Quando sedia a rotelle e malattia diventano compagne di viaggio

Intervista alla concittadina Melisa Osmanović che soffre di distrofia muscolare distale. Da poco ha pubblicato un libro nel quale descrive la propria esperienza

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Quando sedia a rotelle e malattia diventano compagne di viaggio
Melisa Osmanović con il libro in mano. Foto: Fredy Poropat

Le distrofie muscolari sono malattie ereditarie causate da difetti in diversi geni, che determinano la perdita di funzione, riduzione o assenza di proteine necessarie per il corretto funzionamento delle fibre muscolari. Si tratta nel concreto di un gruppo di gravi malattie neuromuscolari (piuttosto rare) a carattere degenerativo, determinate geneticamente e che causano atrofia progressiva della muscolatura scheletrica. Le forme più diffuse e più gravi sono la distrofia muscolare di Duchenne e quella di Becker. A illustrarci per filo e per segno le caratteristiche di questo morbo, ai più poco conosciute, è stata la 31.enne polese Melisa Osmanović, affetta da Distrofia muscolare distale e nota al pubblico in primo luogo per i successi ottenuti nello sport, ossia nelle bocce per persone portatrici di handicap. Il suo primo libro autobiografico, presentato alcuni giorni fa nella Biblioteca civica e Sala di lettura di Pola, dal titolo molto originale “Tlo pod nogama (Il suolo sotto le gambe)”, è di carattere educativo e istruttivo ed è dedicato in primo luogo ai genitori dei figli affetti da qualche forma di distrofia muscolare. Un volume per le sue caratteristiche unico in Croazia, che conta oltre 25 capitoli ed è ricco di consigli, fotografie dell’infanzia, illustrazioni…

Non è semplice esporre un tema così difficile, che tra l’altro si basa sulla privacy e sulle esperienze personali vissute. Questo libro infine si propone di essere un “manuale” per i genitori che accudiscono figli ammalati da distrofia muscolare, una malattia molto grave che è degenerativa e che può portare a diversi traumi.

Da quando ha saputo di essere affetta da questo morbo?
All’età di tre anni, quando ho iniziato a camminare, i miei genitori si sono accorti che lo facevo malamente, mi alzavo con difficoltà e facevo passi insicuri. Ce n’è voluto di tempo per avere la diagnosi: dopo avere fatto tutte le analisi i medici infine hanno scoperto che i miei muscoli funzionavano male. Il mio tipo di distrofia muscolare è distale, una patologia ad andamento lentamente progressivo, con coinvolgimento della muscolatura distale degli arti, ovvero dei muscoli delle mani, avambracci e gambe. Partendo dal fatto che si tratta di una malattia genetica, abbiamo fatto delle ricerche e constatato che da quattro generazioni nessun familiare ne era affetto. Forse qualcuno era stato colpito in qualche forma minore, tanto da non accorgersi di essere ammalato. Sono riuscita a camminare da sola sino ai 12 anni, grazie anche a un intervento chirurgico effettuato a Fiume, dove mi avevano ‘allungato’ il tendine alla gamba destra. Da allora posso muovermi solamente in sedia a rotelle. Da qui il titolo del libro, che mi sembrava il più azzeccato tra quelli che avevo preso in considerazione, perché ad ogni modo, seppure da piccola, ho ‘assaporato’ il suolo con i propri piedi. Va detto che questa malattia può presentarsi anche sino ai 30-40 anni, però in forma minore e leggera.

Ovviamente le persone affette necessitano di un’intensa terapia di riabilitazione, perché non esistono dei medicinali per curare la distrofia muscolare?
Assolutamente, ed è l’unico modo per non degenerare ulteriormente. Comunque non soffro di dolori. Solitamente svolgo la terapia fisica con i fisioterapisti dell’Istituto d’assistenza medica “Zlatne ruke”, però mi reco pure da altri specialisti privati. Inoltre, una volta all’anno svolgo la riabilitazione, che dura tre settimane, alle terme di Varaždin oppure all’Ospedale di ortopedia e riabilitazione “Dott. Martin Horvat” a Rovigno. È molto importante nuotare in piscina, in mare, fare massaggi e andare a cavallo. Nel mio caso nel ranch “Barba Tone” a Manjadvorci, che frequento 2-3 volte al mese. Inoltre, voglio assolutamente lodare il lavoro svolto dall’assistente personale Ivana Maružin, che è a mia disposizione per tutte le mie necessità.

