Mario Toros, da operaio a ministro

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Mario Toros, da operaio a ministro

UDINE | È morto a Udine all’età di 95 anni, Mario Toros, sindacalista e politico. Originario di Pagnacco, era stato tra i fondatori della Cisl, parlamentare della Democrazia cristiana, prima deputato e poi senatore, per 29 anni, e ministro del Lavoro nel governo Moro al tempo del terremoto del 1976 in FVG. Per vent’anni (1982-2002) alla guida dei friulani nel mondo e riferimento della Prima Repubblica nella sua casa-museo di Feletto, presidente dell’UNAIE, faro per gli italiani nel mondo.

Dalla Resistenza a Tangentopoli

Chissà perché, a un incontro ufficiale in cui lo sentimmo pronunciare il suo discorso, venne spontaneo paragonarlo alla figura di Biagio Marin, imponente, con voce tonante, figli dello stesso spazio geografico, l’uno di mare e l’altro di terra, politico di rango il primo, letterato il secondo che colpiva “più della spada”, spigolosi per necessità, facevano del rispetto il loro segno distintivo. Grandi uomini di un territorio difficile, ma certo non privo di risorse, al quale hanno saputo dare a piene mani.
Toros aveva alle spalle un passato da operaio in fabbrica a 14 anni, quasi naturale il suo impegno nel sindacato, ma soprattutto attivo in prima persona “dalla Resistenza a Tangentopoli, non c’è stato avvenimento di rilievo che non lo abbia visto tra i protagonisti” raccontano i suoi collaboratori. Forse è destino dover guardare alle spalle per trarre degli insegnamenti. Così Toros, in un’intervista di Segalla nel 2002, che gli chiedeva “perché il Friuli oggi è sottorappresentato a Palazzo?”, Toros rispondeva “perché non c’è la classe politica di una volta (Piemonte, Cosattini, Fantoni, Gortani, Tessitori, Lorenzo Biasutti, Pellegrini, Pelizzo…), che sapeva farsi apprezzare anche a Roma”. Senza rendersi conto che lui sarebbe diventato per altri quell’esempio a cui guardare.

Sostanzialmente autodidatta

Nato a Pagnacco (il padre Francesco era gastaldo dei conti del Torso), il 9 dicembre 1922, ma trasferitosi subito con la famiglia a Feletto, difendeva sempre le sue origini contadine e la sua formazione (scuole professionali, Azione cattolica, Acli, Sindacati liberi) sostanzialmente da autodidatta. Appena quattordicenne era operaio alle Officine Bertoli, dove è rimasto per alcuni anni. 

Molteplici gli impegni politici

Primo impegno amministrativo nel dopoguerra: consigliere comunale all’opposizione a Tavagnacco e poi nella maggioranza a Manzano; primo impegno politico negli anni ‘50: consigliere e assessore nella “grande Provincia” (comprendeva ancora Pordenone) e nel ‘58 l’ingresso alla Camera, confermato nel ‘63 e nel ‘68. E poi il passaggio al Senato, dal ‘72 all’87 (in tutto sette legislature). Sottosegretario al lavoro con i Presidenti Rumor, Colombo e Andreotti e infine ministro: delle Regioni con Rumor e del Lavoro con Moro.

Il modello Friuli

“La sera del terremoto, 6 maggio 1976, a mezzanotte – raccontò in un’intervista – mi telefonò Cossiga (ministro dell’Interno), convocandomi per la mattina dopo a Palazzo Chigi, assieme al presidente Comelli (che era già in viaggio). Posso dire che già in quella storica riunione nacque il modello Friuli, ancora oggi giustamente esaltato. Facciamo un decreto per ricostruzione e sviluppo, propose Moro. E nacque l’idea del commissario straordinario e della valorizzazione dell’autonomia locale con un rapporto diretto tra Regione e Comuni, eliminando la burocrazia. E tutti i nostri rappresentanti hanno lavorato bene”.

L’avvio dell’Università

Anche l’Università, nata nel 1978, ha richiesto l’impegno unitario dei parlamentari friulani. Con Toros in prima fila, fin dalla costituzione della commissione dei 30, 15 deputati e 15 senatori, chiamata a dare un parere per il concreto avvio dell’Ateneo. Prima ancora di lasciare il Parlamento, Toros aveva rivolto il suo impegno al mondo, anzi al suo “Friuli nel mondo”, assumendo per oltre vent’anni, dal 1982 al 2003, la presidenza dell’ente degli emigranti, nato nel 1951. Ma si può dire che Toros ne abbia seguito la storia fin dall’istituzione, avendo fatto parte anche dei precedenti direttivi presieduti da Tessitori e da Ottavio Valerio. 

L’emigrazione è cambiata

Durante il suo ventennio di presidenza l’emigrazione è cambiata. “Quella storica, cosiddetta delle valigie di cartone, è finita. Oggi ingegneri, architetti, professori universitari – ricordava l’esponente politico friulano – vanno a lavorare all’estero per libera scelta, non più per necessità”.

Amate l’Italia

A cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 Toros fu chiamato a presiedere alla Fao, nel palazzo dell’Onu, per conto del governo italiano, la prima Conferenza mondiale degli italiani nel mondo. Parlando dell’Italia gli uscì una battuta piuttosto personale, che gli è rimasta cara e che citava spesso: “Amate quest’Italia – disse ai compatrioti sparsi nel mondo – credete in questa giovane democrazia dove è possibile che un operaio diventi ministro del lavoro!”.
Dopo aver lasciato l’impegno politico e associativo diretto, Mario Toros è stato presidente emerito di Friuli nel mondo e onorario dell’Unaie, l’Unione delle associazioni di immigranti ed emigranti, della quale era stato fondatore e primo presidente.

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