Croazia. C’è sempre meno tolleranza

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Croazia. C’è sempre meno tolleranza

Tre mesi fa, su richiesta del Parlamento europeo, l’“Eurobarometro” ha effettuato un sondaggio su un campione di 27.601 intervistati di 28 Stati membri dell’UE. Secondo i risultati di questa ricerca, quasi il 60% degli intervistati ritiene che l’adesione all’UE sia stata un fatto positivo. Dal 1983 questa è la percentuale più alta di sostegno all’Unione europea. Per molti, questi risultati sono stati una vera sorpresa. La maggior parte dei cittadini di 26 Stati dell’UE è soddisfatta della scelta fatta dal loro Paese di intraprendere il cammino comunitario. Il sostegno varia dall’85% (Lussemburgo), al 76% (Danimarca) fino alla Repubblica Ceca (46%) e alla Croazia (49%) (parere neutro). È interessante notare che anche gli intervistati rumeni (59%) considerano che l’ingresso del loro Paese nell’UE sia stato una buona scelta. Detto questo, diamo un’occhiata alla struttura individuale delle risposte. Alla domanda diretta se l’UE e il loro Paese stiano andando nella direzione giusta o sbagliata soltanto i lituani (53%) e i rumeni (52%) hanno risposto di ritenere che l’UE stia andando nella giusta direzione. Altri che hanno visto positivamente l’UE ritengono che questa non stia andando nella giusta direzione. Ad esempio, soltanto il 37% degli intervistati croati ritiene che l’Unione stia andando nella giusta direzione. Tuttavia, per quanto riguarda la politica nazionale, appena il 19% degli intervistati croati ritiene che il proprio Paese stia andando nella giusta direzione. L’opinione meno positiva sull’Unione europea l’hanno espressa i greci (15%), gli italiani (24%) e gli estoni (26%). Un’opinione negativa della propria politica nazionale l’hanno i greci, i croati, gli estoni e gli italiani. Nell’ultimo decennio, per la prima volta, ben il 48% degli intervistati ritiene che la propria voce sia importante per l’UE. Tale tendenza positiva è stata registrata dopo il 2016, quando i cittadini dell’Unione hanno compreso e accettato l’importanza del referendum nel Regno Unito meglio noto come Brexit. Per quanto riguarda le priorità, tra queste figurano la lotta contro il terrorismo, l’occupazione giovanile, la crescita dell’economia, la protezione dell’ambiente, la politica sociale, ecc.

Nuove forze populiste
Di questa ricerca dovrebbe essere particolarmente sottolineato un fatto: tra il 2013 e il 2018, nell’Unione europea sono emersi 70 nuovi partiti e alleanze politiche, alcuni dei quali hanno avuto un grande successo durante le tornate elettorali battendo i precedenti establishment. In media, ben il 50% degli intervistati dell’UE non considera i nuovi partiti politici un pericolo per la democrazia. Al contrario, pensano che siano in grado di offrire soluzioni migliori rispetto a quelle esistenti. Qui la Croazia si ritrova in prima posizione. Circa il 68% degli intervistati crede che i nuovi partiti e movimenti possano offrire soluzioni migliori di quelle attualmente offerte dalle forze politiche tradizionali. Allo stesso tempo, il 56% degli intervistati dell’UE ritiene che i nuovi gruppi e movimenti possano portare ai cambiamenti sperati. Tra questi, troviamo i cittadini di Paesi con il più alto livello di disoccupazione, come Croazia, Lettonia, Lituania, Slovacchia…. In maniera simile, guardano ai nuovi partiti e movimenti, gli intervistati di Ungheria (67%), Repubblica ceca (67%), Italia (65%), Lituania (65%) e così via.

