Fiume. Contanti o carte di credito: i ristoratori sono divisi

Scontrini fiscali, mancia, strumento per pagare. Il parere di Vedran Jakominić, presidente dell’Associazione degli esercenti del Quarnero e dell’Istria

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Fiume. Contanti o carte di credito: i ristoratori sono divisi
Cose che capitano quando i conti non tornano. Foto: LUCIO VIDOTTO

Ci sono diverse filosofie di vita e diversi approcci agli affari. Viaggiano insieme, ma qualche volta le loro vie si separano. Siamo in alta stagione, a metà estate, bar e ristoranti sono pieni anche a Fiume, che soltanto in tempi recenti ha scoperto la propria vocazione turistica. Sono cambiate tante cose e da pochissimo anche la moneta che usiamo, quella che ci ha portato prima di tutto rincari a catena. Rispetto allo scorso anno i turisti che arrivano da noi pagano in euro. Tra i ristoratori fiumani ne abbiamo scoperto alcuni che hanno eliminato completamente il denaro contante, passando direttamente dalla kuna al pagamento senza contante. Nella maggior parte dei casi, soprattutto lì dove si mangia, c’è la possibilità di pagare sia in contanti che con carte di credito. Ci sono anche dei bar e pub che accettano entrambe le forme di pagamento, anche se sono in maggioranza quelli che accettano esclusivamente contanti. Non a Fiume, ma in alcune località turistiche dove i ristoranti hanno un carattere stagionale, aperti soltanto d’estate, accettano solo moneta sonante, solo euro fruscianti. Siamo nel XXI secolo in cui una minima parte del movimento di denaro avviene con l’utilizzo del contante, secondo alcune fonti, meno dell’1 per cento.

Cos’è che porta un esercente a optare per l’una o l’altra variante, oppure adottarle entrambe? Lo scontrino fiscale non può essere eluso quando si paga con carta di credito, per cui un gestore malintenzionato non ha sbocchi per aggirare il fisco. Chi accetta solo contante, invece, questa possibilità la può avere, con più spazio di manovra per intascare anche quello che sarebbe destinato all’erario. Chi ha un grande giro d’affari e lavora esclusivamente con il contante, comprensibilmente, ha tra i visitatori anche gli ispettori della Direzione per le tasse e della Dogana, che hanno le medesime prerogative nella caccia ai furbetti.

La mancia
C’è un altro aspetto nuovo, presente ormai tutto l’anno, ma in particolare durante la stagione turistica. Ci riferiamo alla carenza di manodopera, dai cuochi ai camerieri. Ne arrivano sempre più dall’estero. Per il cameriere una delle componenti che lo motiva a svolgere questo lavoro, oltre alla paga ordinaria, è la mancia. Quando l’unica possibilità per pagare è la carta di credito, questa risorsa può venire meno se il cliente, in modi più o meno eleganti, elargisce la sua ricompensa per il buon servizio avuto. Il governo sta mettendo a punto una legge che consentirebbe di fiscalizzare anche la mancia che oggi, tecnicamente, è una specie di pagamento in nero.

L’opinione di un esperto
Certe cose si spiegano, altre lasciano spazio a varie interpretazioni. In ogni caso, ci siamo rivolti a Vedran Jakominić, noto ristoratore fiumano, che ha creato una catena di locali affidati ad altri in franchising, mantenendone uno e allo stesso tempo un birrificio artigianale. È stato tra i primi a introdurre il pagamento con carte di credito, anche per chi ha consumato soltanto un caffè. “Le carte di credito, indubbiamente, semplificano le cose, anche dall’aspetto della sicurezza. Se arriva l’ispettore – spiega Jakominić, presidente dell’Associazione dei ristoratori del Quarnero e dell’Istria –, ci possono essere delle differenze nella cassa tra quanto fiscalizzato e l’importo riscontrato in contanti. Ciò può succedere, semplicemente, per errore”. È capitato, non sappiamo se per errore o per altri motivi, ritrovandoci la porta del pub preferito sbarrata e sigillata.
“L’adozione delle carte di credito, comunque, presenta qualche scompenso. In primo luogo, non prevede la possibilità di includervi la mancia. Io, come gestore, privo il mio cameriere dell’opportunità di guadagnare quanto merita. Inoltre, le commissioni delle banche sono ancora piuttosto alte. Si prendono l’1,5 per cento al minimo, arrivando al 5 per cento. C’è l’IVA, la cui aliquota è tra le più alte in Europa e altri oneri come l’abbonamento all’HRT, allo ZAMP (Istituto per la tutela dei diritti d’autore), i certificati sanitari, oltre a tutto il resto, dalla bolletta della corrente elettrica a quella dell’acqua…. Quell’1,5 per cento, sommato a tutto il resto, può rappresentare un’uscita non indifferente. Infine, c’è tanta gente in Croazia che ha il conto bloccato e che non ha la possibilità di disporre di una carta di credito. Ce ne siamo resi conto direttamente”.
L’IVA come tale, alla fine, la paga l’utilizzatore finale, cioè noi contribuenti. “È vero, ma essendo così alta l’imposta, essa riduce la capacità d’acquisto e, a fine mese, gli resta poco per i nostri servizi”.

Vedran Jakominić.
Foto: Goran Stanzl/PIXSELL

Carenza di personale
L’eliminazione del contante non stimola l’occupazione in questo settore. “Proprio così. Ci si è messa di mezzo anche la pandemia, che ha fatto migrare molti lavoratori. In dieci anni – commenta Jakominić –, se ne sono andati altrove 400mila croati, importando allo stesso tempo 200mila e passa lavoratori per il settore edilizio e turistico. Sarebbe meglio che il nostro sistema fiscale consentisse di pagare i nostri lavoratori quanto meriterebbero”.
La mancia…c’è chi la lascia e c’è chi non la considera, a seconda, soprattutto, dal luogo di provenienza e dalla cultura da cui si arriva. Dalle nostre parti, arrotondare il conto a favore del cameriere è una prassi consolidata. “Per esperienza, posso dire che in media, chi paga con il contante, lascia il 5 per cento, chi paga con la carta di credito l’1 per cento. In questo senso, anche l’introduzione dell’euro ha fatto la sua parte. Si avverte che la disponibilità della nostra gente si è ridotta. Posso dichiarare che un cameriere di mancia oggi riceve la metà rispetto a prima”.
Per chi le carte di credito le esclude tassativamente non c’è il dubbio che possa andare a eludere il fisco? “Può essere, ma è anche vero che per loro c’è il rischio di diventare un bersaglio per gli ispettori. Alla fine, ognuno fa le proprie scelte”.

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