John Štefanac. L’importanza delle Startup

A colloquio con l'australiano di origini croate già dirigente aziendale di società di spessore quali la Nokia e la Qualcomm

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John Štefanac. L’importanza delle Startup
John Štefanac con alcuni dei prodotti. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Fondare e far crescere una startup non è solo bruciare di fuoco imprenditoriale, avere l’istinto, idee, talento, genio e follia. Per sviluppare un progetto innovativo ci vogliono altresì tanta esperienza, impegno, una sana cocciutaggine, credere in se stessi, pensare a livello globale, conoscere determinate regole e un grande lavoro pratico. Da dove si comincia? Quali sono i primi passi da fare? A chi rivolgersi? Quali percorsi intraprendere? Sono domande che si pongono la maggior parte dei giovani in procinto di buttarsi, non senza una miriade di timori, in una nuova avventura professionale, tra i quali anche, e forse soprattutto, quelli croati. In tale contesto la Croazia è ritenuta florida di visioni e di imprese, molte delle quali, causa la mancanza delle competenze e abilità necessarie, appassiscono ancor prima di sbocciare. A riguardo, il già dirigente aziendale di società di spessore quali la Nokia e la Qualcomm, John Štefanac, australiano di origini croate, sconcertato dal costante esodo dei giovani dal Paese e spinto dal forte desiderio di fermarlo, dopo una lunga e ragguardevole carriera, da alcuni anni a questa parte ha deciso di stabilirsi ad Abbazia e investire su coloro che hanno il coraggio di rimanere e scommettere su un futuro migliore. Lo abbiamo incontrato nella sua bella casa, curata con amore in ogni dettaglio, per farci raccontare la sua storia, il considerevole cammino professionale, il legame con la Croazia e la scelta di viverci.

“Il mio percorso di vita è strettamente annodato alle origini e a quello dei miei genitori, conosciutisi a Vrbovsko nel 1957”, ha esordito l’imprenditore, spiegando che “all’epoca mia madre, Ana Polić, che viveva a Mrkopalj, si recava spesso in visita da sua zia, che abitava in quel paesino e, una volta, mentre si trovava lì, incontrò mio padre, Ante Štefanac, che purtroppo è venuto a mancare 15 anni fa. Si conoscevano solo da un mese quando lui lasciò il Paese e andò dapprima in Austria, dove si rifugiò in un centro di smistamento profughi, dopodiché si spostò in Australia, e precisamente a Melbourne. Nei due anni che seguirono si scrissero tantissime lettere le quali, purtroppo, dato che la mamma non me le ha mai mostrate, non so quale fine abbiano fatto. Trascorso quel periodo ricevette il visto e fu la prima persona di Mrkopalj ad abbandonare il paesino. Raggiunse l’Australia nel 1959, si sposarono un anno dopo e nel 1961 nacqui prima io e, di seguito, le altre mie tre sorelle e un fratello. Vissi e frequentai le scuole e, per un lasso di tempo lavorai a Melbourne, dalla quale partii nel 1995 per andare a farlo a Singapore”.

Di che cosa si occupava?
“Ho iniziato nel settore della tecnologia dell’informazione, comunemente chiamato IT, in qualità di programmatore informatico. In seguito entrai nell’ambito delle telecomunicazioni e, insieme a mia moglie, Natalie, che è ucraina e che conobbi nel 1999, rimanemmo a Singapore per 24 anni. Successivamente, sempre per motivi di lavoro, ci trasferimmo in Asia, dove abbiamo vissuto a Hong Kong, in Thailandia, sull’isola di Taiwan, in India. Infine, nel 2017, arrivammo in Croazia. Nel corso della mia carriera ho ricoperto per lo più cariche importanti, quali quelle di vicepresidente o presidente delle aziende Nokia e Qualcomm. Trattasi di un ambito molto redditizio e, indipendentemente dall’andazzo dell’economia, in continuo sviluppo”.

Che cosa l’ha portata in Croazia?
“Fondamentalmente la voglia di conoscere i luoghi di provenienza dei miei genitori. Inizialmente, dato che quando ci venivamo spendevamo la maggior parte del tempo in compagnia dei miei parenti, mia moglie non desiderava venirci in vacanza. Tra l’altro, siccome alloggiavamo a Mrkopalj o a Vrbovsko, la nostra idea inerente al Paese era che tutti qui avessero le galline e le mucche. Poi, facemmo un compromesso e decidemmo di trascorrere una settimana in montagna, un’altra al mare o in città e così via. Conoscendolo meglio ci piacque molto cosicché, da allora, ci siamo venuti ogni anno e l’abbiamo visitato da capo a piedi, da Zagabria a Ragusa (Dubrovnik), fermandoci in svariati posticini”.

