Preoccupazione per la riforma dell’editoria

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Preoccupazione per la riforma dell’editoria

È sempre più vicino il termine previsto per la presentazione ufficiale al Parlamento italiano della proposta di legge di Bilancio 2019. Il documento contenente tutti gli interventi previsti dal governo giallo-verde e indicante la qualificazione finanziaria degli stessi dovrà essere consegnato a Montecitorio e a Palazzo Madama entro il 20 ottobre e il termine ultimo per la sua approvazione definitiva alla Camera e in Senato scadrà il 31 dicembre. Ora, in questa fase di definizione, l’attenzione va principalmente ai temi “caldi” tra i quali spiccano la riforma fiscale, il reddito di cittadinanza e le modifiche alla legge Fornero che regola le pensioni. Un dibattito acceso continua però a tenere banco anche su un altro fronte, quello dell’editoria. Come annunciato già nei mesi scorsi, il Movimento 5 Stelle intende attuare una riforma richiesta sin dalla sua comparsa sulla scena politica, quella che prevede la cancellazione dei contributi alla stampa. Gli esponenti politici pentastellati lo hanno ripetuto in più occasioni. A riguardo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Informazione ed Editoria, nonché portavoce del M5S al Senato, Vito Crimi, ha avuto due audizioni a Montecitorio. “Vogliamo gradualmente far sparire il finanziamento pubblico, che non fa bene all’informazione”, aveva detto, tra l’altro, Vito Crimi relazionando, a inizio agosto davanti alla Commissione Cultura della Camera. Parole che avevano destato non poca preoccupazione anche nelle realtà che garantiscono il diritto all’informazione in lingua italiana all’estero, tra le quali figura anche il nostro quotidiano. Preoccupazione illustrata dai vertici dell’Unione Italiana nelle lettere inviate a Roma e indirizzate a componenti del governo e a parlamentari per chiedere di considerare le peculiarità della stampa italiana all’estero e di quella delle minoranze linguistiche in Italia.
Nei giorni scorsi il tema è stato ripreso in più occasioni dal leader politico del M5S, il vicepremier Luigi Di Maio. “Si deve tornare agli editori puri. Solo così si garantisce un’informazione libera e veritiera. Lo faremo con una legge, lo faremo chiedendo alle società partecipate di non fare pubblicità sui giornali e lo faremo eliminando i finanziamenti pubblici ai giornali, diretti e indiretti. Ci sono giornali che professano il liberismo più sfrenato e poi campano di finanziamenti pubblici. Non è ridicolo?”, ha dichiarato in un’intervista rilasciata al quotidiano digitale Affaritaliani.it. Secondo Di Maio la priorità è quella di creare le condizioni necessarie per “tornare agli editori puri”, ma “il minimo sindacale è che il lettore sappia chi possiede il giornale e tutti i conflitti di interesse”. Il vicepremier giunge ad ipotizzare la soluzione di indicare la proprietà dei giornali nella testata e confida ad Affaritaliani.it di “non leggere i giornali italiani, fanno solo propaganda”. “Un tempo i giornali rappresentavano uno spaccato dell’opinione pubblica, avevano dentro un po’ del sentimento popolare che si respirava nelle strade e nei bar”, oggi la situazione sarebbe diversa e “per tale ragione – sostiene Di Maio – perdono copie”.

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