Emergenza migratoria, è spaccatura tra il Presidente e il governo Plenković

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Emergenza migratoria, è spaccatura tra il Presidente e il governo Plenković

MALJEVAC | Ungheria, Austria e Repubblica ceca si defilano dal Patto globale sulle migrazioni che dovrebbe essere siglato il 10 e 11 dicembre prossimo a Marrakesh. Il timore diffuso è quello di alimentare il flusso di clandestini, anche se il Global Compact si prefigge ufficialmente di regolamentare l’immigrazione. La Croazia appare indecisa sul da farsi. Il Presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitarović ha annunciato di non avere intenzione di recarsi alla Conferenza che si terrà in Marocco. Il premier Andrej Plenković e il ministro degli Esteri Marija Pejčinović Burić hanno espresso sorpresa per la decisione del Capo dello Stato, rilevando che il Patto globale si limita a regolamentare le migrazioni legali e non a favorire quelle illegali.

Il dibattito che si sta sviluppando sul tema in Croazia è infuocato e ha preso lo spunto dalle ultime vicenda al confine bosniaco.
La Polizia croata, infatti, fatica sempre di più a fronteggiare l’emergenza migratoria, ovvero a controllare il lunghissimo confine con la Serbia e la Bosnia ed Erzegovina. Per tale motivo, su disposizione del governo, le forze dell’ordine hanno iniziato a porre ostacoli sulle strade e sui sentieri, al di fuori del valichi di frontiera, con l’intento di bloccare o perlomeno ridurre i passaggi illegali del confine. Le barriere verranno poste in tredici punti. Il grande dispiegamento di agenti nelle aree frontaliere finora non è riuscito a fermare del tutto i flussi migratori. Sono molto i profughi che vagano per i boschi della Lika e del Gorski kotar nel tentativo di raggiungere il territorio sloveno e spingersi più in là verso occidente. Per tale motivo molti si chiedono in queste regioni se sia forse il caso di ricorrere anche all’impopolare filo spinato pur di bloccare davvero il transito dei migranti.

Migranti nelle case di vacanza

S’infittiscono inoltre sempre più le notizie relative all’ingresso di migranti nelle case per le vacanze situate nell’area montana della Croazia, a iniziare dal Gorski kotar. Non si tratta ovviamente di tentativi di furto con scasso: semplicemente le persone disperate, braccate dalle forze dell’ordine, dopo aver varcato illegalmente la frontiera croato-bosniaca, cercano un rifugio dove trascorrere le notti e trovare magari qualcosa per rifocillarsi. In molte zone del Paese, incuneate tra il territorio bosniaco e quello sloveno ha iniziato a serpeggiare pertanto il malumore. Non mancano timori per un possibile inasprimento dell’emergenza migratoria,
Tutti questi fatti che si stanno accavallando in questi giorni hanno dunque portato prepotentemente all’ordine del giorno anche in Croazia il tema delle migrazioni, che finora era trattato quasi di sfuggita, come qualcosa di lontano che riguardava l’Europa occidentale. Invece la permeabilità dei confini bosniaci e serbi da un lato, unita alla volontà all’altro lato dei Paesi a ovest e settentrione, a iniziare da Slovenia e Austria, di chiudere ermeticamente le proprie frontiere hanno fatto balenare in Croazia il timore di poter diventare ben presto una specie di enorme hot spot per i profughi della rotta balcanica.

Braccio di ferro ai vertici dello Stato

Tutto questo si è riflettuto subito, come rilevato, sul dibattito politico, fino a investire le massime cariche dello Stato. A gettare il sasso nello stagno è stato il Presidente della Repubblica, Kolinda Grabar-Kitarović, che ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di recarsi il 10 e 11 dicembre a Marrakesh, in Marocco, dove dovrebbe essere confermato il Patto globale sulle migrazioni. Il premier Andrej Plenković e il ministro degli Esteri, Marija Pejčinović Burić, hanno lasciato intendere di essere rimasti sorpresi dalla decisione del Capo dello Stato che in precedenza era apparso intenzionato a partecipare alla Conferenza. Secondo il premier e il capo della diplomazia il Patto globale delle Nazioni Unite, o Global compact, si prefigge semplicemente di favorire la collaborazione tra i Paesi per quanto concerne le migrazioni regolari e non di incentivare quelle illegali. In altri termini con una migliore gestione del fenomeno migratorio si dovrebbe ridurre la pressione dei clandestini anche ai confini europei. Marija Pejčinović Burić ha puntualizzato inoltre che il Patto globale è un documento dal quale non scaturisce alcun obbligo d’accoglienza.
Immediata la reazione dal Pantovčak alla conferenza stampa di Marija Pejčinović Burić: dall’Ufficio del Presidente hanno fatto sapere di essere sconcertati per le dichiarazioni del ministro, in quanto “il dicastero degli Esteri era informato che il Capo dello Stato non sarebbe andato a Marrakesh”.
Ma le voci secondo le quali nella Dichiarazione di Marrakesh le migrazioni vengano trattate come una sorta di diritto umano hanno fatto suonare il campanello d’allarme anche in Croazia tra le file di quanti temono “un’invasione” di clandestini e ci conseguenza a lungo andare la “perdita dell’identità nazionale”. Nulla di nuovo rispetto al dibattito politico in corso nell’Europa occidentale. Ma sicuramente qualcosa di nuovo per Zagabria. Molti stanno già paragonando la rottura che si starebbe profilando tra le massime cariche dello Stato e nell’ambito del centrodestra al caso della Convenzione di Istanbul sulla lotta alla violenza contro la donne, la cui ratifica ha portato alla prima grande crisi in seno all’HDZ dell’era Plenković. Il premier ha negato che ci troviamo di fronte a una ripetizione di quanto visto nel caso della Convenzione della discordia. Fatto sta però che la questione migratoria ha messo in subbuglio il centrodestra e che anche nell’ambito della Chiesa cattolica croata, nella fattispecie della Caritas, sono emerse pubblicamente voci forti a favore dell’accoglienza di quanti fuggono dalla guerra e dalla miseria.
La sortita di Kolinda Grabar-Kitarović sembra voler posizionare la Croazia sulla rotta tracciata da Ungheria, Austria e Repubblica ceca che appaiono decise pure a disertare il vertice di Marrakesh e a non sostenere il Patto golobale sulle migrazioni. Una posizione quest’ultimo verso la quale propende pure la Polonia. Come dire il gruppo di Višegrad, più l’Austria. E forse la Croazia, seppure con posizioni più sfumate, nel caso il governo decidesse di non premere sull’acceleratore e di non andare al confronto aperto con il Capo dello Stato.

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