ETICA E SOCIETÀ Impegno per una memoria storica condivisa

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ETICA E SOCIETÀ Impegno per una memoria storica condivisa
Foto Željko Jerneić

Sono stato invitato a parlare a una tavola rotonda sul centenario dell’annessione di Fiume al Regno d’Italia. Non amo partecipare a eventi con tematiche simili, perché non sono uno storico. Trovo fastidiosa la presenza di voci incompetenti nei dibattiti pubblici e cerco di non contribuire al malcostume. Due motivi mi hanno condotto all’eccezione. Il primo è che l’organizzatore è stato il collega Marko Medved e il secondo l’intenzione che mi era stata indicata, quella di parlare del significato del fascismo oggi e non la ricostruzione di eventi. Non riassumo il mio, né gli altri interventi. È già stato fatto sul nostro quotidiano. Vorrei offrire delle precisazioni, dopo aver sottolineato il contributo del collega Medved. L’idea della necessità di un impegno per una memoria condivisa, purtroppo, ancora poco presente.

È stato discordante un intervento dal pubblico che ci rimproverava per non aver ricostruito nei dettagli i mali causati dal fascismo nel nostro territorio. In effetti, non li abbiamo trascurati, anche se l’orientamento in alcuni interventi è stato quello di analizzare pure il periodo successivo con le sue brutalità e negazioni delle libertà e dei diritti. Parlando del periodo prebellico, l’amica Melita Sciucca ha dichiarato che il ventennio rappresenta la parte più brutta della storia italiana. Io ho detto che il fascismo è stato non solo un ordinamento immorale, ma, come affermano altri, il crollo di ogni moralità. Il collega Aljoša Pužar ha affermato la necessità di valorizzare nella storiografia croata il contributo antifascista italiano. Il non aver udito anche questi pensieri suggerisce l’impressione che ciò che desiderava chi ha espresso l’obiezione è un’attenzione esclusiva dedicata ai mali del fascismo. Proprio quello che penso non si debba fare, oggi.

La memoria deve essere condivisa, per onestà scientifica, amore della verità e convivenza futura. Affinché possa esserlo è necessario abbracciare nell’analisi catene causali e consequenziali ampie. Si tratta di uno sforzo che devono fare tutti, se si vuole costruire il futuro impegnando le sinergie per il benessere, la pace e il rispetto dei diritti e delle libertà. Con tristezza, riesco a comprendere che non si possa operare per una memoria condivisa che abbracci tutte le vittime e tutti i mali, ad esempio, tra palestinesi e israeliani. Non si può farlo in una condizione di conflitto attuale. Penso si possa riuscire a comprendere una situazione simile tra croati e serbi, con una guerra molto recente e, in fondo, con le difficoltà nell’immaginare una condivisione di progetti con la Serbia di Aleksandar Vučić.

Lo troverei assurdo, invece, quando sono coinvolti due popoli e due Stati come l’Italia e la Croazia. Partner economici e stati amici nell’UE, alleati militari nella NATO, uniti da una moneta comune e da valori europei condivisi. L’invito, allora, è a tutte le persone responsabili di operare per una memoria condivisa, che non legga unilateralmente le sofferenze nella storia, ma in una continuità storica, da quelle prebelliche e negli anni della guerra, a quelle successive al conflitto mondiale. L’intenzione non è giustificare un male con un altro, ma capire che a un male segue un altro male e che il dolore può avere manifestazioni diverse, ma siamo tutti, esseri umani, uniti dalla capacità di subirlo. Soltanto uniti si costruisce la società dei diritti umani.

L’impegno per una memoria storica condivisa, in ogni contesto, rappresenta un interesse fondamentale soprattutto per le minoranze nazionali. È un loro interesse coltivare l’identificazione con i popoli d’origine e gli Stati che sono la casa primaria della loro cultura. Ma pure con i popoli maggioritari con i quali condividono i territori dove vivono. Diversamente, il rischio è la marginalizzazione negli spazi dove risiedono e un contatto soltanto selettivo e dettato dalle necessità politiche correnti con gli Stati d’origine. Gli esempi della capacità di abbracciare gli aspetti multidimensionali della storia esistono. Insegnamenti importanti arrivano in occasioni appropriate dal presidente Mattarella. In Germania, quando si parla delle sofferenze (post)belliche non si scorda la catena causale che le ha precedute. Tra gli esempi in Croazia scelgo quello del collega Medved, per ricordare che i progetti validi non partono necessariamente dai vertici statali, ma si possono costruire nella vita quotidiana.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

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