Duro confronto al Sabor sulla riforma pensionistica

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Duro confronto al Sabor sulla riforma pensionistica

ZAGABRIA | La riforma pensionistica è approdata al Sabor. L’onere di illustrare la manovra è spettato ieri al ministro del Lavoro e del Sistema previdenziale, Marko Pavić. Alla sua relazione sono seguiti numerosi interventi e oltre trenta repliche. Il confronto tra l’opposizione e la maggioranza è stato particolarmente aspro. In generale, la discussione è stata animata più del consueto. Alcuni parlamentari dell’opposizione hanno rinfacciato a Pavić di essere stato arrogante e di essersi presentato in Aula impreparato. A sua volta il ministro ha replicato alle critiche senza peli sulla lingua.

I punti chiave

La riforma pensionistica nei mesi scorsi ha suscitato numerose polemiche. I punti chiave della manovra contemplano l’accelerazione del processo d’innalzamento dell’età pensionabile. In base alla proposta, dal 2033 i lavoratori potrebbero maturare il diritto alla pensione piena soltanto dopo aver compiuto i 67 anni d’età. Inoltre, dal 2027, l’età minima per maturare il diritto alla pensione d’anzianità potrebbe aumentare da 60 a 61 anni. Attualmente, soltanto il 19 p.c. dei pensionati ha versato i contributi per almeno 35 anni d’anzianità. Di conseguenza, la riforma prevede misure volte a disincentivare il ritiro anticipato in pensione. Le penalità previste possono arrivare a decurtare fino al 20,4 p.c. l’ammontare delle quiescenze.

Il secondo pilastro

A suscitare perplessità e incognite è stata anche la soluzione alla quale si pensa di ricorrere per annullare le diseguaglianze tra vecchi e nuovi (futuri) pensionati. Uno scompenso dovuto al riconoscimento di un bonus del 27 p.c. ai vecchi pensionati. Un diritto che lo Stato, a causa della mancanza di risorse, non è in grado di estendere ai nuovi pensionati.
Pertanto anche alle persone nate dopo il 1962 verrebbe offerta la possibilità di scegliere se percepire la pensione spettante loro in base ai contributi versati nel primo e nel secondo pilastro previdenziale o se avvalersi del bonus. Nel secondo caso le persone nate dopo il 1962 sarebbero costrette a rinunciare, a beneficio dell’Erario, ai contributi versati nel secondo pilastro previdenziale. I contestatori sostengono che il vero obbiettivo del governo consista nel mettere le mani sui circa 90 miliardi di kune gestiti dai fondi che amministrano il secondo pilastro previdenziale.

Una riforma a lungo termine

“Nessun ministro s’imbarcherebbe volontariamente in quest’impresa se non fosse costretto”, ha confessato Pavić, presentando le modifiche alle norme che regolano l’assicurazione pensionistica, l’anzianità di servizio, la durata maggiorata e l’aggiunta alle quiescenze maturate sulla base della Legge sull’assicurazione previdenziale. Ha rilevato che l’intento del governo è di stabilizzare il sistema previdenziale, al fine di garantire un’equità di trattamento a tutte le generazioni di pensionati e assicurare quiescenze maggiori. “Gli effetti della riforma devono essere valutati a lungo termine. Le nostre previsioni si spingono fino al 2070”.

Gelosie politiche

L’opposizione ha contestato al governo di voler far passare in sordina il dibattito parlamentare legato alla riforma pensionistica. Per tale motivo avrebbe scelto intenzionalmente di portare la materia in Parlamento, mentre l’opinione pubblica e i mezzi d’informazione sono concentrati su altri temi, a iniziare dal processo di estradizione dell’ex presidente dell’Agrokor, Ivica Todorić e dalla sorte dei cantieri navali. I deputati Božo Petrov (Most), Gordan Maras (SDP) e Ivan Vilibor Sinčić (ŽZ) hanno definito dannose le misure messe a punto dai Banski dvori. Temono che la riforma pensionistica possa trasformare in massa i cittadini croati in casi sociali. Petrov ha detto di temere che la riforma finisca per affossare il secondo pilastro del sistema previdenziale. Una misura varata proprio nell’intento di garantire ai pensionati la possibilità di percepire in futuro reditti più dignitosi. Il ministro Pavić ha replicato a Petrov, imputandogli di essere geloso dei successi ottenuti dall’Esecutivo, e irritato dal fatto di non far più parte della coalizione di governo.

Fondi nazionalizzati

A Željko Jovanović (SDP), che si è fatto portavoce del malcontento dei sindacati, Pavić ha chiesto come mai i medesimi non avessero protestato quando a proporre l’aumento dell’età pensionistica a 67 anni era stato il suo partito. Mirando Mrsić (Democratici), ha chiesto a Pavić di spiegare dove siano stati attinti i soldi per produrre e mettere in onda gli spot pubblicitari sulla riforma e quanto siano costati i medesimi. Pavić gli ha replicato accusandolo di aver messo le mani in tasca ai cittadini, nella sua veste di ministro del Lavoro e del Sistema previdenziale (ruolo ricoperto da Mrsić dal 2011 al 2016), nazionalizzando 4,2 miliardi di kune di contributi versati nel secondo gradino previdenziale.

Pensioni partigiane

Paradossalmente, una delle domande più scomode poste a Pavić è stata quella formulata da Stevo Culej. Il deputato dell’HDZ ha chiesto al ministro se sarà effettuato un controllo delle pensioni partigiane. Non solo, ha chiesto pure se sia possibile procedere a una sorta di lustrazione delle pensioni che lo Stato versa ai poliziotti che hanno prestato servizio nella cosiddetta SAO Krajina e ai miliziani serbi che parteciparono all’aggressione contro la Croazia. “Nel 2001 il governo a guida SDP ha sfornato 6.000 nuove pensioni partigiane. In tal modo, anche il presidente dell’Unione dei combattenti antifascisti e degli antifascisti, Franjo Habulin, ha ottenuto la pensione partigiana, nonostante alla fine della Seconda guerra mondiale avesse appena 12 anni”, ha fatto presente Culej. La tesi espressa dal deputato HDZ in merito alla possibilità che il numero delle pensioni partigiane sia eccessivo, è stata contestata da Predrag Matić (SDP). L’ex ministro dei Difensori ha affermato che nel computo delle pensioni partigiane sono contemplati anche gli ex domobrani e gli appartenenti alle formazioni ustascia.

L’anno dei controlli

Pavić ha smentito la spiegazione fornita da Matić. Ha chiarito che in Croazia attualmente vengono corrisposte 13mila pensioni partigiane, 4.500 quiescenze destinate agli ex domobrani e 6.000 vitalizi destinati al personale dell’ex APJ. Pavić ha annunciato che l’anno prossimo sarà eseguita una verifica delle pensioni “speciali”. Ha assicurato che dietro ai controlli non si cela nessun secondo fine, bensì la volontà di trovare il modo di migliorare un sistema pensionistico basato su norme varate anche 70 anni or sono.

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