La Fiume mondana e amante del vino

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La Fiume mondana e amante del vino
Il palazzo in piazza Kobler come si presenta oggi. Foto: RONI BRMALJ

Il capoluogo quarnerino, oltre alla sua cultura cosmopolita e a all’ammaliante aria di apertura e fervore che da sempre vi si respirava, vantava anche la fama di fulcro delle caffetterie, alberghi e altri svariati luoghi di incontro e ristoro. In tal senso, il brio cittadino percepibile nel corso del XVIII secolo, poteva tranquillamente concorrere con quelli delle più importanti metropoli europee.Tra i luoghi maggiormente frequentati ed elitari del periodo spicca il palazzo che ospitava il Consiglio comunale, un’umile edificio costituito da un solo piano, sito nella principale piazza cittadina, ex Piazza delle Erbe (oggi Piazza Kobler). Nel suo scritto “L’ospitalità fiumana”, lo storico Igor Žic riporta che, durante le festività più importanti, vi venivano organizzati balli con una severa disposizione dei posti a sedere in base all’importanza della posizione sociale alla quale appartenevano i clienti. Ad avere la precedenza erano le mogli dei capitani, dei giudici, dei consiglieri e delle altre autorità, seguite dagli stranieri e rispettive consorti. Tutti, indistintamente, dovevano seguire un codice di comportamento all’interno del locale, secondo il quale “ogni ballerino ha il dovere di comportarsi in modo educato, sia nell’esprimersi a parole che negli atteggiamenti. Chiunque non lo farà verrà multato con 40 soldi. A nessuno, inoltre, è permesso ballare o giocare, se non propriamente vestito, con abiti che arrivano al ginocchio. In caso contrario la multa corrisponde a 20 soldi e, se non la vuol pagare, va cacciato dal locale. Alle manifestazioni pubbliche non possono, altresì, partecipare le prostitute e donne dalla dubbia moralità”.

La locanda degli uscocchi
Il primo luogo di culto fiumano, per ciò che concerne le uscite serali, noto con il nome “Degli uscocchi”, non era sito all’interno delle mura cittadine, bensì fuori, nello specifico di fronte alla Fiumara (Rječina). Žic rileva che, in alcuni antichi disegni della Città lo stesso viene riportato quale “locanda frequentata dagli uscocchi” (con sigla di Giorgio Genova, 1671), rintracciabile pure nella più antica mappa di Fiume ancora reperibile, firmata dal cartografo Ivan Klobučar nel 1579. A tal proposito Andrija Rački (in “Storia della città di Sušak”, 1929), scrive che “dato che nella locanda di fronte alla Fiumara si versava il nostro buon vino locale, la stessa era frequentata da numerosi fiumani, già allora conosciuti quali amanti del ‘casareccio’.
Ovviamente ciò non era gradito alla Città, secondo la quale quei personaggi rovinavano il buon nome della stessa. Così, nel 1455, venne proibito il bazzicamento nelle trattorie, con la pena di 100 ducati di multa nel caso di mancato rispetto della disposizione. Anche successivamente, nel 1656, quando il commerciante Lauro Fracassa prese la locanda in affitto, le autorità cittadine gli vietarono la sua apertura”. L’autore, inoltre, annota che, visto che in essa avevano l’abitudine d’intrattenersi anche le donne, all’entrata era stato posto un cartello con la scritta “feminis ingressus interdictur” (“vietato l’ingresso alle donne”).
Un’altra interessante testimonianza relativa alle trattorie fiumane viene proposta da Radmila Matejčić nel suo libro “Come leggere la città”, dove leggiamo che “a partire dal XVIII secolo all’interno della Cittavecchia vi erano due edifici addossati ai bastioni, le cui facciate, all’epoca, si affacciavano sulla piazza con la Chiesa dei Santi Tre Re.
Il primo è stato costruito nel 1740 dall’architetto fiumano Verneda, mentre l’altro era la trattoria dei “frati bianchi”, dell’ordine paolino di Crikvenica. Con l’abbattimento dei bastoni entrambi si sono allargati e le loro facciate sono state rivolte verso la nuova strada. Nei documenti pubblici la locanda viene nominata per la prima volta nel 1751”. La stessa, a detta di Igor Žic, nota quale “Casa Verneda”, venne abbattuta nel 1970 e, al suo posto, è stata edificato il palazzo dell’azienda “Brodomaterijal”. Della famigerata trattoria è rimasto solo l’emblema dell’ordine paolino, incastonato, su suggerimento dell’architetto Igor Emili, sopra l’ingresso dell’ex caffetteria “Dva lava”.

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