Lo shock dei suoi genitori presumiamo sia stato grande?
A prenderla malissimo è stata mamma Nafija. Come sottolineo pure nel libro, i genitori all’inizio attraversano diverse fasi, precisamente sentono tristezza, disperazione, preoccupazione, però infine riescono ad accettare la realtà e a conviverci.

Come le è venuta l’idea di scrivere questo libro, molto sentito e sincero?
Mi ci sono voluti 2-3 anni per scriverlo. Ho deciso di illustrare la vita di una persona costretta a muoversi in sedia rotelle e le molte difficoltà che incontra. Mi riferisco in primo luogo agli ostacoli per accedere ai singoli istituti oppure in altri edifici sprovvisti di ascensori o rampe per disabili. Negli ultimi cinque anni la situazione da questo punto di vista è migliorata, però ci sono ancora delle barriere architettoniche per raggiungere ad esempio l’Ufficio imposte, il Centro d’assistenza sociale, la farmacia centrale ai Giardini. Del resto molti altri edifici sono accessibili: diverse banche, il cinema, il teatro…

Dopo aver frequentato la Scuola elementare “Tone Peruško” ha ultimato la Scuola media di Economia. Ora è impiegata nell’Associazione dei distrofici della Regione istriana, dove ricopre pure l’incarico di vicepresidente…
Attualmente mi occupo della coordinazione dei progetti. E ce ne sono molti: laboratori di pittura, culinari, psicosociali, per tutti i soci dell’Associazione, che conta all’incirca 130 membri. Per di più, giornalmente viene stilato il programma di lavoro degli assistenti personali e all’occorrenza quello delle necessità dei soci ammalati.

Lei è nota in città per i lusinghieri risultati ottenuti nel gioco delle bocce per persone disabili. Ci parli un po’ di questa sua attività sportiva, che nell’ultimo periodo ha un po’ trascurato, presumiamo a causa anche all’impegno per scrivere il libro
Mi sono iscritta al club “Istrijana” della nostra Associazione nel 2012 e ben presto sono arrivati i risultati, tanto che ho ottenuto 5 titoli nazionali, il primo nel 2014, uno nel singolo e quattro in coppia con Davor Komar. Per 6 anni consecutivi sono stata eletta migliore bocciofila disabile in Croazia grazie ai tornei ‘misti’, che si sono svolti a Zagabria, Fiume, Pola… Per di più, per tre anni di seguito – dal 2017 al 2019 –, ho ricevuto il premio quale migliore sportiva portatrice di handicap di Pola. Rientro nella categoria BC4, ovvero quella composta da persone con lesioni più gravi, della quale fanno parte pure i malati di tetraplegia, di sclerosi multipla… Assieme a Komar ho partecipato a quattro Campionati europei e a un Mondiale, a vari tornei internazionali e via dicendo. I miei migliori risultati mi sono valsi la medaglia d’oro in coppia nel 2018 al Regional Open, in pratica la Coppa europea disputatosi a Poznan in Polonia, nonché il quinto posto nella Coppa del mondo a Kansas City negli Stati uniti.

Ci può illustrate una sua giornata tipo?
Nell’alzarmi e nel vestirmi necessito dell’aiuto dell’assistente, quindi dopo avere fatto colazione mi reco al lavoro. Ci sono poi gli allenamenti quotidiani, se occorre vado a fare lo shopping, mi trovo con gli amici, d’estate vado al mare. Accanto al tempo speso per altre faccende posso dedicarmi alle attività preferite: amo guidare l’automobile che ovviamente è adattata alle necessità dei disabili e posso fare anche dei viaggi lunghi, sino a Zagabria per esempio per partecipare alle competizioni. Poi mi piace cucinare e divertirmi con i due nipotini di mia sorella Dijana. Senza dimenticare il sostegno del padre Esad e del fratello Elvis.

Progetti per il futuro?
Continuare per la propria strada, ovvero lavorare, stare in buona compagnia, forse mettere su famiglia….

Considerata la sua disabilità, la vedo molto serena con tanta voglia di vivere. Sono rimasto molto colpito dalla sua frase usata nel libro: ‘La malattia e la sedia a rotelle sono solamente delle compagne di viaggio nella mia vita e niente più!’
È ciò che penso veramente: non posso definirle delle amiche, però sono riuscite a far sì che mi renda conto della mia realtà. Fermo restando che le accetto a modo mio.

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