INSEGNANDO S’IMPARA Le ragazze Teflon

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INSEGNANDO S’IMPARA Le ragazze Teflon
Foto Roni Brmalj

Quando dico che abito in Irlanda del Nord, molta gente ha l’impressione che qui faccia molto freddo. È vero che la latitudine è più a nord, ma non è una differenza eccessiva. Forse nella mente delle persone è la piccola consonante di differenza (Irlanda, Islanda) che scatena il brivido.
Per quelli abbastanza attempati da ricordare ancora Il Col. Bernacca di “Che tempo fa” su quest’isola il tempo è “variabile”. Da bambina, quando lo sentivo dire a Bernacca, non aveva nessun senso: sole, pioggia e vento erano tangibili, variabile era astratto. Si può dire che sono trent’anni che vivo nell’astrazione. In quest’angolo d’Europa la mutevolezza è la cifra di base dei fenomeni meteorologici che li influenza a tutti i livelli, giornaliero, settimanale, annuale. Se al mattino c’è il sole, bisogna comunque avere a portata di mano un ombrello perché fino a sera le cose possono cambiare. Già durante la mia prima permanenza a Belfast ho imparato la frase “quattro stagioni in una giornata” e ricordo un particolare giorno di febbraio in cui mi ero alzata con il cielo sereno, mi ero presa un acquazzone già prima di arrivare sul lavoro, poi uno dei rovesci pomeridiani era diventato neve e sulla via di casa c’era vento, ma nella notte che stava diventando nuovamente tersa, si intravedevano le prime stelle.
Per quanto riguarda le stagioni, cosa dire? Ci sono e non ci sono. A parte la pioggia, gli inverni non sono troppo rigidi (l’ultimo inverno con neve durata parecchi giorni risale al 2010), ma non c’è neanche nessuna garanzia che l’estate arriverà nei termini previsti. A volte il bel tempo arriva a maggio e, mentre io penso “questa è una bellissima primavera”, la gente dice “questa è la nostra estate” perché magari piove ininterrottamente tutto agosto. Altre volte, come negli ultimi due anni, a luglio la temperatura per alcuni giorni raggiunge i 30 gradi, ma il punto è proprio questo: solo per alcuni giorni. Qualsiasi siano le condizioni meteo, durano un periodo limitato di tempo, quindi dobbiamo scordarci i due mesi di calura estiva in cui si susseguono varie ondate di caldo. Perciò rieccoci di nuovo a fare i conti con la variabilità. Insomma, su quest’isola non fa mai troppo freddo né troppo caldo, ma allo stesso tempo le temperature spesso non si adeguano alle nostre aspettative.
Questo fluttuamento non troppo drastico di condizioni termiche si riflette anche sulle abitudini delle persone, per cui qui sono rari quelli che fanno il cambio di stagione negli armadi, perché la massa degli indumenti rimane sempre in uso. Allo stesso modo anche sul letto il piumone non sparisce mai del tutto, magari si alleggerisce nella versione estiva, ma il letto è sempre coperto, a differenza dei nostri sui quali, nell’afa dell’estate, anche il lenzuolino di lino o cotone sembra di troppo.
In ogni caso, anche se mancano gli estremi ai quali noi siamo abituati, comunque c’è una bella differenza tra un giorno di luglio e uno di febbraio, eccetto che l’abbigliamento, soprattutto quello femminile, non lo registra. Tutti gli italiani che conosco sono rimasti stupefatti alla vista delle ragazze irlandesi abbigliate per uscire durante il weekend. Non è difficile vederle in quanto spesso ci sono lunghe file di persone alle entrate dei pub più popolari soprattutto nella zona universitaria, e loro sono lì che attendono pazientemente il loro turno di entrare, con le loro canottierine dalle spalline sottili, le minigonne e i sandaletti su gambe rigidamente nude anche a gennaio. Io le ho soprannominate le ragazze teflon, perché sembrano effettivamente fatte di un materiale molto più resistente del nostro, sul quale il freddo scivola inosservato. D’altronde vengono temprate già negli anni della scuola quando, che piova o nevichi, l’uniforme è sempre quella: gonna, camicetta (bianca), giacca con l’emblema della scuola e al massimo l’optional di un leggero golfino in tinta sotto la giacca. Per quanto riguarda le gambe, ci sono ancora scuole che non permettono l’uso di collant, obbligando le studentesse ad andare in giro con i calzettoni. Nei giorni più freddi questo provoca l’effetto delle gambe a mortadella: violacee a chiazze bianche. Però l’altra conseguenza è che il loro fisico si abitua alle temperature avverse e le sopporta molto meglio di noi. Generalizzando si può dire che soffrano più il caldo che il freddo.
Che fossero fatte di un’altra pasta avrei dovuto capirlo fin da subito, quando un giorno nello spogliatoio della piscina che frequentavo, vidi due sorelline, più o meno di tre e sei anni, dove la maggiore cercava di vestire la minore. Alla mia domanda se fossero sole, risposero che erano con il papà, che ovviamente stava nell’altro spogliatoio, per cui dovevano sbrigarsela da sole. Siccome era scattato l’istinto di protezione, presi in mano la situazione asciugando loro i capelli e procedendo alla vestizione. Eravamo a metà febbraio e con la mente che funzionava secondo i parametri istriani appena lasciati, chiesi alla bimbetta più grande dove avessero le canottiere. “Non ce le abbiamo” fu la risposta. “E cosa avete?” domandai di rimando, “Queste” dissero mostrandomi due camicine. Faceva un certo non so che abbottonare quei sottili indumenti sulla loro pelle ancora umida e “senza niente sotto” come avrebbe detto mia madre. Non mi ricordo se avessero gonnelline o pantaloni, ma rammento che rimasi turbata nello scoprire che non avevano neppure un maglioncino da indossare sopra la camicia. Perciò le vidi uscire così, tenendosi per mano con addosso solo la blusetta e il giubbottino sottobraccio. All’epoca avevo dato la colpa di quella deplorevole situazione all’inesperienza del papà. Col tempo ho capito che vestire leggero fa parte del bagaglio genetico irlandese perché negli anni, nei supermercati, ho visto regolarmente mamme che facevano la spesa con neonati, rigorosamente scalzi con i piedini nudi a penzoloni dai sedili dei carrelli. È ovvio che il teflon va collaudato fin da subito.

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