Branimir Glavaš condannato a 7 anni di carcere per crimini di guerra

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Branimir Glavaš condannato a 7 anni di carcere per crimini di guerra
Branimir Glavaš

L’ex parlamentare Branimir Glavaš, già presidente della Regione di Osijek e della Baranja, è stato riconosciuto colpevole e condannato con sentenza non passata in giudicato a sette anni di reclusione per i crimini di guerra commessi ai danni di alcuni civili serbi a Osijek nel 1991. È questo la sentenza emessa dal Tribunale regionale di Zagabria al termine della ripetizione dei processi denominati “Selotejp” (nastro adesivo) e “Garaža” (garage). Sono stati condannati al carcere anche gli altri imputati. Gordana Getoš Magdić, ex comandante dell’unità di sabotatori ed esploratori della Zona operativa di Osijek si è vista infliggere una condanna della durata di quattro anni. A tre anni di reclusione sono stati condannati i suoi due sottoposti Dino Kontič e Zdravko Dragić.
Durante la lettura della sentenza Glavaš ha abbandonato l’aula imprecando. Prima di farlo però si era rivolto al giudice Dražen Kevrić chiedendo e ottenendo il permesso di uscire dalla medesima. Glavaš ha poi ribadito l’opinione che il processo è una farsa motivata da ragioni politiche. Ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso. Alla domanda dei giornalisti se teme di finire di nuovo in cella, Glavaš ha risposto “non me ne frega una suola” (boli me džon).
Il presidente dell’SDP, Peđa Grbin, ha affermato che l’aver dovuto attendere 32 anni per arrivare a una sentenza rappresenta una sorta di sconfitta per la giustizia croata. “Sette anni per l’uccisione di una serie di persone? Non ho parole”, ha aggiunto il politico polese. Nikola Grmoja (Most) ha giudicato triste tutta la vicenda, lamentandosi per la durata del processo e per le possibili intromissioni della politica nella vicenda.
In occasione del primo processo, terminato nel 2009, Glavaš era stato condannato a otto anni di carcere, ma nel 2015 il verdetto era stato annullato dalla Corte suprema. A quel punto Glavaš aveva già scontato (in un penitenziario della Bosnia ed Erzegovina, dove si era trasferito per sua scelta) più di cinque anni della pena, maturando così il diritto alla scarcerazione anticipata.

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