Igor Budan. Tengo cuore italiano

Il 43.enne ex attaccante fiumano ha trascorso tutta la carriera nel Belpaese giocando ben 15 anni tra Serie A e Serie B. Oggi commercia vino e la Wine&Co a Fiume è diventata un punto di riferimento per intenditori

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Igor Budan. Tengo cuore italiano
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il Giro d’Italia non in sella a una bicicletta, ma correndo dietro a un pallone. Si potrebbe riassumere così la carriera calcistica del fiumano Igor Budan. Il 43.enne ex attaccante in 15 anni di carriera ha girato il Belpaese in lungo e in largo, dal nord al sud, da Venezia fino a Palermo, con tappe di vita importanti vissute a Bergamo, Parma, Ancona, Ascoli, Cesena e con uno sconfinamento in Svizzera, a Bellinzona. Esperienze che hanno forgiato il suo carattere, mai domo, ma che gli hanno permesso di conoscere usi, costumi e tradizione di un Paese che ora considera una seconda casa. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata sul ieri, oggi e domani nella “bottega del vino”, la Wine&Co, che gestisce assieme a due amici e partner a Fiume, di fronte al parcheggio in Delta. Non una rivendita classica, tanto meno uno spaccio, bensì una specie di “show room” e “guest house” per intenditori, non per bevitori. Un “tempio sacro” del vino e un’offerta di prim’ordine, con la lista che comprende eccellenze vitivinicole italiane e francesi, ma anche croate e slovene.

Ma come nasce questa passione per il nettare degli dei? “Semplice, tutta colpa dell’… Italia. Una volta conclusa la carriera mi sono chiesto ‘e ora, che faccio’? Ho tentato di restare nel mondo del calcio nel ruolo di dirigente, prima al Palermo e poi allo Spezia, ma non ero troppo convinto di questa scelta, di stare seduto a una scrivania. Per natura sono una persona molto dinamica, che non sta mai con le mani in mano. In poche parole non mi sentivo realizzato”. Così alcuni anni fa Igor Budan decise di intraprendere un nuovo percorso di vita, ovvero dedicarsi al commercio del vino. “Ero abituato a consumare vini italiani e una volta rientrato a Fiume mi sono reso conto che non ne avevo più l’opportunità. E così piano piano ho intrapreso questa nuova attività, ma ammetto che non è stato per nulla facile: ero disorganizzato e poi è arrivata anche la pandemia a complicare ulteriormente le cose. Ora con i due amici e partner tutto funziona alla meraviglia, anche perché uno è esperto di vendita e l’altro di logistica. Io, invece, ci metto i miei buoni uffici, diciamo che sono addetto al marketing… Diciamo che il pubblico ci ha riconosciuti e di questo sono molto orgoglioso”.
Sport e alcol non è che vadano troppo d’accordo… “È vero, però ho visto che dopo un’importante vittoria un certo LeBron James si è fumato un sigaro in santa pace, mentre numerosi calciatori, compiuta l’impresa sul campo, dicono che adesso vanno a festeggiare con un buon bicchiere di vino. Fino ai 23-24 anni non bevevo un goccio, poi durante la permanenza a Bergamo ho imparato ad apprezzare durante il pasto un buon bicchiere di vino, senza ovviamente esagerare. Diciamo che questa è una tradizione che in Italia si coltiva fin da… piccoli, è uno stile di vita, la voglia di vivere, bere e mangiare bene”.

«Non rimpiango nulla»
Cresciuto calcisticamente al Rijeka (“ho tantissimi e bellissimi ricordi delle giovanili, gli allenatori Radin, Šestan e Buketa svolgevano un grande lavoro in condizioni non proprio ideali), nel 1999 approda in Serie A con la maglia del Venezia, esperienza che Budan raccontava settimanalmente sul suo diario per il nostro quotidiano. “Era il mio sogno giocare in Italia e l’ho realizzato. Era il massimo per un ragazzo che giocava a calcio, da quelle parti c’erano già Boban, Stanić e altri calciatori croati, tra i quali anche i fiumani Smoje e Ban. Eppoi, la vicinanza con Fiume ha giovato eccome per un cambio di vita radicale. Ero al settimo cielo. Arrivai in una signora squadra, allenata da Luciano Spalletti (attuale commissario tecnico della nazionale azzurra, nda). Capii subito che era un grandissimo allenatore, con le idee chiare. Con lui imparai i giusti movimenti in attacco, il gioco senza palla. Nel reparto offensivo c’erano Ganz e Maniero, che mi aiutarono nell’inserimento”.

