L’italiano giovanile sta attraversando un momento di stasi

Il professore di Linguistica italiana al Dipartimento di Studi linguistici e letterari dell’Università di Padova, Michele Cortelazzo, racconta in un’intervista la situazione attuale della lingua degli adolescenti, in occasione della conferenza che terrà lunedì prossimo al Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume

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L’italiano giovanile sta attraversando un momento di stasi
Michele Cortelazzo

Il linguaggio giovanile è una fucina costante e creativa di neologismi e di piccole rivoluzioni linguistiche o lo è stato fino a qualche anno fa. La mente dei più giovani, soprattutto in una fase di ribellione generale come l’adolescenza, è meno costretta dai preconcetti sociali e dalle abitudini di ciascuna cultura e si permette il lusso per nulla trascurabile di inventare la propria lingua, il proprio vocabolario.
Il linguaggio giovanile, impostosi all’attenzione degli studiosi alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, viene oggi riscoperto in relazione alla video-scrittura (la scrittura dei social media).
Poco più di una ventina di anni fa il linguaggio giovanile consisteva, secondo una definizione di Raffaele Simone, in una “rielaborazione addolcita” dei gerghi della malavita e, anche, del gergo militare, a cui attingeva una quantità di voci.
Come parlano i ragazzi oggi? Che parole, sigle, codici utilizzano per esprimersi sui social? L’adolescente italiano prende in prestito moltissime parole e acronimi dall’inglese, la vera culla dello slang di Internet. Poi, li mescola con l’italiano, li italianizza o li fonde addirittura con il dialetto della sua regione, per dare vita a espressioni a volte particolarissime.
Molte di queste parole e frasi hanno vita breve e finiscono nel dimenticatoio prima ancora di essere registrate dai vari istituti linguistici. Altre hanno più fortuna, magari entrano nel vocabolario degli adulti e invece di scomparire come una meteora rimangono, occupando un nuovo posto nella lingua italiana.

Distacco dalla lingua comune
Secondo Edgar Radtke, quando parliamo di linguaggio giovanile, si deve tener presente che il legame che unisce i vari socioletti si basa esclusivamente sul fatto che una generazione produce una varietà linguistica in contrasto con la lingua comune. Si presume un intenzionale distacco dalla lingua comune che garantisca la marcatezza linguistica. La variabilità all’interno del parlato giovanile viene quindi condizionata da fattori di ordine cronologico, diatopico e diastratico, ma tutti subordinati al fattore diafasico.
Come già affermato da Giovanardi nel ‘93, la regionalizzazione dei linguaggi giovanili implicava una frantumazione regionale, che si basava su una comune funzione diafasica. Nei giovani provenienti da classi sociali più basse prevaleva una maggior marcatezza diastratica e diatopica, nei giovani di rango sociale più alto si registrava un uso meno elevato di dialettismi e regionalismi. L’eterogeneità linguistica giovanile si riscontra sia sull’asse diatopico che diastratico, ma è pur vero che il linguaggio dei giovani non ha mai mirato a una stratificazione sociale, quanto piuttosto a differenziarne l’uso contestuale e situazionale. Ciò conferma l’identificazione del parlato giovanile con una varietà essenzialmente diafasica, caratterizzata dall’ “estremizzazione” di alcuni tratti del parlato colloquiale per scopi espressivi di carattere ludico e giocoso.
Ma da dove nascono i termini del vocabolario dei giovani? Sembrerebbe che i settori da cui viene preso un grande numero di parole siano in assoluto i social network. Fino a un po’ di anni fa, i social non esistevano; quando sono stati inventati, hanno portato con sé molte nuove attività, funzioni, comportamenti. Alcuni credono che ormai si creano parole solo in inglese, mentre le altre lingue vivono di prestiti linguistici. Se da un lato questo fenomeno è innegabile, dall’altro bisogna anche ammettere che è più economico adattare una parola appena coniata per un certo scopo piuttosto che crearne un’altra.
Di questo argomento assai complesso abbiamo avuto il piacere di parlare nel corso di un’intervista con Michele Cortelazzo, professore di Linguistica italiana al Dipartimento di Studi linguistici e letterari dell’Università di Padova, il quale terrà una conferenza al Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Fiume in occasione della 22.esima Settimana della Lingua italiana nel mondo. L’incontro con gli studenti e il pubblico, organizzato dall’Italianistica fiumana in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria e la Società “Dante Alighieri” – Comitato di Fiume e denominato “Esiste ancora un italiano giovanile?” avrà luogo lunedì prossimo nell’aula 006, alle ore 11.

