Buie. Il cimitero di San Martino, custode della nostra storia

Visita al camposanto monumentale guidata dallo storico e ricercatore Denis Visintin, il quale ha accompagnato i partecipanti in un affascinante viaggio nel passato

0
Buie. Il cimitero di San Martino, custode della nostra storia
La visita ha suscitato grande interesse. Foto: ERIKA BARNABA

Le tombe non sono solo semplici luoghi di riposo, ma pure custodi silenziose della nostra storia e della nostra cultura, testimonianze tangibili di presenze che hanno segnato il percorso delle civiltà nel corso dei secoli. La necessità di preservarle e tutelarle è un dovere morale e civile, in quanto rappresentano una connessione con il nostro passato e proteggerle significa preservare la nostra identità e la nostra eredità culturale per le generazioni future. In questo contesto l’Università popolare aperta ha organizzato una visita guidata al cimitero storico e monumentale di San Martino a Buie.

Guidati dallo storico e ricercatore, nonché giornalista del nostro quotidiano prof. Denis Visintin, i numerosi partecipanti hanno manifestato un grande interesse per la storia e la cultura locale. Durante la visita, hanno avuto l’opportunità di esplorare il cimitero e ammirare le antiche tombe e le lapidi, ma hanno anche condiviso ricordi personali legati al luogo e agli eventi che si sono svolti nel corso degli anni. “Questi momenti di condivisione hanno arricchito ulteriormente l’esperienza, offrendo una prospettiva più intima e autentica. L’obiettivo principale di queste visite guidate è quello di far conoscere il ricco patrimonio culturale di Buie e d’incoraggiare i suoi abitanti a diventare turisti a casa propria, scoprendo e valorizzando le bellezze che li circondano. Inoltre, si mira a sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza della conservazione e della valorizzazione del patrimonio storico e culturale locale”, ha rilevato Tanja Šuflaj a nome dell’Upa.
Ad accompagnare la trentina di persone accorse, tra le quali la sovrintendente ai Beni culturali della Regione istriana Lorella Limoncin Toth, guide turistiche, storici, poeti e altri interessati, è stato quindi Denis Visintin che, nato a Buie, ha dimostrato che non vi poteva essere persona più adatta a svolgere questo ruolo. Dopo un’introduzione sul significato e sulla storia delle catacombe e dei cimiteri secolari istriani, Visintin ha parlato delle altre aree di sepoltura a Buie e dei loro cambiamenti nel corso del tempo, per poi concentrarsi sul camposanto di San Martino.

Le origini nel XVII secolo
“Il vecchio cimitero di San Martino, posto in cima al colle di Buie, è un’importante patrimonio da tutelare nonché fonte inesauribile di cognizioni storiche. Le lapidi meritano attenzione, tutela e recupero poiché, oltre alle testimonianze scritte che ci offrono, sono state lavorate da lapicidi locali, sfruttando la pietra d’Istria. All’interno dell’area cimiteriale c’è la chiesetta di San Martino, costruita nel 1598 per volontà, come testimoniato dall’architrave d’entrata, del parroco Giovanni Mattei. Come supportato pure dalla documentazione archivistica parrocchiale, le sepolture all’interno dell’area risalgono certamente agli inizi del XVII secolo, seppure non si possono escludere tumulazioni precedenti. Al cimitero si accede da due parti e sul portale principale, quello vicino all’omonima torre veneta, è inciso l’anno 1770, che sta probabilmente a indicare un ampliamento dell’area funebre. La lettura delle lapidi ancora integre, ma anche di quelle danneggiate, offre degli spunti molto interessanti sulla storia buiese, sulle sue caratteristiche demografiche, sociali ed economiche, particolarmente nei secoli XVIII e XIX, a quando risale buona parte delle epigrafi tuttora visibili”, ha rilevato Visintin, spiegando come ad emergere sono i cognomi Bonetti, Coslevaz, Crevato, Cimador, Papo, Posar, Piccoli, Festi, Franco, Tessarolo, Cinich, Lenzovich, Bon, Bedolo e altri, molti dei quali continuati nei ceppi familiari delle famiglie tuttora residenti nella località e nel circondario o tra le file degli esuli e di tutti gli altri che hanno abbandonato la veneziana “Sentinella dell’Istria”.