La voce dei cittadini
Ma in Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Germania, Lussemburgo la maggioranza non la pensa così. Questo sondaggio ha anche chiarito le ragioni principali per cui molti cittadini non vogliono più partecipare alle elezioni. La maggior parte di loro (il 60%) crede che la loro voce “non serva a nulla e non porterà a cambiamenti”. Quindi, il 48% sottolinea di “non avere fiducia nel sistema politico esistente”. Il 43% “non è interessato alla politica” e così via.
Quando si tratta di problemi legati alla disoccupazione giovanile, questi sono una priorità per Cipro (77%), la Croazia (63%) e la Spagna (63%). È interessante scoprire cosa gli intervistati pensino del Parlamento europeo, l’unico organo dell’Unione europea che i cittadini eleggono direttamente. In media, solo il 35% degli intervistati ritiene importante il proprio voto per il Parlamento europeo. I migliori risultati (il voto conta e ha un peso) arrivano da Danimarca (77%), Malta (66%) e Olanda (66%). Quando si tratta di definire l’importanza delle elezioni per il Parlamento europeo, la situazione è la seguente: solo il 35% dei croati considera che la loro voce sia importante. I cechi sono all’ultimo posto con il 24% di voti positivi.

Democrazia zoppicante
Non la pensano così per esempio danesi (77%), maltesi (66%), olandesi (66%), irlandesi (64%), tedeschi (63%). I risultati di questo studio hanno inoltre dimostrato che il 42% degli intervistati non è soddisfatto di come funzioni la democrazia (con un calo del 7% rispetto al marzo 2017). In alcuni Paesi come Irlanda (74%), Danimarca (70%) e Lussemburgo (62%), la maggioranza è soddisfatta di come funziona la democrazia a livello di Unione europea. Ma in Grecia, solo il 29% degli intervistati la pensa allo stesso modo.
E quando si tratta del funzionamento della democrazia negli Stati nazionali, i più soddisfatti sono i danesi (91%), i lussemburghesi (85%) e gli olandesi (82%), mentre in Croazia tale percentuale si attesta al 41%, in Slovacchia al 35%, in Romania al 32% e in Grecia al 28%. Ciò che preoccupa, tuttavia, è il fatto che il 31% degli intervistati ha dichiarato che probabilmente non parteciperà alle prossime elezioni per il Parlamento europeo. In Croazia, il 35% del campione esaminato ritiene importante il proprio voto per il Parlamento europeo. Allo stesso tempo, a dominare questa classifica sono Danimarca (77%), Malta (66%) Germania (63%) e Irlanda (64%)… dove i loro cittadini sono del parere che la loro voce a livello dell’Unione sia importante.

Ritorno alla tradizione
Ma per capire meglio le risposte degli intervistati in Croazia nell’ambito di questo sondaggio, dobbiamo tenere presente quanto segue. Secondo i risultati di alcune ricerche sociologiche, è da tempo in corso il processo di omogeneizzazione valoriale (collegamento sulla base dell’autoritarismo politico) e di ritradizionalizzazione (l’opposto di modernizzazione) della società croata. Il prof. Županov a un certo punto ha concluso che “il cambiamento delle leadership politiche non incide profondamente sulle strutture e i processi sociali”. Ciò significa, in particolare, che la polarizzazione tra i singoli partiti politici è diminuita, poiché gradualmente riaffiorano l’autoritarismo e l’esclusivismo nazionale (esclusività, chiusura). Abbiamo una lenta tendenza a mescolare il liberalismo politico-economico e l’autoritarismo politico, il che non è affatto positivo per la prospettiva democratica della nostra società. In altre parole, la nostra società si sta gradualmente spostando in una direzione illiberale.

L’autoritarismo è di casa
“Possiamo dire che gli abitanti della Croazia sono piuttosto autoritari nei loro orientamenti di base. Questo autoritarismo individuale è relativamente stabile nel tempo, quindi indipendentemente dal fatto se lo percepiamo in base a una personalità o a un sentimento culturale, tende a non cambiare in maniera rilevante a prescindere dal cambiamento delle circostanze” (prof. Sekulić). Ciò significa che dalle nostre parti si affievolisce gradualmente la tolleranza verso chi la pensa diversamente, si rafforza l’aggressività, cala il supporto all’imprenditorialità – perché questa appartiene al sistema liberale, alla scienza, all’eccellenza e alle professionalità in genere. Probabilmente qui si nasconde parte della risposta sul perché la Croazia in questo sondaggio dell’Eurobarometro, sia nel 2018 al primo posto per quanto riguarda l’atteggiamento positivo verso i movimenti politici e i nuovi partiti politici (68%) e agli ultimi posti in quanto a fiducia nella politica nazionale (19%).

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