Restituire alle vittime la dignità e alla storia la verità

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Restituire alle vittime la dignità e alla storia la verità

BRUXELLES | Tante storie per ricomporre la Storia, quella con la S maiuscola, per troppi decenni rimasta incompleta, nemmeno fosse possibile strappare alcune pagine da un libro e poi riprendere la lettura come se alcuni fatti non fossero mai avvenuti. Tante storie di persone che hanno vissuto i drammi del confine orientale riemerse per voce dei rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni ieri a Bruxelles, nella sede del Parlamento europeo.

Racconti e approfondimenti

L’occasione per proporle è stato l’evento fortemente voluto dall’europarlamentare Elisabetta Gardini (Forza Italia), capo della delegazione italiana in seno al PPE, sviluppatosi in due giornate attraverso gli appuntamenti iscritti nell’agenda dell’evento che ha visto dibattere sul tema “L’Europa e l’Alto Adriatico. Le istanze italiane a trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino” e l’inaugurazione della mostra “Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente”. Occasioni per raccontare l’esilio dei giuliani, fiumani e dalmati alla fine del secondo conflitto mondiale, ma anche per approfondire gli aspetti inerenti al quadro giuridico, che a 70 anni di distanza vede gli esuli ancora in attesa di numerose risposte, soprattutto per quanto attiene ai risarcimenti loro dovuti dallo Stato Italiano ai sensi dei trattati internazionali.

Numerosi interventi

Se n’è parlato ieri alla conferenza giuridico-culturale incentrata sui diritti degli esuli istriani, fiumani e dalmati tra normativa interna e vocazione comunitaria. All’incontro, moderato da Davide Rossi (Federesuli), sono intervenuti Kristjan Knez (presidente della Società di studi storici e geografici e vicepresidente della Comunità degli Italiani Giuseppe Tartini di Pirano), Giuseppe de Vergottini (presidente di Coordinamento adriatico, prof. emerito dell’Alma Mater dell’Università di Bologna), Donatella Oneto (giudice del Tribunale di Pavia), Davide Lo Presti (Università degli Studi di Verona) e Mattia Magrassi (Università degli Studi di Trento).

Un lavoro completo

Convinta che gli sviluppi di quest’iniziativa ci saranno nei prossimi anni si è detta Elisabetta Gardini, introducendo l’evento seguito in sala anche dall’europarlamentare croato Ivan Jakovčić. “Un lavoro così completo anche dal punto di vista storico non lo ricordo pur essendo all’Europarlamento dal 2008. Oggi credo i tempi siano maturi per restituire alle vittime la dignità e alla storia la verità. C’è però molto lavoro da fare per arrivare alla pace che è la premessa di una convivenza fruttuosa”, ha detto la Gardini, tornando a citare Giovanni Paolo II e il suo insegnamento secondo il quale non può esserci pace senza giustizia e perdono.

La dispersione della realtà

Nel dare la parola a Knez, Rossi ha ricordato che la cultura è il collante del confine orientale. Cultura rimasta in loco, ha detto Knez nonostante l’inclemenza della storia e la conseguente disgregazione e la dispersione della realtà italiana avvenuta in un contesto complesso, tratteggiato per sommi capi da Knez nel suo intervento dedicato ai percorsi storici. “La cultura – ha detto – è stata il cemento che ha consentito di mantenere vive le radici”. Ricordati anche il ruolo delle scuole, dei giornalisti, degli scrittori e delle realtà associative per il mantenimento dell’identità sul territorio d’insediamento storico.
Una tematica europea
De Vergottini, le cui radici sono a Parenzo, ha invitato a considerare le questioni oggetto del dibattito come inserite nel contesto nazionale ed europeo. “Le vicende del confine orientale riguardano tutti gli italiani e dunque gli europei”, ha detto facendo presente che esodo e foibe rientrano nel concetto dei crimini contro l’umanità. “È in questa prospettiva che andrebbero fatte le ricostruzioni”, ha sottolineato.

«Appannamento» della memoria

Sempre sul tema della negazione dell’identità nazionale nel secondo dopoguerra va considerato il nodo inerente alla violazione del principio di autodeterminazione, concetto già allora ben noto sul piano internazionale. “C’è stata soltanto la politica del più forte senza la considerazione della volontà popolare”, ha detto de Vergottini, facendo presente la mancanza di canali di comunicazione tra governo e associazioni espressione dell’esodo e il fenomeno dei trattati segreti, ma anche i legami tra la sinistra italiana e Belgrado e in generale l’atteggiamento “rinunciatario” della politica, che si era quasi “annichilita dopo il Trattato di pace”. Ne derivò un lungo periodo di “appannamento” della memoria superato soltanto di recente. Il punto di svolta ci fu nel 2004. Rimangono però dei buchi profondi”, ha spiegato citando l’atteggiamento in riguardo alla strage di Vergarolla, “mai esaminata dalla politica”. In chiusura, un riferimento al negazionismo che impone di riflettere su una situazione che è inaccettabile.

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