Diffusione delle conoscenze scientifiche
Il nucleo fondamentale delle ricerche del collaboratore al Dipartimento di Italianistica fiumano riguarda l’italiano contemporaneo e le lingue speciali. La sua attività scientifica è partita dallo studio della retorica politica (Mussolini, Pannella, movimenti di contestazione), per giungere in anni recenti allo studio dei discorsi istituzionali (in particolare i discorsi dei Presidenti della Repubblica). Si è interessato, successivamente, di italiano medico, italiano scientifico e, soprattutto, di italiano giuridico e di italiano burocratico. In quest’ultimo settore, ha trasferito l’osservazione scientifica in applicazioni pratiche, nel campo della semplificazione del linguaggio amministrativo (con un’ampia attività di consulenza e formazione), del drafting, della terminologia (nell’ambito della REI, Rete di eccellenza dell’italiano istituzionale). Dall’esperienza sulle singole varietà è risalito alla caratterizzazione generale delle lingue speciali dell’italiano. Per quel che riguarda l’italiano contemporaneo, si segnalano le sue pubblicazioni sul lessico giovanile, sui neologismi e sul monitoraggio della ristandardizzazione dell’italiano, sia per quel che riguarda la distribuzione nell’uso delle forme tradizionali e di quelle innovative, sia per quel che riguarda la verifica della percezione del movimento dell’italiano da parte dei parlanti.
Attivo nella diffusione e nell’applicazione delle conoscenze scientifiche al di fuori dell’Università, Michele Cortelazzo ha avuto numerose esperienze nel campo della formazione degli insegnanti, della formazione alla scrittura del personale delle amministrazioni pubbliche e della collaborazione a giornali.

Necessità di identificazione
Ma passiamo ora al linguaggio giovanile la cui principale finalità non è quella di diventare normativo, di estendersi al resto della popolazione, anzi, si potrebbe dire proprio il contrario. “Il linguaggio dei giovani nasce innanzitutto per rispondere alla loro necessità di identificazione, di differenziazione dal mondo degli adulti e allo stesso tempo di appartenenza a un gruppo, ma un gruppo selezionato”, ci assicura il nostro interlocutore.

Ma una volta adulti il linguaggio che avevano usato muore o si mantiene per le prossime generazioni? Qual è la durata di un determinato linguaggio giovanile?
”Oggi la situazione è molto cambiata rispetto alla seconda metà del Novecento in cui le forme di linguaggio giovanile potevano modificarsi anche da un anno all’altro. Ogni gruppo di ragazzi cioè tendeva a distinguersi da quello precedente. C’erano due strati nel lessico giovanile: uno è quello chiamato di lunga durata, ad es. parole come ‘sfiga’ e ‘figo’, che restano stabili nel linguaggio giovanile di tutte le generazioni, l’altro invece comprende parole che cambiano molto rapidamente all’interno dei diversi gruppi giovanili. Siccome al gruppo fisico che si incontra stabilmente in un luogo si sono sostituiti oggi i gruppi che si costituiscono nei social a questo punto il rinnovamento del lessico è legato piuttosto alle innovazioni dei social che non a un’organizzazione interna concettuale dei gruppi giovanili”.

Come ha detto poc’anzi, nel passaggio da una generazione a un’altra, ma anche di pochi anni o mesi, molti vocaboli vanno persi, mentre altri sono più duraturi. Alcuni possono entrare a far parte della lingua standard?
”Possono entrare a far parte dei livelli informali della lingua standard. Basti pensare alla parola ‘sgamare; ti ho sgamato’ (accorgersi; intuire; scoprire; indovinare, ndr), che ha un’origine dialettale gergale romanesca che poi si è diffusa nei linguaggi giovanili e da questi all’italiano però ovviamente a quello più informale, non a quello di livello più elevato”.

Creatività multimediale
I social network sono stati il grande motore dell’innovazione di Internet. In questo ambiente possiamo capire e addirittura visualizzare il funzionamento dell’evoluzione linguistica. L’influenza del gergo delle reti sociali sul linguaggio dei giovani?
”Qui stiamo parlando di un influsso di dissoluzione del linguaggio giovanile ovvero quello che si nota, almeno da diversi dei contributi nel libro che la Crusca ha fatto per l’occasione, è che la creatività giovanile che fino ai primi anni di questo secolo si rifletteva soprattutto sulla creatività lessicale, ora si è spostata sulla creatività multimediale, quindi sulla capacità di fare video innovativi. L’effetto dei social è stato dunque quello di spostare l’interesse della comunicazione giovanile dal piano verbale al piano della produzione di prodotti soprattutto visuali. Da un certo punto di vista l’avvento dei social ha ucciso il linguaggio giovanile se questo viene inteso come linguaggio fatto di parole mentre ne ha amplificato il linguaggio come utilizzo di diversi sistemi di comunicazione principalmente quelli video”.

