Sara Marsanich: «Il mio è soltanto un atto umano e del tutto normale»

La connazionale Sara Marsanich è stata insignita del riconoscimento quale miglior volontaria del 2022 della Caritas

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Sara Marsanich: «Il mio è soltanto un atto umano e del tutto normale»
Sara Marsanich. Foto Zeljko Jerneic

Fare volontariato, dedicare il proprio tempo libero agli altri, è sicuramente uno degli atti più nobili che ci siano. Atti che vengono fatti per aiutare il prossimo, senza mai chiedere nulla in cambio. Tra i volontari della Caritas di Fiume che si sono distinti particolarmente durante lo scorso anno, c’è anche la connazionale Sara Marsanich, che in occasione della giornata di San Giuseppe, protettore della Caritas, ha ricevuto un riconoscimento da parte dell’arcivescovo, mons. Mate Uzinić. Come e quando ha deciso di diventare volontaria, ce lo ha raccontato di persona.
”A settembre del 2022 ho letto su Facebook dei post di una ragazza che chiedeva una mano per aiutare i migranti che arrivano a Fiume e si trovano nella zona della stazione ferroviaria. Assieme a un’amica abbiamo deciso di andare a vedere la situazione e in seguito ci siamo incluse negli aiuti. Non ho mai fatto volontariato vero e proprio nella mia vita. Aiutavo a volte chi ne aveva bisogno e nulla più. All’inizio portavamo solo del tè caldo, visto che faceva freddo. Preparavo litri e litri di tè ogni giorno. Ora per fortuna abbiamo un bollitore di 30 litri per le bevande calde, che abbiamo ricevuto come donazione. Poi ci siamo incluse anche nelle pulizie, nella consegna dei cibi e delle bevande. Mi presentavo alla stazione praticamente ogni giorno, poi, dopo un dato periodo, la cosa è diventata abbastanza difficile dal punto di vista psicologico perché sei a contatto con delle realtà diverse, che non puoi nemmeno immaginare. Parli con loro e senti storie tristissime, di persone che camminano da mesi e a volte subiscono anche violenze. Ci sono anche minorenni e semplicemente è difficile trovare delle parole di conforto senza risultare patetici. E poi sono pochi quelli che parlano l’inglese per cui la comunicazione non è facile. Ho imparato alcune parole della loro lingua, la pashto, per poter capire di cosa hanno bisogno”, spiega Sara.

Il riconoscimento.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Quanti sono i volontari della Caritas? E come reagiscono queste persone alla vostra presenza?
“Siamo circa una trentina e ci diamo il cambio. A loro sembra strano vedere gente che li aiuta in modo gratuito, visto che sono abituati lungo il loro percorso a pagare tutti i servizi. E poi vedere delle donne che li aiutano per loro non è un fatto comune. Però ci rispettano perché sanno che devono seguire delle regole. Comunque rimangono per un giorno circa a Fiume. Assieme alla Caritas ci sono anche i gesuiti che ci aiutano. I pasti vengono preparati dall’Arcivescovado, mentre le panetterie Arena e Marinići assicurano il pane”.

Che cosa significa per te questo riconoscimento?
“Io penso di fare una cosa umana e del tutto normale. Non mi aspetto riconoscimenti. Sono stata candidata dal nostro responsabile, Damir Selimović e mi sento lusingata. Però ripeto, lo faccio non per venir ringraziata. Lavorare con i migranti penso non possa venir paragonato a nessun altro tipo di volontariato, perché sono persone che non hanno più niente. Secondo me il riconoscimento va a tutti i volontari. Abbiamo comunque bisogno di altre mani e quindi invito tutti gli interessati a unirsi a noi”, conclude Sara Marsanich.

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