Pola. Mercato centrale: 120 anni di storia tra alti e bassi (foto)

Correva il 1º aprile 1903 quando a Pola aprì alla cittadinanza quella meraviglia di padiglione commerciale che oggi divide un’area in due piazze: piazza del Popolo e piazza Primo maggio. Se ora l’ammirazione è plateale, inizialmente la struttura aveva suscitato più sdegno che approvazione

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Pola. Mercato centrale: 120 anni di storia tra alti e bassi (foto)
Foto: DARIA DEGHENGHI

Ancora una volta Pola festeggia il suo passato austriaco e a ragione. Quest’anno ricorrono i centovent’anni del suo singolare Zentralmarkt o Mercato centrale, oggi chiamato semplicemente mercato coperto per distinguerlo dal resto delle aree circostanti attrezzate per la vendita al dettaglio di frutta, ortaggi e fiori prive di copertura ad eccezione delle sole tettoie spioventi delle bancarelle in ferro o gli ombrelloni dei banchi in pietra. La Pola moderna deve le sue dimensioni e la sua fisionomia al fatto che gli asburgo decisero di farne il porto militare numero uno dell’Impero contro ogni probabilità (che infatti pendevano verso Trieste). Il fatto che sia venuta su nell’arco di mezzo secolo o poco più la dice lunga: a parte le sue aree abitative e commerciali suburbane, che corrono lungo la tangenziale, la città moderna ha preso la sua forma odierna a partire dalla costruzione dell’Arsenale nel 1856, cui seguirono, in ordine di tempo, l’impianto di produzione e la rete del gas, la ferrovia, il teatro, il bagno nel porto, l’acquedotto, il mercato centrale, il tram, il Marine casino, e tutti gli altri edifici ad uso civile dalle abitazioni signorili e popolari alle strutture sanitarie, dalle scuole elementari e secondarie, alla ricerca e alla scienza. In quest’occasione ci soffermiamo a parlare esclusivamente del padiglione del Mercato centrale o Markthalle, che compie appunto 120 anni.

Il murale ispirato ai frutti della terra. Foto Daria Deghenghi

Stile Liberty
Correva il primo di aprile del 1903 quando aprì alla cittadinanza quella meraviglia di padiglione commerciale che oggi divide un’area in due piazze: piazza del Popolo e piazza Primo maggio (all’epoca piazza Verdi). Meraviglia è un aggettivo da usare con cautela, d’accordo, possibilmente senza scadere nel campanilismo perché di meraviglie al mondo ce ne sono di spettacolari anche tralasciando le sette canoniche, sia tra i capolavori della natura che tra quelli edificati dall’uomo. Tuttavia, si dà il caso che il mercato centrale di Pola, aperto appunto nel 1903, sia un esempio modello di una tendenza artistica d’inizio Novecento che ha finito per fare scuola ed espandersi in tutto il mondo.

La pescheria è allo stesso posto da 120 anni. Foto Daria Deghenghi

Il suo focolaio di propagazione fu esattamente quella stessa Austria che rifondò Pola su basi urbanistiche moderne a partire dal suo nucleo medievale e prima ancora romano. A cavallo tra Ottocento e Novecento nacque infatti a Vienna un’associazione di arti e mestieri che prese il nome di “Secessione” in odor di rottura con la Belle Époque e la sua fede nel progresso, per cui gli artisti cominciano a rivendicare una libertà espressiva e un’autonomia dai canali di distribuzione tradizionali formalmente condensata nel motto “Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit” (All’epoca la sua arte, all’arte la sua libertà). Ne fecero parte i pittori Gustav Klimt ed Egon Schiele, gli architetti Otto Wagner e Joseph Maria Olbrich e altri.

Le due scalinate laterali di accesso al piano superiore. Foto Daria Deghenghi

Il movimento conobbe un’espansione eccezionale quasi istantanea mantenendo l’ispirazione originale e cambiando nome solo a seconda della nazione ricevente: l’“Art Nouveau”, lo “Stile Liberty” o “Jugendstil” si diffuse infatti in tutta l’Europa e negli Stati Uniti tra il 1890 e il 1910 facendo scuola sia nelle arti figurative, che in architettura e nelle arti applicate.

La copertura in ferro e vetro è un elemento distintivo dello stile Liberty. Foto Daria Deghenghi

Le opere in ferro dalle officine di Witkowitz
Inevitabilmente gli anni della Secessione viennese hanno influenzato Pola, ne hanno plasmato il volto e lasciato in retaggio ai posteri una miriade di opere militari e civili tra caserme, fortezze, edifici pubblici, infrastrutture, ville, caseggiati. Tra questi, la Markthalle si distingue per la sua bellezza e la sua funzione inalterata nei decenni. Diversamente da altre opere architettoniche che col tempo hanno esaurito la loro funzione militare o civica, cambiando uso e destinazione, il mercato coperto è rimasto tale e quale a com’è stato progettato e costruito, con minime differenze.

