Eduardo Navas: «Un Paese accogliente e sicuro»

Chiacchierata con Eduardo Navas, che lasciò la Colombia tanti anni fa e si trasferì ad Abbazia per amore

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Eduardo Navas: «Un Paese accogliente e sicuro»
Foto: Album privato Eduardo Navas

Cambiare la propria vita cambiando città, o addirittura continente, non è sicuramente facile. C’è il problema della lingua, della mentalità e anche del clima. “Fa troppo caldo oggi”, ci dice subito il nostro interlocutore, Eduardo Navas, sebbene la temperatura non superi i 12°C al momento del nostro incontro. Eduardo è nato in Colombia e ha lasciato il suo Paese natio per amore. “Sono arrivato in Croazia nel 2011, perché la mia attuale moglie mi ha ‘rapito’–, racconta divertito –. Lei è nata a Zagabria, però vive ad Abbazia da tantissimi anni. Ci siamo conosciuti in Colombia, durante una sua vacanza. Parlando mi aveva accennato di avere problemi con la schiena. Visto che sono anche fisioterapista e prof. di cultura fisica e ricreativa, abbiamo continuato a parlare per vedere come risolvere il problema e tutto il resto è storia. Dato che lei non avrebbe potuto lavorare in Colombia, abbiamo deciso che sarei stato io a trasferirmi in Croazia. Uno Stato che non conoscevo assolutamente. Avrei, però, dovuto lavorare e feci quindi richiesta per vedere se i miei diplomi sarebbero stati accolti. Mi risposero di sì e quindi decisi di lasciare casa e trasferirmi grazie a un visto turistico della durata di tre mesi. La Croazia mi piacque tantissimo, ma dovevo ottenere tutta la documentazione per poterci lavorare. Purtroppo, l’iter durò tantissimo, quasi due anni, visto che non era così facile. Due anni durante i quali non potei nemmeno viaggiare né lavorare, dato che non avevo la documentazione necessaria e al tempo la Croazia non faceva parte dell’Unione europea, motivo per il quale tutto si mosse molto lentamente. Nel frattempo feci anche un corso per istruttore di zumba, dato che in quel periodo ci fu il boom in Croazia, ma potevo praticarla solo come volontario e non come lavoro fisso. Furono momenti molto duri, pensai addirittura di tornare a casa, ma fortunatamente si risolse tutto”.

Non conoscevi però la lingua?
“Parlavo inglese, italiano, spagnolo… mi facevo capire. Il croato era per me una lingua sconosciuta. Con il tempo però l’ho acquisita, seppure quando devo declinare, ovvero usare i casi… mamma mia che tragedia! (risata) Non ce la farò mai. Poi nel 2014 iniziai a lavorare come istruttore presso la palestra del Centro sportivo ‘Marino Cvetković’, dove a contatto con le persone mi rilassai e iniziai poco alla volta a parlare anche il croato. Iniziai a leggere e a seguire la tv, ovvero le soap opere spagnole e a leggere i sottotitoli. Non era tanto difficile come pensavo all’inizio. In seguito lavorai come insegnante di educazione fisica nella scuola a Čavle. Il mio sogno era però quello di avere un mio lavoro”.

Sei giunto in Croazia per amore. Cosa ti piace di essa?
“Mi piace la leggerezza del vivere da voi. Si vive in modo tranquillo. In Colombia lavoravo dalle 6 alle 22. È una vita frenetica, senza orari. Gli ingorghi per la strada durano per ore e non solo nelle ore di punta come da voi. Ci sono troppe persone, troppe macchine e autobus. Un caos. E poi la Croazia è un Paese sicuro, non ci sono tanti pericoli. Puoi uscire in abbigliamento costoso, scarpe costose e gioielli di lusso, nessuno ti aggredirà per derubarti. In Colombia non è così. Se hai un qualcosa di valore ti fermano e te lo chiedono ‘gentilmente’ e sai che devi consegnaglielo se vuoi salvarti la vita, senza discussioni. Le persone poi sono molto amichevoli qui, cordiali e calorose, anche se c’è parecchia invidia nei confronti di chi ha successo o ha un buon lavoro, in particolar modo se straniero”.

Come ti sei trovato dal punto di vista del clima e del cibo?
“Io sono nato in centro città, lontanissimo dal mare, e quindi non sono abituato alle spiagge e nemmeno ai boschi. Da noi la temperatura non supera i 16°C nel corso di tutto l’anno, motivo per il quale d’estate ad Abbazia provo fatica con oltre 30°C, mi sento morire e non ce la faccio ad abituarmi. Per quanto riguarda il cibo, devo dire che preferisco quello colombiano. Dato il clima abbiamo a disposizione frutta e verdura di tutti i tipi tutto l’anno. Amo mangiare, ma mi piace il cibo cotto, non fritto e arrosto come si usa tanto da voi. Mangio tanta carne ma non i famosi ‘ćevapčići’. Non mi piace nemmeno il pesce, visto che sono abituato a quello d’acqua dolce. Una cosa che mi stupisce sempre è il fatto che da voi la pizza si mangia sia a pranzo che a cena, ovvero in tutte le occasioni. Da noi invece la si usa come colazione, un trancio, o eventualmente guardando la tv, ma non tutta intera. Ecco, non mi sono ancora abituato a questa usanza. Comunque la Croazia è stupenda. Mi piace tantissimo Rovigno, sento un’energia particolare in questa città, e Primošten. Anche lo Zagorje è interessante. Tutto sommato, mi trovo benissimo”.

Hai un bambino di 8 anni. È abituato a entrambe le culture?
“Certo. Con me parla lo spagnolo e con la mamma il croato. Ora che va a scuola predomina il croato, però io continuerò a parlargli nella mia lingua, così le saprà entrambe. È stato anche in Colombia e si è trovato benissimo”.

Ci sono delle differenze durante le varie festività, come Natale o Capodanno?
“Da noi il Natale si celebra per 9 giorni, ovvero nove giorni prima della Vigilia si inizia con le preghiere. Quindi abbiamo il cenone, i regali a mezzanotte e poi inizia la festa. Per Capodanno, invece, abbiamo la tradizione di fare il giro della casa con una borsa, il che è di buon auspicio per poter viaggiare tanto durante l’anno. E poi, a mezzanotte mangiamo 12 chicchi d’uva esprimendo per ognuno un desiderio per l’anno che arriva. Queste sono soltanto alcune delle tradizioni per l’ultimo dell’anno”.

Ora hai uno studio per pilates. Sei soddisfatto del tuo lavoro?
“Tantissimo. Faccio il mio lavoro nello studio Vida sana, aiuto le persone che hanno dei problemi di schiena con il pilates reformer, uno strumento usato per correggere la postura e prevenire alcune malattie dello scheletro e rinforzare tutto il corpo”.

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