ROBE DE MATTEONI Perdere col sorriso

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ROBE DE MATTEONI Perdere col sorriso

Per la 16ª volta la Dinamo ha vinto la Coppa nazionale. Onore ai blu di Maksimir, che dal 2006 dominano il calcio croato, a parte il black-out quando quattro anni fa Matjaž Kek portò il Rijeka a quello storico titolo. La Dinamo non solo non ha rivali in campionato, ma da qualche anno a questa parte sta facendo pure grandi cose in Europa. Tanto di cappello a Damir Krznar, che si è dimostrato anche una persona rispettosa, a giudicare dai complimenti rivolti all’Istra 1961 prima della finalissima.
Dinamo-Istra è stata un inno al calcio di vecchio stampo, quando anche l’underdog di turno poteva sgambettare la favorita. Dopo i primi 45′, con il tabellone che segnava 3-0 per gli zagabresi, dai commenti in tv e da quelli sui social si percepiva non soltanto un certo fastidio per una partita a senso unico, ma pure verso i polesi. Come se i gialloverdi fossero colpevoli di valere 15 volte meno di una squadra che invece riunisce i migliori talenti del Paese e dintorni, che gioca alla pari con squadre del calibro del Tottenham e che sforna tanti giocatori per varie nazionali. Questa generazione della Dinamo è una delle più talentuose in assoluto.
Durante l’intervallo tutti coloro che vogliono bene all’Istra temevano una debacle di proporzioni bibliche. Nel secondo tempo però, dagli spogliatoi è uscita un’altra squadra. Diversa nell’approccio, nell’atteggiamento, nella tattica. Più coraggiosa e per nulla intimorita nonostante il fardello di un pesante 3-0. Nel primo tempo la Dinamo aveva segnato due gol in meno di dieci minuti, l’Istra ha fatto lo stesso nel secondo trascinata dal “totem” Taichi Hara. Una gara che pareva già segnata si è improvvisamente infiammata. Ero tuttavia certo che i ragazzi di Jumić non potessero ribaltarla. Ma non per demeriti propri. Semplicemente perché la Dinamo è di un’altra categoria. Nonostante ciò, gli istriani hanno compiuto due piccoli miracoli: prima per il 3-2 e poi per il 4-3. E ci è mancato un pelo per firmarne pure un terzo, ovvero il 4-4. Non perché Gržan avesse calciato male quella sventola dai 20 metri, bensì perché Zagorac è stato provvidenziale, facendosi perdonare il rigore regalato per un ingenuo fallo su Ivančić. Anche se era chiaro a tutti che la rimonta fosse improbabile (per non dire impossibile), l’Istra ci ha messo l’orgoglio e nel suo piccolo ha fatto una cosa grandiosa, riuscendo a mettere i brividi a un avversario che in confronto sembra un’astronave. Uno squadrone che però non ha sottovalutato l’avversario, scendendo in campo con tutti i titolari, dimostrando così grande rispetto. Non posso negare di essere rimasto molto colpito dalla prova dei polesi nella ripresa. Con tutti i fattori contro, la squadra ha saputo tirare fuori gli attributi e grande carattere. OK, ha perso incassando sei gol, ma avuto il merito di non mollare mai. Perdere non fa mai piacere, men che meno in una finale, ma per quello che si è visto in campo, l’Istra è tornata da Velika Gorica a testa alta e con la soddisfazione di aver saputo gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Ma la vera finale è quella che si giocherà sabato 22 maggio al Gradski vrt. Contro l’Osijek i polesi non possono permettersi di fare calcoli: devono vincere. Saranno 90′ di passione. Per tutti: giocatori, addetti ai lavori, tifosi. Però la reazione nel secondo tempo con la Dinamo fa ben sperare. Un’iniezione di fiducia è ciò di cui la squadra ha bisogno, anche per conquistare i favori della Dea bendata. Purtroppo però mancherà Taichi Hara. Il secondo centravanti dopo Mierez che tanti vorrebbero vedere nella propria rosa. E la Dinamo si è già fatta avanti per portarlo al Maksimir. Ovviamente gli zagabresi non sono gli unici e di offerte ce ne sono pure dall’estero. Si vocifera però che la proprietà non voglia cederlo subito, bensì lasciarlo a Pola per un altro anno e poi farci una fortuna. A patto di retrocedere, ovviamente. Domani la sua assenza si farà sentire, ma a Velika Gorica la squadra ha dimostrato di avere coraggio da vendere. L’Osijek è avvisato…

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