Vi ha affascinato al punto di scegliere di venirci a vivere…
“Esattamente. Inoltre, in seguito al mio pensionamento, nel rimuginare sui Paesi in cui ci sarebbe piaciuto trasferirci, fermarci e goderci la vita, un fattore essenziale è stata la mia cittadinanza croata e la conoscenza della lingua la quale, in effetti, è la prima che acquisii, per cui la scelta fu consequenziale. Inizialmente abbiamo vissuto un anno a Zagabria, dopodiché, data la sua vicinanza con il Gorski kotar, con l’Istria, la Dalmazia, l’Italia, dove abbiamo svariati amici, come pure al suo fascino, ci decidemmo per Abbazia”.

Situatisi qui, ha iniziato a investire in startup che si trovavano nelle fasi iniziali del loro percorso. Ci racconta la sua scelta?
“Stabilitomi in Croazia, mi resi presto conto che vi operano delle ottime imprese, le quali però soffrono delle stesse problematiche delle startup negli altri Paesi. Le idee e le persone ci sono, ma non sanno come lanciare i prodotti sul mercato e la legislazione croata, allo stesso modo di quella europea in generale, non facilita la loro crescita. Inoltre, ho visto numerosi giovani abbandonare il Paese e, ad esempio, nel passeggiare per Vienna, sentivo dappertutto parlare la lingua croata. A differenza di tanti anni orsono, quando visitai la prima volta Mrkopalj, che pullulava di bambini, oggidì non c’è più nessuno. A causa di tutto ciò appurai che, in concomitanza con le mie possibilità, avrei dovuto fare qualcosa e offrire loro supporto sotto vari aspetti. Mi prefissai l’obiettivo di fare in modo che le persone, soprattutto quelle che desiderano realizzare qualcosa, non lascino la Croazia e, al contempo, di far rientrare quelle che l’hanno già fatto”.

Al momento con quante imprese collabora?
“Coopero con quattro startup.Una è relativa alla progettazione e realizzazione di scarpe da ginnastica compostabili e riciclabili con fibre naturali (canapa, sughero, mais, iuta, eucalipto, albero della gomma), rinnovabili e coltivate in modo sostenibile, provocando il minimo impatto ambientale possibile. Oggi, le stesse sono ritenute le sneakers più ecologiche al mondo, biologiche al 97 p.c. Un’altra impresa con cui collaboro produce tavolette di cioccolato vegano, dagli ingredienti provenienti esclusivamente da agricoltura biologica e confezionate in packaging rispettosi dell’ambiente, di grande effetto visivo, disponibili nelle combinazioni di sapori più incredibili e capaci di esaltare al massimo il gusto del cioccolato. Nel futuro l’offerta si amplierà anche ad altri prodotti, ma si rimarrà sempre nell’ambito del cibo. La terza è tesa all’innovazione dei prodotti nel settore dei droni FPV (First Person View, ovvero visuale in prima persona), mentre la quarta a cambiare il modo in cui le persone interagiscono nella realtà virtuale e aumentata. Utilizzando la tecnologia avanzata di tracciamento delle mani, la stessa sta colmando il divario tra il mondo digitale e quello fisico, consentendo un’esperienza utente davvero coinvolgente e intuitiva. In tale senso, la si può utilizzare per effettuare operazioni chirurgiche virtuali, per rimuovere gli esplosivi dalle bombe o per un’intera gamma di altre situazioni. Le sue potenzialità sono davvero tantissime”.

In quali modi le supporta?
“Le seguo in merito alle attività di marketing, suggerendo loro le strategie più efficaci per farle decollare, il che è un passaggio delicato e importante. Le stesse, infatti, non s’improvvisano e vi sono dei punti chiave da seguire, i quali riguardano il content marketing, atto ad attrarre i clienti con contenuti scritti (ad esempio il posizionamento del logo o dello slogan), audio e video, la ricerca degli investimenti, il mettere assieme il materiale di presentazione, fase in cui le seguo a mo’ di vero e proprio mentore. L’intento è, quindi, affiancandole altresì nella gestione e mettendo loro a disposizione tutto il materiale di cui necessitano, di farle crescere, lasciandole prendere autonomamente le decisioni che ritengono più convenevoli, non di appropriarcene”.

Che tipo di riscontro avete avuto in merito ai succitati prodotti?
“Molto consistente. In seguito all’assaggio delle tavolette che le ho offerto in degustazione anche lei ha potuto constatare la loro eccellente qualità, la quale caratterizza tutti gli altri prodotti, che desideriamo piazzare anche su altri mercati oltre a quello europeo, quali gli Stati Uniti. Tra l’altro, ad esempio nel caso delle succitate scarpe da ginnastica, siccome il settore della moda cambia di continuo, vi è l’esigenza di una sperimentazione rapida sia del confezionato, sia dei canali di comunicazione, al fine di apportare le necessarie modifiche in corso d’opera”.

Quindi, nonostante la quiescenza, ha sempre tantissimo da fare?
“Sì, in quanto oltre alle attività di cui ho raccontato mi occupo della casa in generale, dell’orto, preparo il pane, le salse e altro. Sono anche un grande appassionato di genealogia, per cui spendo svariato tempo nel fare ricerca, sia per ciò che riguarda la mia famiglia che quelle altrui”.

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