ANGOLI CITTADINI Mercato coperto in Belvedere, un piccolo capolavoro architettonico

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ANGOLI CITTADINI Mercato coperto in Belvedere, un piccolo capolavoro architettonico
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Del periodo tra le due guerre a Fiume, architettonicamente parlando, nonostante la presenza di tracce importanti, si conosce poco. All’epoca, in città, fu particolarmente attivo un gruppo di architetti e ingegneri edili appartenenti alla corrente del razionalismo italiano (laureatisi presso le Università di Budapest, Vienna, Milano, Padova e influenzati dalle idee del Bauhaus, del costruttivismo russo, del neoplasticismo olandese, del funzionalismo), i quali, trovando in essa terreno molto fertile, le diedero una fisionomia nuova e moderna. Tra questi vanno rilevati Raoul Puhali e Nereo Bacci, formatisi a Milano, Arrigo Comandini dalla Facoltà di Vienna, Bruno Angheben, Giulio Duimich e Yvone Clerici da quella di Budapest, nonché Giuseppe Poso, Ugo Lado ed Enea Perugini, che avevano completato gli studi a Padova. Quest’ultimo, nato nel 1903 nella cittadina di Volosca e venuto a mancare nel 1976, come molti altri, abbandonò il capoluogo quarnerino nel 1945, e finì la sua carriera a Venezia. Tra i suoi progetti più importanti ricorderemo la casa Gerbaz in Salita dell’Aquila (oggi scalinata Marko Rems), la costruzione delle Colonie infantili a Fiume, Villa Italia (l’odierno Ospedale pediatrico di Costabella), il Circolo rionale Borgomarina (oggi sede del Comitato di quartiere di Cantrida), la clinica psichiatrica all’interno dell’ospedale Santo Spirito a Fiume, la cappella accanto all’Istituto delle Sorelle di San Vincenzo de Paoli in Salita Natale Prandi (via Franjo Kresnik), l’inizio dell’edificazione del campo di calcio a Cantrida e il Mercato coperto di Belvedere, una palazzina piccola ma di grande effetto e valore per l’architettura quarnerina.

Nel saggio “Enea Perugini, Giulio Duimich e Yvone Clerici nell’architettura a Fiume tra le due guerre” (pubblicato nella rivista Quaderni, volume XXVI), Jasna Rotim Malvić riporta che, nel suddetto periodo, l’aspetto degli edifici pubblici dipendeva dalla loro funzione e dalle intenzioni del committente, cosicché da queste derivava il grado di libertà nel progettare i volumi e gli spazi. In tale senso, il primo incarico importante per Perugini fu il mercato in Belvedere, una delle opere più importanti del modernismo fiumano, la cui realizzazione, agli inizi del 1933, fu proposta al Comune dalla nota impresa edile Cementizia Fiumana Mareschi. L’idea venne approvata e lo stesso, giacché alcuni dei proprietari avevano ceduto senza indennizzo i loro terreni, concesse gratuitamente una particella edilizia di 260 m² per il mercato. La sua costruzione, iniziata il 15 marzo del 1933, durò all’incirca un anno e quattro mesi, cosicché venne inaugurato alla fine del 1934. L’impresa Mareschi aveva ottenuto in uso l’intero pianoterra con otto locali per negozi e due per la vendita del pesce, come pure il primo piano con due esercizi, i servizi sanitari, gli uffici e un’ampia terrazza, parzialmente coperta da una piccola tettoia, adibita alla vendita di frutta e verdura. Nel 1937 la ditta fece richiesta di acquisto del terreno al Comune, ma quest’ultimo non accettò e, un anno più tardi, la Mareschi ricopri tutto il terrazzamento con una pensilina.

Assoluta novità
Il lotto del mercato coperto di Belvedere si trova all’incrocio tra quelle che allora erano le vie Bardarini (Ruđer Bošković) e Buonarroti (via Tiziano), la principale arteria stradale del rione. A sud la stessa è chiusa da blocchi di case a cinque piani costruite nel periodo tra le due guerre, mentre a nord, da entrambi i lati, sono siti alcuni stabili in stile Art Nouveau, ricchi di fregi e decorazioni. In uno spazio, quindi, abbastanza ristretto, Perugini è riuscito a realizzare un piccolo capolavoro dell’architettura fiumana moderna, che segue la linea della laterale via Bardarini. “All’incrocio con la via principale la parte curva e leggermente elevata del fabbricato ammorbidisce l’angolo acuto, quindi la linea della struttura si allarga, quasi volesse entrare più profondamente nella via maestra, ma un angolo smussato la fa rientrare all’interno della linea stradale, mentre la facciata esterna continua a scorrere, per rientrare nuovamente a gradini nel corpo dell’edificio e unirsi con la casa vicina seguendo la direzione della via”, scrive Rotim Malvić, specificando che, sull’angolo arrotondato del primo piano si trova un balcone, il cui parapetto, formato da quattro sbarre di ferro diritte, abbraccia come un anello questa parte sporgente dello stesso, andando così a creare un collegamento dinamico tra pianoterra e primo piano. Questa connessione è evidente anche dalle tre grandi aperture al pianoterra che si ripetono a quello di sotto. Per ciò che concerne la pianta dell’edificio, ma anche l’insolita forma, a quell’epoca rappresentavano una novità assoluta: trattavasi di una struttura straordinariamente funzionale che soddisfava anche l’aspetto estetico, offrendo ogni volta una visione diversa dai punti d’osservazione nelle varie vie d’accesso. Sostiene infine la succitata autrice che, tra tutte le opere edificate a Fiume, Perugini abbia raggiunto l’apice della sua creatività proprio con la realizzazione di questo originale stabile il quale oggidì, purtroppo, per controversie relative alla sua proprietà, a eccezione di un vano adibito a punto vendita di generi alimentari, si presenta in uno stato di totale abbandono.

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