Fiume. Un’affascinante storia tutta da raccontare

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Fiume. Un’affascinante storia tutta da raccontare

FIUME | Nell’ambito del ricco calendario di eventi relativo ai festeggiamenti dei 300 anni dalla proclamazione del Porto franco, ieri l’Aula consiliare ha ospitato un congresso scientifico organizzato dall’Associazione Stato Libero di Fiume e del Museo civico, che ha visto l’intervento di 8 relatori. Ottima anche la risposta del pubblico che ha gremito la sala. Tanti curiosi non hanno infatti voluto perdere l’occasione di conoscere più da vicino la storia del porto e della città. Presenti all’appuntamento anche gli studenti del terzo anno dell’indirizzo turistico-alberghiero della SMSI, accompagnati dalla docente di geografia Linda Gajić. Il piatto forte di giornata è stata la copia originale di un regolamento risalente al 1725. Un documento di 20 pagine, che disciplinava i commerci e presentato in esclusiva da una delle relatrici, Ljubinka Toševa Karpowicz, la quale ha rivelato che il documento viene custodito nella chiesa ortodossa di Fiume ed è stato gentilmente concesso solamente per quest’occasione.

Ad aprire il convegno è stato l’architetto Nana Palinić con un’appassionante lezione sulla costruzione ed evoluzione architettonica del porto.

Editto di libera navigazione

“All’alba del XVIII secolo Fiume era un piccolo centro affacciato sul mare incastonato tra due… fuochi: da un lato il monopolio veneziano sull’Adriatico, dall’altro la sempre viva minaccia turca – racconta –. Quando nel 1717 Carlo VI emanò l’Editto di libera navigazione sull’Adriatico, Fiume stava per vivere l’inizio di una nuova era che culminò due anni più tardi con la proclamazione del Porto franco. Da lì in poi è iniziata una crescita esponenziale della città sotto il profilo economico, urbanistico, culturale e demografico, arrestatosi poi agli inizi dell’Ottocento sotto l’amministrazione francese, quando durante le guerre napoleoniche ci fu una sostanziale stagnazione del porto. Una volta tornata sotto l’egida degli Asburgo e in particolare dopo essere passata sotto la corona ungherese nel 1867, la città tornò nuovamente a crescere. A dare l’impulso decisivo fu la costruzione della ferrovia verso Vienna e Budapest, completata nel 1873, che collegò la città ai due centri della Monarchia”.

Porto disseminato di relitti

Un altro aspetto molto curioso riguarda le immersioni esplorative nel porto, presentato da Daina Glavočić. Dopo il bombardamento da parte degli Alleati nell’autunno del 1944, molte imbarcazioni vennero affondate. Nell’immediato dopoguerra questi relitti ostacolavano la normale navigazione e così alla società statale Brodospas venne assegnato il compito di rimuovere le navi che vi giacevano sul fondo. Il sub Karlo Baumann ebbe poi modo di effettuare una dettagliata mappatura dei fondali portuali dalla quale emerse come all’interno del porto erano immersi ben 26 relitti.

La rinuncia ai nazionalismi

Spazio infine anche alla scena politica nel periodo interbellico, esposta dal postdoc Ivan Jeličić. L’ex alunno della SMSI ha spiegato come dopo il crollo delle istituzioni ungheresi nel 1918, la città rifiutò di farsi inglobare all’interno degli stati-nazione per una mera questione economica. Infatti, la semplice annessione di un porto senza il suo entroterra avrebbe presentato due possibili scenari: o far emergere economicamente la periferia, oppure portare al collasso finanziario. Un rischio che la città non poteva permettersi di correre, ragion per cui Fiume fu una delle poche realtà che avevano rinunciato alle idee nazionaliste.
Le celebrazioni del 300º anniversario proseguono anche oggi. Stasera alle 18 l’Aula consiliare sarà teatro di un convegno nel corso del quale il conservatore e archivista Nenad Labus racconterà nel dettaglio alcuni retroscena poco noti che hanno portato l’imperatore Carlo VI a proclamare il Porto franco nel 1719.

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