Le opere in muratura cominciano a mostrare segni di esaurimento. Foto Daria Deghenghi

Il piano della sua costruzione è stato concepito nell’autunno del 1901, quando all’amministrazione comunale venne presentato un progetto di massima dell’architetto viennese Leopold Nobis, che si era fatto un nome appunto grazie a strutture della medesima funzione: i mercati coperti. Il costruttore viennese Münz (del quale portano il nome anche le ville in via della Stazione ferroviaria) si offerse di eseguire l’opera al costo di 219.000 corone, facendo intendere che il prezzo finale, comprensivo di tutte le rifiniture e attrezzature, non avrebbe superato la spesa di 250.000 corone. E così avvenne che il Comune autorizzò e fece partire i lavori nel 1902 per arrivare all’apertura dello Zentralmarkt o Mercato centrale completo nell’aprile del 1903, esattamente 120 anni fa. Anche oggi la replica della targa al podestà e al costruttore viene esibita nella hall con scala mobile e recita: “Edificato dal Comune nel MCMIII – essendo podestà Lodovico Rizzi – ingegnere Jacopo Lodovico Münz – le opere in ferro – dalle officile di Witkowitz”.

La hall ha guadagnato una scala mobile nel 1997. Foto Daria Deghenghi

La ritennero sgradevole, se non orrenda
Le “opere in ferro” e in aggiunta le ampie vetrate che costituiscono l’ampia copertura ad arco sono l’elemento distintivo dell’opera e dello stile che a sua volta è uno dei monumenti distintivi della città. Ma se oggi l’ammirazione è plateale, inizialmente la costruzione aveva suscitato più sdegno che approvazione: per certi versi, la nostra Markthalle subì lo stesso sdegno che i parigini nel 1889 riservarono alla Torre Eiffel: la trovarono sgradevole se non orrenda, nel migliore dei casi inutile e nel peggiore malefica. Non vollero sentirne parlare nemmeno i commercianti del centro storico che perdevano il monopolio e guadagnavano concorrenza, ma neanche gli ortolani abituati a vendere dietro il Tempio d’augusto, sede del mercato e della pescheria da tempo immemore, come minimo dal Medioevo. La rivolta è stata plateale e il podestà Rizzi dovette trattare con una folla inferocita di pescivendoli e giungere a compromessi: la pescheria venne trasferita provvisoriamente nel cortile del Duomo, ma non anche nel Mercato coperto in attesa che le acque si placassero. Così Rizzi si sgravò dell’odore del pesce troppo pronunciato in prossimità della palazzina municipale e i pescivendoli sperimentarono per poco l’ebbrezza dell’illusione di averla avuta vinta contro un sindaco. Naturalmente la storia fa il suo corso prima che il popolo si degni di prenderne atto: poco alla volta il Mercato centrale ha finito per ricevere non soltanto il malodorante pesce fresco, ma anche la ghiacciaia e – al piano – frutta e verdura.

La fontana al centro della sala al piano. Foto Daria Deghenghi

Il primo restauro nel 1997
L’edificio è stato ristrutturato in maniera capillare nel 1997, con un restauro completo sia delle opere in muratura che di quelle in ferro, ma anche col rinnovo dei pavimenti, dei banchi, dei locali esterni, degli scompartimenti interni per i negozi, delle macellerie, dei bar, delle panetterie e delle rosticcerie. Oggi la disposizione delle attività commerciali è cambiata, perché i fruttivendoli e gli ortolani sono migrati all’aperto e come riparo dal sole non hanno che l’ombra degli ippocastani. Dentro, ovviamente, non c’è più la ghiacciaia, ma neanche il supermercato, chiuso definitivamente a cavallo tra anni Ottanta e Novanta. In compenso ci sono entrati i macellai con la carne, i rivenditori di pollame, pasta, formaggi e salumi.

La hall al centro è stata dotata di scala mobile, mentre al piano i ristoratori (bar e rosticcerie) hanno finito per prendere il sopravvento sul commercio. Disgraziatamente negli ultimi anni il mercato centrale condivide il destino di tutto il centro storico che risente della delocalizzazione del commercio e subisce lo spopolamento dei residenti in funzione delle locazioni turistiche. Un numero non indifferente di locali al piano è sempre senza gestore e l’aspetto lascia a desiderare. La società che gestisce i mercati civici è costantemente alla ricerca di nuove attività, ma l’interesse è scarso. La pandemia ha ulteriormente aggravato una tendenza di per sé negativa. Quest’anno sarà un altro anno di cambiamenti. Per la prima volta nella storia recente di Pola, la società che gestisce i mercati civici cesserà di esistere perché va a fondersi con altre tre municipalizzate (Castrum, Fratarski e Pula sport) per ragioni di semplificazione a razionalizzazione delle spese di amministrazione e contabilità, acquisti e vendite. La nuova supermunicipalizzata avrà sede al Palasport “Mate Parlov”, ma il personale “operativo” necessario al mantenimento dei mercati di piazza del Popolo rimarrà in via Smareglia.

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