cliente l’illusione del vantaggio imperdibile. Il made in Italy in questo caso ha mantenuto la sua cerchia di clienti, per piccola che sia, e si parla di donne che comprano poco ma bene, con sacrificio occasionale per una soddisfazione destinata a durare più a lungo dell’effimero entusiasmo scatenato dalla moda veloce dei marchi spagnoli e produzione asiatica. In questo caso i prezzi vanno dai 100 euro per pantaloni e maglioni di lana e cashmere fino a 200 euro per giacche, giubbotti e cappotti senza alcun beneficio della riduzione tranne quello dello sconto alla cassa per le ultime taglie e gli ultimi numeri. Ma la percentuale non è definita, e forse bisogna saperla trattare. Comunque, a giudicare dalla presenza di acquirenti di lunga data, piuttosto fedeli, si direbbe che l’alleanza tra commerciante e cliente sia ben salda e che la politica dei prezzi funzioni.
Funziona anche la politica inversa della moda croata di qualità medio-alta che gioca sul saldo permanente o quasi. La qualità dei capi, delle stoffe e dei tagli è sempre elevata e verte intorno al classico e al business, con prezzi inizialmente piuttosto elevati mai poi in realtà quasi sempre scontanti almeno del 30 p.c. Attualmente tutte le collezioni autunno-inverno 2023/24 dal basic all’elegant sono scontate del 50 p.c. per ogni acquisto superiore ai 100 euro, con punte del 60 p. c. sugli ultimi numeri e i modelli in via di esaurimento. I saldi minori del 30 o del 40 p.c. sono riservati in pratica solo ai modelli rilasciati dopo Natale. In linea di massima vale la regola dei saldo maggiore per il prezzo iniziale maggiore e l’inverso, per cui i cappotti di pura lana vergine o misto con elevato contenuto di lana, anche mohair, alpaca e cashmere, che prima costavano 430, 330 o 360 euro, ora vengono 215, 165 e 180 euro, senza citare gli altri prezzi che si aggirano intorno a queste stesse medie. Tailleur, giacche, abiti, gonne e pantaloni scendono di prezzo da 209 a 194, da 119 a 47, da 179 a 71 euro, sempre a patto di spendere più di cento euro, ma nel caso di questa fascia di qualità è difficile trovare dei capi che costino meno.

Calzature e gioielli
Negozi di abbigliamento di fascia medio-bassa o bassa praticano saldi meno incisivi che vanno dal 30 al 40 p.c. ma siccome i prezzi iniziali sono vantaggiosi in partenza, si va sul sicuro. Inoltre con un po’ di pazienza e qualche tentativo di perlustrazione anticipato rispetto all’acquisto, c’è la possibilità di fare dei buoni acquisti a prezzi realmente vantaggiosi. Per esempio, i piumini da donna con cappuccio prima venduti a 60 euro ora sono offerti a 42 euro, quelli da 70 a 49, i pantaloni in jeans da 30 ora vengono 20 euro e via elencando. D’accordo, non sono jeans di ultimo grido, ma hanno i loro clienti e ne avranno sempre, specie col potere d’acquisto che si consuma ogni giorno daccapo per l’inflazione. Un marchio italiano della vecchia scuola, noto per la vasta gamma di colori e la maglieria di lana di buona qualità, invita i clienti a godersi i “saldi fino al 50 per cento” ma poi all’interno del negozio non concede altro che il 30 p.c. di sconto su tutto. Certamente non è più quel prodotto italiano di quarant’anni fa, con data di scadenza “mai” e qualità garantita “per sempre”, tuttavia si tratta di capi che non temono la concorrenza della moda ultra-veloce perché non hanno scambiato ancora la lana per l’acrilico (anche se la produzione non è più italiana ma tunisina). Pazienza. A ogni modo, in questo caso c’è ancora la possibilità di acquistare i classici cardigan, dolcevita e girocollo in pura lana italiana in tutte le tinte dell’arcobaleno non a 73 bensì a 51 euro e i piumini alla moda a 167 piuttosto che a 238. Saldi del 30 p.c. sono garantiti in pratica per tutte le calzature in circolazione, mentre le gioiellerie per liberarsi delle vecchie collezioni concedono sconti del 50 p. c. sull’argento e 30 sull’oro, fedi nuziali e basics esclusi.

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