Chi sono i vincitori e chi i vinti?

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Chi sono i vincitori e chi i vinti?

Dopo che il Capo dello Stato italiano, Sergio Mattarella, si è rifiutato di accettare la proposta del presidente incaricato di nominare Paolo Savona alla carica di nuovo ministro dell’Economia, si è posta la domanda fondamentale: il Presidente italiano può veramente intervenire in tal modo nei confronti dei vincitori delle elezioni? Si è trattato forse di un segnale della fine della democrazia in Italia? Molti si sono chiesti: possono ora i neoliberisti (i reggitori dei mercati globali) festeggiare finalmente la loro vittoria definitiva sulla democrazia? Persino l’Associazione Giuristi Democratici ritiene che in quel momento il veto di Mattarella sia stato una grave sconfitta per la democrazia. Ma a prescindere da questi fatti e circostanze, sarebbe da ingenui sostenere che il Presidente italiano non sappia quali siano le sue prerogative costituzionali e le sua responsabilità come principale garante dei valori fondamentali della Costituzione italiana. Indipendentemente dal fatto che forse (?) le sue prerogative costituzionali non gli consentono di correggere in tale maniera la volontà della maggioranza degli elettori italiani alle ultime elezioni, egli sa molto bene cosa voglia dire difendere la Costituzione in un momento in cui l’Italia è membro a pieno titolo dell’Unione europea, della NATO e delle altre organizzazioni internazionali e quali siano gli obblighi e i diritti che derivano da questo contesto.

Tra popolo ed élite

Naturalmente, questo lo sanno bene anche i vincitori delle elezioni; Luigi Di Maio – “Movimento 5 Stelle” e Matteo Salvini – “Lega”, che nel frattempo hanno dovuto aggiustare molte cose nei loro programmi. Dopo il veto di Mattarella, Matteo Salvini ha puntare il dito contro di lui, dicendo tra le altre cose: “Le prossime elezioni saranno un referendum tra il vecchio e il nuovo, tra il popolo e i suoi diritti, la democrazia e le élite”. Nel caso si fosse arrivati a elezioni anticipate, la domanda è: in che cosa queste si sarebbero trasformate? Ma la questione fondamentale non è se l’attuale Presidente Sergio Mattarella sia il vincitore e se i vincitori delle elezioni Di Maio e Salvini siano gli sconfitti. La domanda chiave è: perché alla fine si è arrivati al compromesso, nonostante il fatto che il “controverso ministro” sia rimasto membro del governo? Si ha la sensazione che il Presidente italiano sia riuscito a convincere l’UE e i potentati del mondo finanziario – dando loro garanzie sufficienti che non devono preoccuparsi. È difficile credere che l’accordo sia stato raggiunto soltanto perché nel frattempo si è riscontrato che il Presidente italiano ha agito con coerenza in conformità con i suoi poteri costituzionali. L’impressione è che il compromesso sia stato raggiunto all’ultimo momento per qualche ragione ben più importante. E cioè, entrambe le parti hanno dovuto prendere atto della realtà, ovvero di cosa sia l’Italia realmente oggi: quale Stato. Perché i bene informati ripetono spesso: “La sovranità dei mercati globali ha definitivamente prevalso sulla sovranità nazionale”.

Il panfilo Britannia

A che cosa pensano esattamente?
Tutto in realtà ebbe inizio sullo yacht di lusso “Britannia” della Regina Elisabetta, che il 2 giugno 1992 gettò le ancore nel Mar Tirreno nei pressi di Civitavecchia. Quel giorno, i rappresentanti delle più potenti banche anglo-americane incontrarono personalità di spicco della politica e delle banche italiane (per lo più esponenti di sinistra e membri del “Gruppo Bilderberg”).
Senza conoscere quest’evento e tutto ciò che ne seguì, è impossibile capire le circostanze politiche odierne in questo Paese, comprese le circostanze che hanno avuto un impatto significativo sulla formazione di questo governo. Sullo yacht, i banchieri anglo-americani raggiunsero l’accordo con i principali politici italiani sull’andamento delle privatizzazioni in Italia. Alcuni media italiani hanno valutato quest’evento come il momento in cui “l’Italia è stata venduta alle banche internazionali”. Ad esempio, il “Corriere Nazionale” rileva: “Sul panfilo Brittania ebbe inizio la crisi dell’Italia. L’“Executive Intelligence Review” titola: “Documentazione riepilogativa sul complotto del Britannia”.” “Il Giornale” – “Il complotto del Britannia”… Uno dei più stretti collaboratori di Berlusconi, il ministro Renato Brunetta, in un dibattito politico nel 2009, rilevò, tra le altre cose: “Ve lo ricordate il Britannia? Il Britannia è una nave, appartenuta già alla casa reale inglese, che navigò davanti alle coste italiane… in cui si svolse un lungo seminario, durato un paio di giorni, in cui si trassero le linee della svendita delle aziende di stato italiane“.

Il piano americano

Di questo controverso evento parla anche
Michele Rallo, storico ed ex parlamentare, nel suo libro “La crociera del “Britannia”. Egli sostiene che dopo la morte di Aldo Moro, Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante, e dopo la liquidazione politica di Bettino Craxi e Giulio Andreotti, nessuno poteva più opporsi al piano americano in Italia…” .

