I medici di famiglia scendono in piazza

Sabato, 18 marzo, a Zagabria, la manifestazione di protesta SOS per la sanità. Abbiamo interpellato il medico connazionale Leonardo Bressan

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I medici di famiglia scendono in piazza
Il dott. Leonardo Bressan. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Sabato, 18 marzo, in piazza San Marco a Zagabria, con inizio alle 12.05, si svolgerà l’annunciata manifestazione di protesta dei medici di famiglia: SOS per la sanità. Viene sostenuta da cinque associazioni sanitarie: il Sindacato dei medici (HLS), l’Ordine dei medici (HLK), l’Associazione dei medici ospedalieri (HUBOL), il Coordinamento dei medici di famiglia (KoHOM) e l’Iniziativa dei giovani medici. Dopo fiumi di parole, riunioni con il ministro Beroš, qualche promessa non mantenuta, nulla è cambiato. Lo scopo della manifestazione è mettere in guardia il Ministero e il governo chiedendogli di risolvere al più presto le richieste presentate e accolte nell’agosto scorso, che finora non sono state prese in considerazione. Il medico connazionale dott. Leonardo Bressan è uno dei protagonisti della faccenda. Continua a ripetere ormai da anni che la situazione con i medici di famiglia è arrivata al limite della sopportazione. “Oggi è in programma un’ultima riunione della Task force, ovvero delle cinque organizzazione che sostengono la manifestazione per gli ultimi accordi prima di sabato. Non rinunceremo a scendere in piazza. Sembra che il ministro Beroš e il governo abbiano iniziato a capire che bisogna cambiare qualcosa se si vuole salvaguardare l’assistenza sanitaria primaria. Adesso, però, è giunto il momento di passare dalla parole ai fatti. Ci sono state troppe riunioni, troppe parole, troppe promesse non mantenute. Andare avanti in questo modo non ha più senso”, ha spiegato il dott. Bressan.

Ricorderemo che le richieste dei medici riguardano il livellamento dei coefficienti dei medici specialisti ospedalieri con quello dei medici di assistenza sanitaria primaria, come pure l’aumento del coefficiente degli specializzandi del 10 per cento; l’aumento della paga di base dei medici dal 30 al 50 per cento, nonché l’adeguamento del lavoro dei medici a tutti i livelli dell’assistenza sanitaria con le norme vigenti e l’abolizione dei contratti “schiavisti” per i medici specializzandi.
“Alcune di queste richieste possono essere attuate nell’immediato, fino alla fine di marzo. Pertanto non pensiamo di concedere molto tempo per realizzarle. Nel caso il Ministero e il governo decidessero di ignorarle, molto probabilmente il prossimo passo sarà l’organizzazione di uno sciopero a oltranza. Ciò significa che i medici lavorerebbero nel rispetto delle norme previste dall’Istituto nazionale di assistenza sanitaria (HZZO), ovvero visitando non più di 30-35 pazienti al giorno e mettendo gli altri 70 nella lista d’attesa. Infatti, in media i medici di famiglia visitano giornalmente un centinaio di pazienti, di cui 35-40 di persona, mentre per il rimanente si tratta di consulenze telefoniche, richieste di impegnative o ricette per i farmaci, che comunque rientrano nella categoria delle visite. Così facendo, le liste d’attesa diventerebbero ben presto un problema non indifferente”, ha concluso il dott. Bressan.

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