PERCORSI EUROPEI L’UE ricompare sulla scena mondiale

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PERCORSI EUROPEI L’UE ricompare sulla scena mondiale

Dopo otto anni di pausa, l’Unione europea è finalmente riuscita a riallacciare il dialogo con l’America Latina e i Caraibi. Ce n’è voluto, dall’ultimo summit tenutosi a Bruxelles nel 2015; nel frattempo l’Europa e l’America Latina hanno vissuto cambiamenti profondi, economici e politici. L’America Latina è un continente di 656 milioni di abitanti ed esportatore di importanti materie prime – il petrolio, il litio, il gas naturale e quasi tutta la gamma di minerali necessari per far mandare avanti la produzione industriale nel mondo. Inoltre le foreste dell’Amazzonia – “i polmoni del mondo” – sono quelle che contribuiscono alla salute del globo intero. Purtroppo, quando sembrava che questo continente, legato all’Europa da profondi legami culturali, sarebbe riuscito ad avere un ruolo più importante sullo scacchiere internazionale, l’amministrazione del Presidente statunitense Trump ha reintrodotto l’embargo a Cuba, è intervenuta nelle faccende interne del Venezuela e ha imposto al Presidente brasiliano Jair Bolsonaro di uscire dalla Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi – la CELAC, con cui l’UE aveva fondato un partneriato economico, politico e culturale. Ci è voluta la vittoria di Luiz Inacio da Silva in Brasile e la volontà comune degli altri Paesi della regione, sostenuti dalla Spagna, per ricucire le relazioni con l’Europa.

E quest’occasione è stata colta dal premier spagnolo Pédro Sanchez, che ha inserito il tema del rinnovamento dei contatti perduti con l’America Latina, un sodalizio che porta al riavvio del multilateralismo nelle relazioni mondiali, nell’agenda prioritaria dell’UE. La Spagna lo ha messo in programma come uno dei temi prioritari dell’UE, ha lottato per due anni per vedere il suo obiettivo avverarsi durante la presidenza spagnola dell’Unione europea. Con ciò, l’UE vuole affermarsi come un fattore principale non solo per ragioni politiche, ma anche per garantire il futuro dell’intero pianeta. Il summit EU-CELAC che si è tenuto il 17 e il 18 di luglio scorso all’insegna degli sforzi per combattere il cambiamento climatico, per assicurare la transizione verso nuove fonti energetiche naturali, ha rimesso in gioco il continente sudamericano e i Caraibi, che hanno trovato una nuova unità sui temi globali e sono ritornati sulla scena mondiale insieme all’UE, che si propone di attivare maxi-investimenti (per ora solo 49 miliardi di euro, destinati in seguito a moltiplicarsi) nei settori energetici e nella produzione di agroalimentari per tutto il mondo. In tal modo l’UE, ora al terzo posto degli scambi commerciali dietro l’USA e la Cina, ambisce a creare una comunità transatlantica di interessi e di parteneriato per il futuro del pianeta.

Tutto ciò nel contesto della crisi mondiale generale, delle difficoltà energetiche, della pandemia, dell’emergenza migratoria e infine della guerra in Ucraina. Non è stato possibile trovare un accordo sulla condanna dell’aggressione russa in Ucraina, anche perché il continente sudamericano ambisce a svolgere un ruolo attivo in questo campo ed è più vicino a una posizione “non allineata”: ci tiene a mantenere i contatti commerciali con la Russia e il Presidente brasiliano Lula da Silva si è già offerto di fare da mediatore di pace. Inoltre il Brasile è un importante giocatore nel gruppo dei BRICS (Brasile-Russia-India-Sudafrica), Paesi in via di sviluppo che si riuniranno il 22 agosto prossimo a Johannesburg. I sudamericani sono riusciti a far entrare nella Dichiarazione finale di Bruxelles la formulazione di appoggio a tutti gli sforzi diplomatici per una pace giusta e sostenibile in linea con la Carta dell’ONU. La preoccupazione espressa da tutti i partecipanti (e così anche da Cuba e Venezuela) è stata per l’immensa sofferenza della popolazione ucraina e per le minacce rappresentate dalla fame, dall’instabilità economica, dall’inflazione e dalla crisi energetica – ma qui il Nicaragua si è distanziato: è stato l’unico Paese partecipante al summit EU-CELAC a non sottoscrivere la Dichiarazione finale, articolata in 43 punti. Ed è stata espressa anche preoccupazione per il mancato rinnovamento dell’Iniziativa del grano nel Mar Nero, che la Russia non ha voluto prolungare perché non le è stata accordata una condizione di base, che è quella di far accedere nuovamente al sistema SWIFT le istituzioni finanziarie russe.

Per l’affermazione del multilateralismo come principio elementare delle relazioni internazionali questo summit è stato una pietra miliare. Purtroppo, una gran parte dei media europei non ha colto il significato di quest’evento, essendo ancora succube di una mentalità europocentrica, per cui l’Europa viene ancora vista come il centro del mondo con gli Stati Uniti d’America. E per questo Lula e il presidente della CELAC Ralph Gonsalves (primo ministro di St. Vincent e Grenadine) hanno insistito per la condanna, nel documento finale, della tratta transatlantica degli schiavi, praticata dagli europei nei secoli scorsi. Una specie di Canossa dovuta dagli europei e di riconoscimento delle vessazioni subite dalla popolazione indigena dai colonizzatori provenienti dal Vecchio continente. Un buon augurio, dunque, di un’Europa che “s’è desta” finalmente, con una propria politica nel contesto di una profonda crisi globale.

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