“Il Quotidiano” invece sottolinea – “Crisi in Italia; tutto è iniziato sullo yacht Britannia nel 1992”. Da quanto accaduto in seguito con le privatizzazioni, ovvero dal 1992 ad oggi, è chiaro che in quel momento venne presa la decisione cruciale sulla privatizzazione del patrimonio statale più prezioso: SIP, poste, autostrade, ferrovie, ENI, Banca d’Italia ecc.

Svenduti i gioielli

Le conseguenze di quell’incontro sullo yacht britannico, furono tali da portare alla privatizzazione di quasi il 50% dei gioielli di famiglia” in un periodo di tempo relativamente breve. Non solo: questa privatizzazione coinvolse anche alcune grandi compagnie privateBuitoni, Locatelli, Negroni, Ferrarelle, Perugina, Galbani, Cirio Parmalat e altre. In quell’occasione anche la banca nazionale italiana, che fino ad allora era un simbolo della sovranità monetaria italiana, fu venduta agli stranieri.

Oggi, questa banca continua a portare il nome “nazionale”, ma in realtà è nelle mani di un gruppo di potenti e della Banca centrale europea.  Fu proprio su questo yacht – come scrivono alcuni media italiani – che molte persone influenti, principalmente dalla sinistra e dal centrosinistra (in seguito primi ministri), per la prima volta nella storia d’Italia, si inchinarono di fronte alle banche straniere (potentati), svendendo la sovranità nazionale, calpestando la democrazia e infliggendo un duro colpo agli imprenditori italiani. 

Mani pulite

Anche Rino Formica – a lungo ministro italiano e parlamentare – in un’intervista televisiva (Dailymotion) del 2013, ha dichiarato che nel 1992 sullo yacht britannico “la politica italiana accettò definitivamente di avere un ruolo subordinato nei confronti dell’economia e dei potentati finanziari.
La privatizzazione di maggiori dimensioni si verificò proprio quando il centrosinistra era al potere. All’epoca (1997-2000) venne raggiunto il record europeo per quanto riguarda le privatizzazioni. Parallelamente con quest’evento, e non si trattò di una semplice coincidenza, scoppiò lo scandalo
“Tangentopoli” con l’operazione anticorruzione della procura italiana Mani pulite, che fece scomparire praticamente dalla scena politica i democristiani e i socialisti. Era la fine della Prima Repubblica. Tuttavia, va ricordato che gli accusati di corruzione – i leader dell’allora establishment della Prima Repubblica – non erano disposti ad accettare i dettami dei banchieri mondiali.

Sovranità limitata

Quando iniziò l’uragano anticorruzione Mani pulite, questo non interessò i corrotti di sinistra, anche se i loro partiti erano profondamente coinvolti in vari scandali di corruzione. Perché? A quanto pare all’ombra di Mani pulite, venne preparata in parallelo una nuova élite, pronta a sedersi allo stesso tavolo con i più potenti banchieri anglo-americani. Chiunque oggi in Italia rifletta seriamente sulla politica, e tra questi ci sono senza dubbio il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e Luigi Di Maio e Matteo Salvini – i leader dei partiti politici che alle elezioni hanno raccolto il 60% dei voti degli elettori italiani – sanno molto bene che l’Italia è oggi un Paese a sovranità limitata. Pertanto, ogni ministro del governo, indipendentemente dalla sua appartenenza partitica, presta un giuramento con il quale si obbliga a rispettare e difendere l’ordinamento costituzionale esistente, che è allo stesso tempo parte integrante dell’ordinamento UE. E qui rientra anche il rispetto dei ruoli, della Troika, della Corte europea, della Commissione europea, delle altre istituzioni dell’UE, degli accordi vigenti, della competenza esclusiva dell’Unione europea e così via. Inoltre, a prescindere da chi sia al potere, se non ne è a conoscenza, dev’essere informato sul ruolo effettivo e sul potere esercitato nell’economia e nella politica italiana dalle banche leader a livello mondiale, dall’FMI, dalla Banca Mondiale e dalle multinazionali. E di tutto quello che questi potentati possono fare se qualcuno osa mettersi loro di traverso. Questo potere, con pesanti conseguenze per l’economia, i cittadini e la politica italiana, lo hanno già dimostrato una volta. Ora il Presidente italiano può tirare un sospiro di sollievo, ma i vincitori delle elezioni si troveranno adesso di fronte a una grande sfida, visto che la maggioranza (il 60 p.c.) dei cittadini italiani che li hanno votati, desidera un cambiamento dell’attuale establishment.

Autonomia decisionale

La situazione si è temporaneamente “normalizzata”, in attesa delle prime riforme. In quest’ambito non dobbiamo dimenticare che Di Maio e Salvini hanno ricevuto dai loro elettori il mandato per tagliare i ponti con il passato. I potentati e le influenti lobby politiche impediranno loro di muoversi in questa direzione? Al momento è difficile prevedere come funzionerà il nuovo governo. Per quanto concerne gli affari esteri, questo settore lo guideranno coloro che possono comunicare normalmente con l’UE (esteri, economia, difesa…).
Pertanto i principali cambiamenti, se effettivamente avranno luogo, si attendono principalmente sul piano interno (affari interni, immigrazione, sicurezza nazionale, sviluppo economico), per il quale sono direttamente responsabili Salvini e Di Maio. In questo contesto si pone un altro interrogativo importante: nel governo ci sono molti professori privi di esperienza partitica/politica. Come si porranno Di Maio e Salvini nei loro confronti nel caso in cui non fossero sufficientemente “ubbidienti” o volessero magari avere “troppa” autonomia decisionale?

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