Schengen, una sensazione di libertà che fa capire cos’è l’Europa

Il capoluogo giuliano è ora una realtà al centro del Vecchio continente. La nuova collocazione geografica, peraltro, ha già da tempo favorito il rilancio dei porti dell’Alto Adriatico

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Schengen, una sensazione di libertà  che fa capire cos’è l’Europa
Niente più sbarre ai valichi di frontiera tra Croazia e Slovenia. Foto Davor Puklavec/PIXSELL

Cos’erano i confini prima della fine della Jugoslavia? Se lo è chiesto Mauro Manzin, uno dei relatori al convegno “La Croazia in area Schengen”, organizzato dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e dalla Comunità Croata di Trieste. “A un confine ci sono due sbarre e in mezzo la terra di nessuno. È evidente che se tu sei di là e io di qua, siamo inevitabilmente diversi”. Aver tolto il confine è stato il modo migliore per far comprendere alla gente che cosa sia l’Europa e quanto importante sia esservi dentro. È stato questo il filo conduttore di tutti gli intervenuti all’incontro, aperto dal presidente della Comunità Croata, Damir Murković, che ha voluto sottolineare come alla luce di queste novità non sia più utile definire Trieste porta d’oriente, perché la città semmai è adesso una realtà nel cuore dell’Europa, pensante e inquieta, che cerca di relazionarsi con il mondo che la circonda. È stato un processo lungo quello che ha portato la Croazia all’entrata nell’area Schengen, in un’Europa forte sul piano finanziario e culturale, che deve costruire ancora un’unità politica.

Roberto Dipiazza, Damir Murković e Piero Mauro Zanin. Foto Rossana Poletti

I muri non servono

”L’area di libera circolazione consente forti contaminazioni in tutti i settori. Certo – ha proseguito Murković – la Croazia ha un confine lungo da difendere, più di 1300 chilometri attraverso i quali passa un importante flusso migratorio, sulla cui accoglienza si deve ragionare assieme. I muri tirati su da alcuni Paesi non portano da nessuna parte”.
All’iniziativa hanno portato il loro saluto la Console croata, Davorka Šarić, e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, ha analizzato le difficoltà che ha davanti l’Unione europea, a causa della sua politica di allargamento e delle regole che persistono. “Si tratta di superare – ha affermato – il concetto di unanimità”.

Norme di convivenza comunitaria

Ha poi ricordato come Alpe Adria propugnata dalla Regione Friuli Venezia Giulia fosse già stato un approccio innovativo all’aggregazione europea tra popoli regionali identitari tra loro. Sul tema delle norme che regolamentano l’Unione europea è entrato nel vivo il prof. Georg Meyr, affermando che l’allargamento frettoloso dei primi anni 2000 fece disastri. “Si è andati ad ampliare il numero dei Paesi membri senza approvare norme di convivenza comunitaria. Non si vota a maggioranza. Non c’è un peso del voto? Malta ha 600mila abitanti, la Germania 85 milioni. La pregressa parità di rappresentanza è stata modificata con il Trattato di Lisbona del 2009, che ha permesso, se non di risolvere il problema, di salvare l’UE con nuove norme per mandare avanti il sistema, che aveva rischiato il tracollo”.

Basta con la claustrofobia

Tutti gli oratori si sono detti emozionati nell’aver attraversato il vecchio confine e non essere stati fermati per i controlli; è una sensazione di libertà che pesa nella percezione dell’Europa. “È un sentimento che tutti gli imprenditori condividono, ha affermato Francesco Parisi, uno dei massimi operatori di trasporti e logistica della Regione. Per l’interscambio delle merci non cambia nulla, ma la caduta dei confini e l’entrata della Croazia nell’eurozona testimoniano il completamento del processo di adesione. Per Trieste è un ulteriore passo di uscita dalla claustrofobia, vissuta nel ventesimo secolo. Nel decennio dal 2010 al 2019 le ragioni del crescente sviluppo del porto di Trieste, assieme a quelli di Fiume e Capodistria, sono da ricercare nella loro nuova collocazione geografica in Europa”.
Sono inoltre da registrare le preoccupazioni del sindacalista Michele Berti sul fronte del lavoro frontaliero e di tanta irregolarità che permangono. “Il mercato del lavoro va regolamentato per togliere aria a chi voglia fare il furbo; non si possono accettare fenomeni di concorrenza sleale, di lavoro nero, di perdita nel gettito Irpef, dei costi sociali dei lavoratori”.

Il presidente Piero Mauro Zanin (a destra) saluta Damir Murkovic, presidente della Comunità croata di Trieste. Foto Rossana Poletti

La CNI e il Censimento

Rosanna Turcinovich Giuricin ha posto poi l’accento su un altro argomento scottante, quello del Censimento, che ha determinato nella Comunità Nazionale Italiana in Croazia una dimensione psicologica di tensione. “C’è ancora la paura di essere perseguitati come italiani. Se la gente ha timori nell’esprimere la propria nazionalità, allora è importante capire che cosa c’è dietro, perché i risultati incidono tra l’altro sulla scuola, sulla sua efficienza e qualità. Lucio Toth disse a un’assemblea di dalmati: non possiamo tornare a Zara, però quando i ragazzi croati di Zara parleranno della nostra cultura come fosse la loro saremo tornati a casa”.

Per Fiume scambi più facili

Di come l’integrazione culturale sia avviata da tempo ha raccontato Ervin Dubrović, direttore del Museo civico di Fiume.
“Le mostre portate a Trieste indicavano che il nostro mondo condivide le stesse percezioni. Importante non dover scegliere un campo, ma sentirsi bene nelle molteplicità – ha ricordato Ervin Dubrović –; Per Fiume sono importanti sia Trieste che Graz e Schengen rappresenterà l’opportunità di più facili scambi con queste realtà”.

L’euro e la povertà

”L’euro rappresenta però ancora un punto interrogativo per le problematiche che potrà indurre – ha affermato dal canto suo Drago Kraljević, che fu Ambasciatore della Repubblica di Croazia a Roma dal 2000 al 2005. Meno di un terzo dei cittadini è convinto di questo passaggio e già si registrano aumenti taciti dei prezzi, in particolare dei generi alimentari. Circa 600 mila pensionati vivono oggi sull’orlo della povertà”.
“E in Europa si parla di aumento dei tassi di interesse, di nuove leggi sui fallimenti delle aziende. La Croazia ha adottato l’euro in questo momento così difficile”, ha concluso Drago Kraljević, con un punto interrogativo su questo argomento ancora molto controverso.

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