Pola. La casa prima di tutto

Il concetto verte su un appoggio incondizionato: prima viene l’alloggio e poi tutto il resto, ai ritmi e alle possibilità che l’utente è capace di sostenere. Si entra in casa a due a due e si è seguiti da un assistente sociale

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Pola. La casa prima di tutto
In via Trieste più ore di lavoro e più pasti di prima. Foto: DARIA DEGHENGHI

Si chiama Housing First (HF) ed è una forma d’appoggio praticamente incondizionato ai senzatetto che in Europa sta riscontrando successi mai visti prima nella lotta all’emarginazione sociale. Con i primi due senzatetto alloggiati in un appartamento preso in affitto all’uopo dai servizi sociali, Pola è di fatto la prima città in Croazia ad avere lanciato il modello e in questo si è lasciata guidare da Lisbona, pioniera del campo. Il lancio del progetto è stato accompagnato da una conferenza stampa del sindaco Zoričić, dell’assessore alle Politiche sociali Ivana Sokolov, da Helena Babić della Croce rossa che dirige il rifugio di via Altura e da Varja Bastjančić dell’associazione Institut che ha fondato e amministra il dormitorio di via Trieste. In realtà, l’Assessorato, la Croce rossa e l’associazione ci hanno lavorato gomito a gomito per due anni suonati a partire dal momento in cui ha chiuso ed è stato sgomberato l’ostello del cantiere navale finito in liquidazione. A quel punto le autorità si sono rese conto di avere un problema scottante da risolvere e che le soluzioni palliative di una volta non avrebbero più retto il passo con i tempi.

Dormitorio e Rifugio: i limiti
Sokolov, Babić e Bastjančić hanno spiegato in che cosa consiste il modello HF. Si dà il caso che l’attuale dormitorio, ma anche il Rifugio di via Altura sono strutture utili. Vanno però o potenziate o rivoluzionate. Che il dormitorio sia assolutamente necessario lo dimostra il fatto che in un anno ha già offerto alloggio saltuario o quasi permanente a 74 persone (il 60 per cento polesi, il 35 per cento provenienti dai comuni limitrofi e il restante per cento cittadini stranieri in transito). Tuttavia il suo orario di lavoro esclusivamente notturno (dalle 19 alle 7) è fortemente limitativo, specie in situazioni di freddo rigido inverno e caldo insostenibile in estate. Per questo la struttura ha chiesto e ottenuto un supporto di 30.000 euro dal Ministero del Lavoro, Previdenza, Famiglia e Politiche sociali, che permetterà di assumere un assistente sociale, di lavorare anche al pomeriggio (dalle 14 in poi) e di servire un pasto in più per i prossimi tre anni. Nemmeno la soluzione del rifugio di via Altura si è dimostrata una soluzione duratura ed efficientissima, benché abbia sottratto alla strada e quindi salvato diverse persone. Come ha spiegato ancora una volta Helena Babić, il Rifugio della Croce rossa è per definizione una fermata provvisoria, che si limita ad accogliere persone senza dimora dai 6 ai 12 mesi a patto che rinuncino a qualsiasi vizio e dipendenza. Insomma, chiunque voglia entrare nel Rifugio dovrebbe avere le idee molto chiare, dovrebbe avere già abbandonato alcol, droga e vagabondaggio, e già per questo dovrebbe avere un carattere di ferro, cosa che dai senzatetto, generalmente traumatizzati, è molto difficile aspettarsi. “La certezza di dover abbandonare il rifugio nell’arco dei prossimi sei mesi o un anno è ostacolo anche per chi non abbia mai dovuto lottare con la privazione estrema e figurarsi per chi nella vita ha già subito tanti brutti colpi”.

L’esempio di Lisbona
Housing first è la soluzione duratura adottata in Europa che sta funzionando. Il concetto verte su un appoggio incondizionato: prima viene l’alloggio e poi tutto il resto, ai ritmi e alle possibilità che l’utente è capace di sostenere. Si entra in casa a due a due, e si è seguiti da un assistente sociale o “case manager” che insegna a condurre un’esistenza in condizioni di vita dignitose, per cui la persona sarà sollecitata a occuparsi per prima cosa dell’igiene personale e di quello dell’alloggio, e poi si passerà all’interazione sociale propriamente detta, ai primi tentativi di integrazione, occupazione ecc. Il sistema è esattamente invertito rispetto alle vecchie strutture, che per lasciarti entrare ti chiedono di rinunciare anticipatamente all’alcol, agli stupefacenti, all’aspetto da barbone…
Ora la strategia è invertita: prima viene la casa e la certezza che nessuno ti butta fuori al primo campanello d’allarme. Inizialmente c’è stato dello scetticismo, ma Lisbona ha mostrato che nel 90 per cento dei casi si raggiunge la completa integrazione, contro solo un 10 p.c. di fallimenti. In ogni caso la parola d’ordine è “non cercare di cambiare nessuno”, ma guidare, usare gentilezza, trattare con rispetto, lasciare che il meglio della persona emerga un poco alla volta, senza imposizioni dall’altro e la presunzione di sapere tutto. In questo caso verranno fuori per prima cosa lo stupore, poi la gratitudine e quindi la voglia di cambiare. Per questo primo tentativo del modello assistenziale HF, i partner hanno avuto 37.000 euro per i prossimi tre anni dal Ministero del Lavoro, Previdenza, Famiglia e Politiche sociali, che basteranno per pagare l’affitto, le spese di casa e l’assistente personale per i due inquilini che hanno accettato di saggiare il modello assistenziale, ma anche per istituire una pattuglia per individuare nuovi covi di senzatetto e nuove persone finite in disgrazia. Il loro successo sarà sicuramente d’incoraggiamento a proseguire, ma per un eventuale insuccesso parziale o provvisorio non sarà sicuramente il caso di desistere. Fatto sta che nei prossimi tre anni i promotori dovranno cercare di dare un fondamento più solido al progetto, tale che non dipenda dagli umori volubili dei bandi e degli appalti della Repubblica ma che s’affidi piuttosto a strutture permanenti, da realizzare con un supporto di donatori corporate e istituzionali.

Pola vuole insegnare la strada
Il sindaco Filip Zoričić si detto molto soddisfatto della sinergia instaurata tra l’assessorato alle Politiche sociali della Città di Pola, la Croce rossa e l’associazione Institut, dal momento che nessuno può fare a meno dell’altro quando si tratta di lottare contro l’incertezza abitativa, l’emarginazione sociale, la privazione estrema. A detta del sindaco, Pola vorrebbe essere “una città modello, che faccia da faro, che insegni la strada”, che spiani la via a un nuovo paradigma nell’assistenza sociale ma “non affinché qualcuno o qualche partito possa vantarsene, bensì per creare strumenti assistenziali veramente duraturi ed efficienti, a prescindere da chi governa ora e chi governerà in futuro”. Questi sono tre anni di transizione, di rivoluzione, di cambiamento. Per sapere come verrà gestito il modello in futuro, bisognerà aspettare che i tempi maturino, ha concluso Helena Babić.

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