Il ricorso ad anglicismi
Quanto è frequente l’italianizzazione dei termini usati in questo contesto?
”Il linguaggio giovanile è partecipe di una tendenza generale dell’italiano di oggi di assorbire il lessico inglese senza modificarlo. A causa della riduzione della creatività lessicale di cui abbiamo appena parlato, quello che diventa caratteristico dei giovani è la terminologia tecnica del funzionamento dei social. Questa terminologia tendenzialmente resta in inglese. Ma questa non è una caratteristica solo del linguaggio giovanile ma dell’italiano degli ultimi anni che vede un ricorso sempre più forte ad anglicismi che vengono assunti in forma non adattata”.

I giovani e il dialetto
Il linguaggio dei giovani è in un certo senso una lingua minoritaria. Possiamo tracciare un parallelo tra linguaggio giovanile e dialetto?
”Fino a un certo punto c’era una specie di complementarietà, cioè nelle zone d’Italia dove il dialetto era molto usato dai giovani soprattutto per comunicazioni di tipo espressivo ed emotivo, c’era poco linguaggio giovanile. Certe funzioni che fa il linguaggio giovanile erano svolte dal dialetto. A partire dagli anni Novanta c’è stato un doppio fenomeno assolutamente coerente: da una parte una sempre maggiore diminuzione dell’uso del dialetto in quasi tutte le Regioni italiane da parte dei giovani e dall’altra invece una diffusione dei linguaggi giovanili che fino agli inizi degli anni Ottanta erano un fenomeno prevalentemente metropolitano, delle grandi città e tipicamente di Milano. Il linguaggio giovanile svolge alcune funzioni tra i giovani che rispetto alla comunità locale svolgeva il dialetto. Quanto più i giovani usano il dialetto, tanto meno hanno bisogno di un loro gergo e viceversa”.

L’italiano digitato è un arricchimento o un indebolimento linguistico e culturale?
”È un arricchimento perché vuol dire l’introduzione nel repertorio linguistico della nostra lingua di una nuova varietà o di un nuovo elemento della tastiera dell’italiano. È una varietà che è funzionale. Tra l’altro la diffusione di questo particolare tipo di scrittura ha aumentato di molto le occasioni per giovani (e meno giovani) di usare la lingua scritta rispetto alla lingua parlata. Direi che è un arricchimento. Si trasforma in un indebolimento se questo diventa l’unica forma di italiano dominata cioè se quello che è il modo di scrivere nei social, che ha una sua ragione di essere, viene esteso a compiti scolastici o a scritti di tipo più formale. E allora è un impoverimento perché vuol dire non saper gestire le differenze linguistiche in relazione alle differenze comunicative”.

Appartenenza e divertimento
Quali sono le finalità del gergo giovanile?
”Alcune delle finalità sono creare identità e coesione di gruppo ovvero io dimostro di appartenere a quel determinato gruppo giovanile, può essere il gruppo di chi rispecchia una certa moda. Questo principio di appartenenza lo faccio anche utilizzando parole che sono solo di quel gruppo. Il secondo è l’aspetto ludico-creativo perché nella creazione di queste parole si gioca con la lingua. Da una parte si vuole dunque mettere alla prova le capacità creative di dominio della lingua e dall’altra ci si vuole divertire; le parole si modificano, si manipolano, si usa una parola per dire il contrario, per es. la parola ‘bestiale’ che sarebbe un vocabolo negativissimo, ha un significato estremamente positivo. C’è poi un valore alternativo rispetto alla cultura degli adulti o di altri gruppi sociali. Qual è la finalità del lessico giovanile? Non è quello della segretezza. Se un adulto non capisce ciò che dicono i ragazzi, non è perché i ragazzi lo facciano apposta ma perché appartengono a due mondi diversi e il linguaggio giovanile è l’espressione del mondo di quel gruppo specifico di giovani”.

Qual è la situazione attuale del linguaggio giovanile?
”È una situazione di stasi e di perdita di quella forza propulsiva che aveva avuto soprattutto negli anni Novanta del secolo scorso quando c’è stato uno sfavillio di nuove creazioni che venivano da fonti molto diverse. Le neoformazioni sono molto ridotte e vanno quasi tutte nella direzione dell’assunzione di anglicismi. Della varietà di apporti che erano invenzioni, erano dialettalismi, forestierismi o finti forestierismi, adesso rimane solo la propensione ad appropriarsi di forestierismi, più precisamente di anglismi”.

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