Arti e mestieri
Indicative pure le menzioni alle arti e ai mestieri praticati nella località, come l’assistente stradale, l’avvocato, il cancelliere, il macellaio, il medico comunale, il medico o chirurgo. Tra le sepolture, pure quella del primo presidente e fondatore della Cantina sociale cooperativa di Buie, inaugurata nel 1905, dei medici comunali Natale Piccoli e Francesco Crevato e del chirurgo G. B. Maganza, nonché di Francesco Loy, ricevitore delle imposte, nipote di don Francesco Loy, parroco e arciprete, autore della “Specifica delle famiglie dimoranti nel territorio di Buie”. Da rilevare anche la sepoltura dell’avvocato Innocente d’Ambrosi e di sua moglie Teresa, mentre sulla facciata principale della chiesa è situata la lapide del piranese Giacomo Viezzoli, morto “tra le braccia del parroco cooperatore”. Visibili pure alcune lapidi che ricordano i religiosi; anche se le scritte sono scarsamente riconoscibili, la stola su di esse scolpita sta a indicare la vocazione sacerdotale.
È emerso pure come nella cittadina operavano diversi macellai, tra cui Paolo Zoppolato, descritto come “onesto probo cittadino e fervido patriota”. La lapide di Giuseppe Matassi, morto il 20 agosto 1855 “rapito da violento morbo” ricorda la diffusione dell’epidemia di colera asiatico, manifestatasi a più riprese in Istria nel corso del XIX secolo. Nella parte bassa del cimitero si trova pure la cappella della famiglia Trevisan, con altarino del 1893. Questa versa in uno stato purtroppo desolante: nel suo pavimento, una quarantina d’anni fa, si era aperta una voragine, poi chiusa con il cemento armato. Nel cimitero di San Martino è sepolto anche il nobile capodistriano Marcantonio conte Borisi, morto il 3 aprile 1886 a 77 anni, che scelse Buie per vivere i suoi ultimi giorni di vita.
Parlando con il vicesindaco in quota CNI di Buie, Corrado Dussich, abbiamo appreso che alcuni anni fa, grazie a un accordo con il segretario generale dell’UPT Fabrizio Somma, con i fondi stanziati attraverso l’UPT, si è potuto procedere al restauro di tre lapidi, quella dell’avvocato Giorgio Franco, deputato alla prima Dieta istriana del “Nessuno”, quella di Anna Franco nata Crevato e quella di Giuseppe Crevato, come pure di un altare sepolcrale di Giovanni Cinich. Riguardo alla lapide dei Crevato, Visintin ha portato i ringraziamenti di Andrea Crevato, triestino di nascita, che oggi vive a Foscolino e che non ha potuto presenziare all’incontro.

Il ruolo dell’IRCI
Non è mancato da parte di Visintin un resoconto sull’operato dell’IRCI, che nel 1995 avviò il progetto di tutela e conservazione dei beni cimiteriali in Istria, che interessò 177 cimiteri. La documentazione ricavata consta nelle relazioni sullo stato delle aree, nell’elenco delle epigrafi e in più di 20mila fotografie. Le lapidi sono state debitamente catalogate, e le epigrafi trascritte. Dettagliata è stata la descrizione sul restauro della chiesetta avvenuta nel 1994, anno che portò, attraverso un’iniziativa dell’Assessorato alla Cultura della Città di Buie, a un’azione volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul recupero e la tutela del patrimonio storico del cimitero. Nel 1995 venne portata a termine la prima parte del progetto di risanamento inerente il rifacimento di parte del muro esterno del terzo campo e del tetto della cappella dei Trevisan. All’epoca, la Giunta municipale predispose la progettazione di un piano di recupero e pure la Comunità degli italiani locale s’impegnò con alcune iniziative di pulizia dell’area. Nel 2013 la Città intervenne nuovamente alla cinta muraria e alle gradinate, introducendo l’illuminazione pubblica pavimentale, utile allo svolgimento delle manifestazioni culturali estive che vi si svolgono. Recentemente sono state collocate delle panchine e le lapidi sparse sono state ammucchiate intorno alla cinta muraria.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display