ROBE DE MATTEONI Ma quanto è bello il calcio

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ROBE DE MATTEONI Ma quanto è bello il calcio

Il calcio è bellissimo. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Sono uno di quelli che simpatizza il Milan dal giorno in cui vidi Gianni Rivera in maglia rossonera. Tempi della… preistoria, direbbe qualcuno. Quando giovedì ho fatto gli auguri sinceri di buon compleanno a Gonzalo Garcia pensavo dov’ero e cosa pensavo 39 anni fa. Più o meno ero agli inizi della mia carriera giornalistica professionale. La prima considerazione che feci il giorno della firma al mio contratto con le SN, nella redazione polese, era semplice: sarà bello scrivere di calcio. Oggi sono dello stesso parere, anche se nel calcio, e nel corso della mia carriera, ne ho visto davvero di tutti i colori. Per esempio gli interisti dovrebbero essere degli acerrimi rivali, considerazione che, tradotta nel folclore del calcio, vuol dire che dovresti godere quando perdono. Il calcio per me è invece un’altra cosa. Mi spiego.
Mercoledì sera ho seguito la partita tra Barcellona e Inter. Dopo il primo tempo i catalani erano in vantaggio, dominavamo e per i nerazzurri si prospettava una brutta serata. Onestamente, mi dispiaceva per come si stava sviluppando la partita dato che, da amante del calcio e della buona fede in questo stupendo sport, quelli del Barcellona, in primo luogo il mitico 6 e oggi allenatore, Xavi Fernandez, mi irritavano parecchio. Hanno perso a Milano la settimana scorsa e hanno gridato allo scandalo per i torti arbitrali. Prima del ritorno hanno pianto su tutti i media, parlando di una sorta di complotto contro il Barcellona, dei poteri degli italiani nelle istituzioni arbitrali dell’UEFA. Vittimismo allo stato puro, condito con la vecchia storia del catenaccio interista, dell’autobus parcheggiato in difesa, della decadenza offensiva. Leggendo le “tesi” di Xavi, pensai che da calciatore era un campione. Non si fa così, caro Xavi, con la mancanza di obiettività cerchi di mascherare le proprie debolezze. Il gioco del Barça ha parecchi problemi, soprattutto in difesa.
Ammetto che ho goduto nel secondo tempo. Una squadra era moderna, aggressiva e “verticale”, mentre l’altra impacciata, confusionaria in difesa e senza idee in attacco. Il destino del calcio, dice Xavi, è crudele con il Barcellona, ma a mio avviso è stato leale con il gioco inteso come tale. L’Inter ha meritato il pareggio, praticamente una vittoria nel contesto del passaggio del turno. Dall’altra parte una catastrofe per il Barcellona, sportiva e finanziaria. Il rispetto nel calcio è essenziale. Per il lavoro, gli avversari, gli arbitri, il calcio e in fin dei conti anche per sé stessi. Quando uno s’immerge in cose che non gli competono ha imboccato la strada della sconfitta.
L’Osijek di Nenad Bjelica era arrivato a Pola il 6 agosto scorso con l’ambizione di far “quadrare i conti” in campionato. Per gli slavoni la vittoria era l’unico esito logico. L’Istra, dopo tre sconfitte di fila, era ultimo. Ma Gonzalo Garcia, dopo aver perso al Maksimir, mi disse che aveva visto finalmente dei progressi che facevano ben sperare. Infatti nella partita seguente, contro l’Osijek arrivò la vittoria. Gol di Bakrar nel recupero e grande festa sugli spalti. Bjelica, dopo tante polemiche generate dalle sparate contro il sistema calcio, società quali Dinamo e Rijeka, la classe arbitrale, i giornalisti e anche i suoi dirigenti, si era ritrovato solo: non aveva più nessuno dalla sua parte. Neanche i giocatori, stanchi dei suoi metodi, del gioco poco spettacolare e delle idee su come dovrebbe funzionare il club. Dopo cinque turni – tre sconfitte e due pareggi – l’Osijek ha vinto contro l’Hajduk. Subito dopo la dirigenza ha licenziato Bjelica. Difficile capire le dinamiche dell’accaduto, ma non è stata una sorpresa. Come d’altronde la marcia vincente con Rene Poms, da anni assistente di Bjelica, che aveva preso le redini della squadra da classico traghettatore. Dopo il pareggio interno nella prima uscita contro lo Šibenik la squadra ha iniziato a carburare: 4 vittorie di fila, 12 gol segnati e uno subito. Bjelica è un buon allenatore, ma si è convinto di essere il salvatore della Patria perdendo energie in battaglie calcistico-politiche invece di concentrarsi sul lavoro di allenatore.
A Osijek per l’Istra sarà un’impresa fermare l’undici del tecnico austriaco. Ferma da due settimane a causa del rinvio con la Dinamo, la squadra di Garcia è un’incognita. Non si sa ancora chi giocherà al posto dei terzini destri Hujber e Kadušić, entrambi squalificati. Inoltre già a Varaždin, dopo la pausa per le nazionali, l’Istra mi era apparso fisicamente un po’ giù di tono. Il buon Garcia ha concesso ai giocatori quattro giorni di riposo. Troppo generoso… Adesso ha dimezzato le “vacanze”, ma restano sempre sei giorni su 24. Forse avrà ragione lui, ma lo vedremo a Osijek. Il calcio dice sempre la verità.

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