La Champions sfiorata
Una delle stagioni più esaltanti dal punto di vista professionale è stata quella del 2009-10 con la maglia del Palermo. Sotto la guida di Delio Rossi, la squadra tornò a centrare l’obiettivo europeo, battendo diversi record e mancando la qualificazione ai preliminari della Champions League per soli due punti di distacco dal quarto posto occupato dalla Sampdoria. “Avevamo riscritto la storia della società. In quella squadra c’erano fenomeni quali Cavani, Miccoli e Pastore. Dopo nove anni al nord era stato difficile scendere fino in Sicilia, ma quando ho fatto il percorso inverso mi è venuto da piangere. È stata un’esperienza unica e indimenticabile”.

Quelle ginocchia…
Igor Budan ha chiuso una carriera costellata da infortuni con 191 presenze e 44 reti in Serie A e 58 presenze e 16 reti in Serie B. “Ripensandoci, è stato tutto bello: alti e bassi, infortuni e guarigioni e nuovi infortuni, gol fatti e gol sbagliati, vittorie e sconfitte, ma soprattutto la stima nei miei confronti dei compagni di squadra. Ho subito otto operazioni al ginocchio, quattro al destro e altrettante al sinistro e nel 2010 ho deciso da dire basta”. Rimpianti? “I gol li ho sempre fatti, ma mi è mancata la continuità a causa dei troppi infortuni. Penso che per questo motivo ho perso 3-4 stagioni, ma soprattutto la possibilità di approdare in una big”.

Serie A, che equilibrio
Budan, un po’ a sorpresa, ammette di non seguire troppo nel dettaglio le vicende in Serie A, anche se ovviamente la sua è una considerazione che lascia il tempo che trova… “In Italia regna il massimo equilibrio e sarà un campionato aperto e incerto fino all’ultima giornata, indipendentemente da chi alla fine vincerà lo scudetto. È un pochino quello che succede anche in Croazia, dove non c’è più la Dinamo a dettare legge”.
Budan è tornato a casa nel 2018. “Sono molto legato all’Italia – racconta –, e non era facile tornare a casa, anche se mi viene da sorridere perché vivo a 60 chilometri dal confine”.

