Croazia-Slovenia. «Tutti gli errori di Lubiana»

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Croazia-Slovenia. «Tutti gli errori di Lubiana»

Trieste. “Non compresi France Bučar quando si espresse contrariamente all’avvio di un arbitrato europeo sulla questione dei confini tra Slovenia e Croazia” ha esordito così Laris Gaiser, analista di primo piano dell’Accademia Diplomatica di Vienna, chiamato dall’Unione degli Istriani di Trieste a illustrare le sue argomentazioni in un incontro dal titolo “La disputa tra Lubiana e Zagabria per il golfo di Pirano”. “Poi nel 2017 quando la corte di arbitrato ha letto le sue decisioni ho cominciato a capirlo. Statista di grande spessore giuridico, Bučar aveva affinato la gestione diplomatica, sull’arbitrato tenne questa posizione: siamo due stati sovrani dobbiamo essere capaci di decidere da soli. A quel punto ho capito che la questione è in mano a incompetenti che giocano coi destini delle persone. Il 29 giugno 2017 la Slovenia ha perso diversi chilometri di territorio, 70 persone sono passate alla Croazia, che invece si è vista riconoscere tutte le sue aspettative. Nella parte marittima la Slovenia ha sbandierato come una grande vittoria l’ottenimento di una zona di accesso al mare internazionale, una falsità perché la sentenza della corte arbitrale dice che qualsiasi nave passa in quell’area sotto la giurisdizione croata” ha così proseguito Gaiser nella sua esposizione.

Ma dove sta l’incompetenza slovena nell’analisi dello studioso? Principalmente nella questione delle carte, della documentazione addotta a giustificazione delle sue tesi. “Bastava ricordare che nel 1918 l’ultimo imperatore austriaco Carlo I aveva firmato il proclama “Ai miei fedeli popoli” e lasciava mappe che delimitavano chiaramente il confine tra Slovenia e Croazia”, ha affermato Gaiser. Dov’è allora il problema nell’accordo di arbitrato? “Letta la sentenza, ho chiesto al mio paese che ci mettesse a conoscenza delle carte con cui si era presentato a questo importante giudizio. Ho capito che nessuno era andato a prendere gli atti relativi ai confini negli Archivi di Vienna, che lo stato austriaco aveva su richiesta messo a disposizione” ha confermato Gaiser. “Nei Balcani ci sono ancora tanti confini aperti, pericolosi, che aprono al nazionalismo dei governi locali, i quali possono far saltare per aria la situazione. Che due nazioni si sedessero ad un tavolo per risolvere le questioni aperte aveva una logica, ma fu un vero disastro. La prima reazione della Commissione europea è stata affermare che nessuno stato dei Balcani entra nell’Unione Europea se ha questioni di confine aperte”. Ci sono tante altre incongruenze e pericolose azioni del governo sloveno nell’affrontare l’arbitrato: la questione dell’High sea legata alla secessione della Slovenia dalla Yugoslavia, che l’arbitrato poi nega dicendo che non esistono in tutto il Mediterraneo gli “alti mari”, l’articolo 1139 nel quale si dice che il lodo va rispettato a meno che venga modificato da un accordo tra i due stati, una exit strategy degli arbitri che sapevano che le cose non sarebbero finite bene. La Slovenia è isolata nell’Unione europea, ha perso completamente le alleanze con i potenti, ha in compenso avviato ben 27 contatti con il Cremlino, neanche uno con gli Usa e Berlino, errori da principiante politico. Ma la questione più importante è che con la Croazia si viveva in pace. L’origine dell’inimicizia va ricercata nella decisione di non pagare i 365 milioni ai croati presenti nei conti correnti nel 1991 dalla Ljubljanska Banka. La retorica populista e nazionalistica sta facendo rompere tutti i rapporti di amicizia, si va verso uno scontro inevitabile. Ho più volte chiesto di fare chiarezza su questa questione, ma la carovana va avanti e “loro” sopravvivono”. Preceduta da un breve inquadramento storico di Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli Istriani, la conferenza apre comunque squarci sulla pericolosità delle azioni dei politici di oggi, dei rischi che la democrazia, la pace e la libertà stiano correndo anche in quell’Europa che a torto reputiamo al sicuro.

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