Odonimi. Žiža: «Incomprensibili le insistenze del Ministero»

Il deputato CNI si interroga sui motivi delle posizioni assunte da Levica e dai suoi esponenti verso le minoranze

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Odonimi. Žiža: «Incomprensibili  le insistenze del Ministero»
Felice Žiža. Foto Roni Brmalj

“Che cos’ha la Levica contro gli italiani e gli ungheresi?”: è questa la domanda che si pone Felice Žiža, deputato della minoranza nazionale italiana al Parlamento sloveno. Felice Žiža aveva parlato dell’argomento nei giorni scorsi, in occasione della ricorrenza di metà mandato, quando l’Agenzia di stampa slovena (STA) aveva chiesto ai capogruppo parlamentari un commento sull’andamento dei lavori. In quell’occasione il deputato aveva spiegato come, in virtù di rappresentante della Comunità Italiana, aveva ottimi rapporti sia con la coalizione di maggioranza che con i partiti d’opposizione, tranne che con la Levica, accennando ad alcuni motivi. In quest’occasione, Felice Žiža ha deciso di entrare più nel merito della questione, ponendo all’attenzione dell’opinione pubblica altri due casi.
“Nell’autunno scorso ci era arrivata una comunicazione da parte dell’Ispettorato del Ministero della Cultura in cui si diceva che le tabelle con gli odonimi storici poste nel centro di Capodistria si sarebbero dovute tradurre, altrimenti andavano rimosse. Le tabelle avevano già una dicitura trilingue italiano, sloveno e inglese, che indicava un “nekdanji/già/formerly” prima del nome ufficiale in uso un tempo e un’altra indicazione ‘imenovan/detto/named’ prima del nome d’uso popolare. L’Ispettorato del Ministero della Cultura, che è in quota Levica ed è diretto dal ministro Asta Vrečko – che è anche Coordinatore del partito Levica – esigeva però che si traducesse anche il nome. Pratiche di questo tipo ricordano i regimi totalitari del secolo scorso e sono intollerabili in democrazia. Il mio nome è Felice, è impensabile tradurlo in Srečko o Vesel e lo stesso vale per un Piazzale San Domenico”, ha spiegato il deputato della CNI, che ci ha poi raccontato tutte le tappe ovvero gli incontri avuti per cercare di far cambiare idea all’Ispettorato.
“Un primo passo avanti lo abbiamo fatto a febbraio, quando anche grazie all’aiuto del Governo, che ci è sempre stato molto vicino, ho organizzato un incontro al Ministero della Cultura a Lubiana, al quale ha partecipato anche il presidente della Commissione per i toponimi di Capodistria. La ministro non si è presentata all’incontro, mandando il segretario di Stato, al quale abbiamo spiegato che in democrazia è impensabile tradurre i nomi e che se si dovesse insistere su questa linea saremo costretti a fare ricorso in tutte le istanze, fino alla Corte europea. Anche in base alla risoluzione dell’ONU sui diritti fondamentali dell’uomo, ognuno ha il diritto di avere il proprio nome nella sua lingua”, ha spiegato Felice Žiža.
Il Ministero ha poi rinunciato all’idea di tradurre i nomi storici, ma come ci ha raccontato il rappresentante della Comunità Nazionale Italiana, ha deciso di insistere su un altro dettaglio, pretendendo che la parte scritta in sloveno sia più estesa e dia una migliore spiegazione di cosa sia e cosa rappresenti questa tabella. Quando si è apportato questo adattamento, aggiornando anche i testi in italiano e inglese, il Ministero ha chiesto però che la scritta nelle tre lingue, abbia le stesse dimensioni e gli stessi caratteri del nome storico della via o della piazza.
“Immaginatevi un qualsiasi documento personale, magari bilingue, dove le diciture ‘nome’, ‘cognome’, ‘luogo di nascita’ sono grandi tanto quanto lo stesso nome e cognome che identifica la persona. Sarebbe illeggibile e incomprensibile. Di norma c’è un rapporto di tre a uno fra quello che è il dato d’interesse e la descrizione di cosa quel termine stia ad indicare. Vale per qualunque documento personale come per le tabelle con gli odonimi storici. Il Ministero della Cultura però sembra non capire”, ha denunciato Felice Žiža.
Uno dei precedenti
Per far capire meglio come la Levica abbia ormai una tradizione nell’andare contro gli interessi della Comunità Nazionale Italiana, Felcie Žiža ha citato poi un altro esempio: la votazione per la modifica della Legge elettorale per il Seggio specifico, avvenuta nel 2020. “In Slovenia dal ‘91 al 2020 era in vigore il sistema Borda, che prevedeva che in caso di più candidati per il seggio specifico, gli elettori esprimessero l’ordine di preferenza. Nei casi con tre o più candidati, con il Borda, ogni elettore sceglieva chi fosse il suo preferito e gli scriveva accanto il numero uno, accanto al secondo il numero due e così via. Molte persone però si confondevano, perché pensavano che i numeri fossero i punti assegnati al candidato. Per questo, subito dopo le elezioni del 2018, mi sono adoperato per cambiare il sistema, con la proposta di passare ad un maggioritario a turno unico, come fanno tutti gli Stati d’Europa dove vengono eletti i rappresentanti delle minoranze. Questo è il sistema che usa anche la Croazia per eleggere il rappresentante della minoranza italiana ed è quindi particolarmente adatto anche considerando la volontà di unitarietà. Nel 2020 ho capito che il clima politico era favorevole e ho avanzato la proposta per la modifica di legge. Su 89 presenti in Parlamento 80 hanno votato a favore, gli otto deputati della Levica erano contrari”, ci ha spiegato Felice Žiža.
Il deputato della CNI si è espresso anche sul perché di questa scelta di votare contro. “C’entrano gli interessi personali di qualche singola persona. Loro, anziché usare il sistema più diffuso e unitario, volevano un maggioritario a doppio turno”, ha concluso Žiža, che si è detto determinato ad andare fino in fondo alla questione, mettendo in luce nelle prossime settimane tutta una lunga serie di situazioni nelle quali la Levica si è schierata apertamente contro gli interessi della Comunità Nazionale Italiana in Slovenia.

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