LA CITTÀ NASCOSTA I bunker di Icici: severe macchine belliche

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LA CITTÀ NASCOSTA I bunker di Icici: severe macchine belliche
Il bunker 1. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Nel corso dei nostri tour tematici relativi alle realtà superstiti militari del Secondo conflitto mondiale, espertamente guidati dal nostro collega Igor Kramarsich, abbiamo appurato, parafrasando il noto proverbio di origini medievali, che le vie dei bunker sono infinite. A provarlo, stavolta, è stato il rintracciamento di ben quattro casematte di artiglieria (del tipo R 679) e di una fortificazione di comando, di costruzione tipicamente tedesca, ubicate nell’ampio e verdeggiante autocampeggio di Icici. Massicci templi senza religione, imponenti e freddi come le forze che li hanno fatto edificare secondo regole severissime, questi particolari scheletri in calcestruzzo armato non mancano di mostrare lo spirito di adattamento e l’istinto di sopravvivenza che contraddistinguono le opere belliche di ogni epoca e territorio. Prodotti efficienti e, a tutti gli effetti, durevoli della tecnica militare tedesca, a differenza dei molti scovati nei vari rioni quarnerini e già raccontati, in qualche modo riconsegnati al suolo e sfuggenti all’occhio distratto del passante, i quattro manufatti che contraddistinguono l’area del campeggio, non sembrano volersi rassegnare a un destino che oggi li vede del tutto integri, ma muti e vuoti.

Caratteri tipologici
Primi vicini dei non molti camper ospitati dalla struttura turistica, con la bocca del fuoco rivolta verso il mare e circondati da una rilassante vegetazione di abeti rossi e bianchi, di pini, cedri e larici, se ne stanno lì, tutti uguali e quasi indisturbati, a testimoniare solo una parte del più complesso e articolato sistema fortificato messo in atto dalle truppe tedesche verso la fine del 1943. Un sistema che innalzava architetture militari su basi standardizzate, repertoriate tassonomicamente, seguendo un programma edificatorio ben preciso e normato per la difesa costiera del quale, come accennato in qualche appuntamento precedente, fu incaricata l’Organizzazione Todt. La stessa, nota anche come O.T., prese il nome dal suo fondatore, l’ingegnere tedesco Fritz Todt, al quale successe, nel 1942, l’architetto del Fürher Albert Speer. Impegnata negli anni ‘30 nella costruzione delle “strade del Führer”, con lo scoppio della guerra divenne a tutti gli effetti un’organizzazione paramilitare, caratterizzata da una rigida struttura gerarchica, alla quale fu affidato il compito di costruire tutte le fortificazioni difensive tedesche. A tale proposito, nello scritto “I bunker tedeschi a difesa della Linea Galla Placidia. Conservare un patrimonio dimenticato”, Chiara Mariotti, Andrea Ugolini e Alessia Zampini scrivono: “Sulla base di una serie di appunti dettati da Adolf Hitler, la Todt riuscì a porre ordine al complesso sistema di strutture fortificate autonomamente sviluppate dai singoli corpi d’armata, attribuendo loro una nomenclatura condivisa e potenziando il concetto di Regelbau, ovvero, letteralmente, di ‘progettazione standardizzata’, posta alla base della definizione di queste macchine belliche”. Grazie a tale riorganizzazione, spiegano gli autori, entro il 1944, circa 700 modelli di bunker erano stati codificati in manuali-cataloghi denominati Typenheft, nei quali erano descritte non solo le caratteristiche dimensionali e formali delle diverse strutture, ma erano anche fornite precise indicazioni in merito alle specifiche tecniche e alle dotazioni impiantistiche di cui ogni struttura doveva essere dotata, pur mantenendo salde alcune caratteristiche comuni, come la necessità di accessi blindati, a “L” o a “T”, per prevenire le conseguenze di un eventuale attacco con gas. Ed è proprio la succitata inquietante rigidità dei quattro fieri giganti, dall’accesso bloccato con portoni in acciaio arrugginito e/o solide murature, ad averci colpiti e, forse, intimoriti. Una severità voluta e mantenuta nel tempo, segnata soltanto da qualche debole efflorescenza, dai puntuali problemi di interazione tra le strutture architettoniche e vegetali e dagli evidenti danni da corrosione rispettivamente per gli elementi in ferro.

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