Juraj Šoljić: «Il ‘3. maj’ è a un passo dal baratro»

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Juraj Šoljić: «Il ‘3. maj’ è a un passo dal baratro»

Mentre il piano di ristrutturazione dell’Uljanik è a Bruxelles in attesa di ottenere il nullaosta da parte della Commissione europea, al cantiere “3. maj” la situazione si fa sempre più drammatica. Pochi giorni fa sono stati pubblicati i risultati di gestione del cantiere fiumano, che ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con una perdita di 151 milioni di kune, importo che va così a sommarsi ai debiti nei confronti dei fornitori, di 159 milioni, e al prestito (non ancora saldato) di 523 milioni concesso al gruppo polese. Alla luce di questi numeri, il rappresentante dei lavoratori presso il Consiglio di sorveglianza del “3. maj”, Juraj Šoljić, si è scagliato contro l’amministrazione, rea a suo dire di avere aggravato la crisi dello stabilimento.

«Stiamo affondando»
“La produzione è ferma da oltre un anno, i debiti verso i fornitori continuano a lievitare e gli stipendi arrivano col contagocce – avverte Šoljić –. Siamo ormai arrivati a un punto di non ritorno e il ‘3. maj’ sta lentamente affondando. Gran parte della responsabilità ricade sull’amministrazione, dalla quale pretendo un passo indietro, ovvero di dimettersi. Non oso nemmeno immaginare che cosa succederà tra nove mesi quando verrà reso noto il bilancio di tutto l’anno”.
Come detto, il piano di ristrutturazione dell’Uljanik, che peraltro è proprietario dello stabilimento di Cantrida, è a Bruxelles, dove attende il via libera della Commissione europea. Si tratta comunque di un iter molto complesso, che richiede del tempo. Un mese fa, durante la seduta congiunta tra il Consiglio cittadino e l’Assemblea regionale, il viceministro dell’Economia, Zvonimir Novak, aveva spiegato che il processo sarebbe durato dai 12 ai 18 mesi.
“Non possiamo aspettare ancora un anno e mezzo – ribadisce il fiduciario del Sindacato dei metalmeccanici –. Di questo passo rischiamo seriamente di chiudere entro pochi mesi. Questa è la più grave crisi che il cantiere abbia mai affrontato. Una crisi che non ha messo in ginocchio soltanto lo stabilimento e i suoi 1.700 dipendenti, ma anche tutti coloro che vi gravitano attorno, come fornitori e numerose piccole e medie imprese”.

Fincantieri rimane alla finestra?
Nel frattempo, Šoljić ha chiesto al governo croato di separare lo stabilimento fiumano dal gruppo polese in modo da permettere a eventuali investitori di subentrare. Tra questi ci sarebbe anche il colosso triestino Fincantieri che rimane alla finestra in attesa che la situazione si sblocchi. “Ad oggi non abbiamo nessun documento che confermi l’interesse di Fincantieri – rivela –. L’amministratore delegato dell’Uljanik (Gianni Rossanda, nda) continua a sostenere che sono in corso dei colloqui, dei quali però noi siamo all’oscuro. Tutto ciò che sappiamo è che Fincantieri sta effettivamente valutando l’ipotesi di rilevare degli stabilimenti navalmeccanici nel Mediterraneo, ma non è detto che tra questi ci sia anche il ‘3. maj’”.

Il tempo stringe
Lo scorso 30 giugno è scaduto il termine ultimo per la restituzione del prestito di 523 milioni di kune. Com’era ampiamente prevedibile, la dirigenza del cantiere fiumano non ha esercitato l’ordine di pagamento forzato vista la delicata situazione.
“Una volta avviato il piano di ristrutturazione, l’Uljanik potrà consegnare alcune commissioni e con quei soldi iniziare ad estinguere il debito. Il problema sarà capire quando questi torneranno nelle nostre casse perché il tempo stringe e noi non possiamo aspettare più di tanto”, ha concluso Juraj Šoljić.

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