Una squadra da far girar la… testa
Igor Budan è soltanto l’ultimo di una lunga serie di ex calciatori e allenatori che, lasciato il manto erboso del campo da calcio, ha scelto di coltivare la sua grande passione: il vino. C’è che è passato al terreno brullo delle vigne dove vedono crescere le loro uve, mentre l’ex attaccante ha deciso di avvicinare il “grande vino” al pubblico.
Restando in… Italia, perché allargando i confini diventa impossibile citare tutti gli amanti del buon vino che hanno avuto a che fare con il pallone, tra coloro che hanno deciso di dedicarsi alla viticoltura e all’enologia si può comporre una squadra di calcio da far girar la… testa. Tra i nomi eccellenti ci sono allenatori come Luciano Spalletti e Alberto Malesani e calciatori come Andrea Pirlo, Damiano Tommasi. Un dream team nel segno di Bacco, tutto da scoprire.
Luciano Spalletti, da bravo toscano (è di Certaldo), conosce e apprezza il vino. Quando ha comprato la casa vacanze a Montaione trasformandola in agriturismo di lusso, ha colto subito la palla al balzo, vista la presenza della vigna, e ha deciso di produrre il suo rosso con uve Sangiovese e Merlot. Produzione annua 10mila bottiglie. L’avventura non si è fermata qui visto che ha aperto anche in centro a Firenze con due calciatori un ristorante che si chiama Osteria del Calcio-FFB.
Andrea Pirlo, ex centrocampista italiano tra i più talentuosi e con un palmares da brividi, aveva il futuro già segnato. Chiusa l’esperienza nel calcio è tornato a casa, alle porte di Brescia, dove da diversi anni si è dedicato alla produzione vitivinicola. Pratum Coller è un’azienda biologica. Ha all’attivo due rossi, un rosato e un bianco vinificato con Trebbiano di Lugana.
L’ex portiere della Juve, Gigi Buffon, si è immerso in una nuova avventura nel Salento in compagnia dell’imprenditore Fabio Cordella. Il nome Buffon compare su un Primitivo del Salento; la produzione annua si aggira sulle 30mila bottiglie. L’idea è stata dello stesso Cordella che ha pensato di creare la Selezione dei campioni con altre bottiglie che portano il nome di star del football e di coinvolgere il portierone.
Alberto Malesani, dopo pagine belle di calcio con il Parma a fine anni Novanta, dal 2015 si è dedicato all’azienda agricola La Giuva nel Veronese con la sua famiglia. I suoi vini puntano sul biologico e sono prodotti con le uve di vitigni autoctoni della zona.
Andrea Barzagli, dalla Juve alle bottiglie di vino. È socio di un’azienda agricola siciliana, Le Casematte. Ha scelto di tornare sull’isola che tanto aveva portato fortuna alla sua carriera di calciatore, per un vino che guarda lontano. L’azienda, che punta sul biologico, produce il Faro Doc, oltre a Rosematte, Peloro sia rosso che bianco.
Era già segnato anche il futuro di Damiano Tommasi, fuori dallo spogliatoio. L’ex centrocampista della Roma, originario della Valpolicella, ha scelto di tornare a casa per dedicarsi all’altra sua grande passione: il vino. Nella tenuta San Micheletto nascono 17, un Valpolicella Ripasso Doc e Anima Candida, Amarone Docg. Il primo è un omaggio al numero di maglia indossato negli anni della Roma, l’altro è il soprannome che gli aveva dato lo speaker dell’Olimpico Carlo Zampa.
Il difensore del Chievo, Alessandro Gamberini, è tra i giocatori che hanno scelto di investire i guadagni di una vita da calciatore nelle attività turistico-ricettive. Ha un’azienda a San Leolino, vicino Bucine, che si chiama Casariccio. Tre le etichette: il Casariccio, un Chianti Docg, l’Igt il Cinque (sangiovese, cabernet e merlot) che prende il nome dal numero di maglia di Gamberini al Chievo e il vino da tavola La Fonte.
Dario Dainelli è già nel settore della ristorazione, essendo in società con Spalletti e il collega Alberto Gilardino nell’Osteria del calcio-FFB a Firenze: un ristorante dove si mangia tra le memorabilia dei campioni del football. Qui è possibile assaggiare il suo Red, un sangiovese in purezza.

Il rapporto con Zamparini «Grande stima e fiducia»
La carriera di Igor Budan è legata davvero a doppio filo al presidente del Palermo, Maurizio Zamparini. Fra i due c’è stato sempre un rapporto che va al di là del calcio e del rapporto che ci può essere tra un presidente e un suo giocatore. In effetti l’imprenditore friulano scoprì quello che era ancora un ragazzino di grandi speranze ai tempi in cui era presidente del Venezia. Correva l’anno 1999 e Budan arrivò al Venezia (che allora militava in Serie A) proveniente dal Rijeka. Da allora la carriera calcistica dell’attaccante è stata piuttosto tormentata – anche a causa di alcuni infortuni pesanti – ma sempre contraddistinta dal legame con Zamparini, che se lo è portato dietro quando ha lasciato il Venezia per acquistare il Palermo. Il legame non è venuto meno nemmeno negli anni trascorsi altrove in prestito o in comproprietà, in particolare all’Atalanta o al Parma, le due squadre – oltre a Venezia e Palermo – nelle quali ha trascorso più tempo. Dal 2008 però Igor è tornato quasi definitivamente a Palermo, salvo una stagione in prestito al Cesena, chiudendo la carriera all’Atalanta.
“Si è parlato tanto del nostro rapporto paragonandolo come a quello tra un padre e un figlio, ma a mio avviso i media esageravano, perché essere il… figlio di Zamparini non sarebbe stato per nulla facile – racconta Igor Budan –. Il nostro è stato invece un rapporto complesso, durato una quindicina di anni, ma fatto di grande stima e fiducia. Il presidente è stato importante per la mia carriera. Aveva un grande cuore, ma pretendeva tanto”.
Il 6 agosto 2013, contestualmente alla rescissione del contratto da calciatore, Budan venne nominato team manager del Palermo, firmando un contratto quadriennale spalmando il vecchio ingaggio da calciatore. “Sono stato anche ammesso al corso per direttori sportivi, ottenendo successivamente la qualifica per svolgere questo ruolo”. Nel 2015 divenne anche diesse dello Spezio, dove c’era Damir Mišković.

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