Stefano Iagulli, dalla Puglia al Dramma Italiano

L’attore è entrato a fare parte della compagnia da poco. Nell’opera teatrale «Enrico IV» di Pirandello, impersona Ordulfo. A gennaio inizieranno le prove

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Stefano Iagulli, dalla Puglia al Dramma Italiano
Foto: RONI BRMALJ

Negli ultimi tempi le produzioni del Dramma Italiano hanno fatto scalpore, in quanto hanno combinato innovazione e alta qualità per proporre al pubblico spettacoli capaci di intrattenere e porre domande profonde. L’“Enrico IV” di Pirandello, con la regia di Marco Lorenzi e la drammaturgia di Lorenzo De Iacovo, ha confermato questa tendenza e ha portato sulla scena tante novità, non solo di carattere tecnico. Sulla scena del TNC “Ivan de Zajc”, infatti, è salito in qualità di nuovo attore del Dramma Italiano, Stefano Iagulli, che in questa messinscena impersona Ordulfo. Abbiamo parlato con la “new entry” della nostra compagnia di prosa per capire cosa lo ha portato dalla Puglia fino al capoluogo quarnerino.

Da quanto tempo sei a Fiume?
“Sono arrivato a fine ottobre e mi sono subito messo a lavorare perché le prove per l’‘Enrico IV’ erano iniziate la settimana precedente. Sono di origini pugliesi e sono nato e cresciuto in Puglia, in un paesino in provincia di Foggia. A un certo punto i miei genitori hanno deciso di trasferirsi a Milano e io con loro”.

Stefano Iagulli (primo da destra) ricopre il ruolo di Ordulfo nella pièce “Enrico IV”.
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Com’è nata la passione per il teatro?
“Mi ricordo di un episodio quando, da piccolo, mia madre mi aveva portato a teatro e questo spettacolo che avevo visto mi aveva molto affascinato. C’era questo numero in cui l’attore entrava in un armadio e quando si apriva l’armadio lui non c’era più. Questa combinazione di teatro e magia mi aveva colpito molto e mi era rimasto il pallino. Quando sono andato a Milano per curiosità ho fatto un corso di teatro per vedere come mi trovavo e mi è piaciuta quest’esperienza. Non ero ancora sicuro di che strada prendere, ma dopo l’Università, ovvero la laurea in Mediazione linguistica e culturale, ho deciso che il teatro mi appassiona di più. Allora mi sono iscritto all’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, mi sono diplomato nel 2018, e poi ho iniziato subito a lavorare in teatro. Fortunatamente ho avuto da subito un po’ di opportunità e ho iniziato a lavorare”.

Di cosa ti sei occupato prima di venire al DI?
“In Italia collaboro con varie compagnie e da un paio di anni seguo un progetto sull’opera lirica che si chiama ‘Opera shot’ e col quale andiamo in giro per l’Italia. Portiamo le storie dell’opera lirica, con la musica e il canto dal vivo, però in contesti non teatrali, come le piazze, i bar, i locali. Mettiamo in pratica tutte quelle operazioni che vengono chiamate ‘audience development’, ovvero usare un luogo pubblico per portarvi un’opera lirica e il teatro. Questo progetto è realizzato con una compagnia di Milano che si chiama “Tournée da bar” e stiamo riscuotendo diverso successo sia in tournée indipendenti organizzate da questa compagnia, sia in collaborazione con il Teatro regio di Parma, quindi teatri lirici sinfonici italiani. Facciamo una sorta di preparazione all’opera. Il pubblico viene a vedere lo spettacolo, che è molto divertente e leggero, e poi può andare a vedere l’Opera vera e propria ed è già preparato sui contenuti”.

Come hai deciso di venire a lavorare al DI?
“Qualcuno del Teatro avrà mandato la richiesta e sono stato invitato ai provini dall’Accademia, che diffonde queste notizie per email. Ho visto, dunque, che c’era questa opportunità e sono venuto a fare il provino a settembre, il giorno del mio compleanno. All’inizio, onestamente, ero un po’ dubbioso, però poi ho deciso di provare. In Italia non c’è un concetto di teatro di questo tipo, gli attori sono molto girovaghi e non ci sono molte compagnie stabili. Io mi ero abituato a quest’idea e non ero sicuro che una compagnia stabile facesse per me perché ognuno ha un’indole diversa e non tutti cerchiamo le stesse cose nel posto di lavoro. Le generazioni dei nostri genitori erano abituate al posto stabile fino alla pensione e hanno difficoltà a concepire il continuo cambiamento di contesto lavorativo, ma per me questo è un vantaggio e infatti Giulio Settimo (direttore del Dramma Italiano, nda), mi ha invitato da subito a mantenermi attivo pure in altri progetti paralleli che avevo iniziato in precedenza. La prima impressione del Dramma Italiano è di un ambiente abbastanza accogliente e disponibile e questo mi rende contento. Il contratto firmato da poco è della durata di due anni, quindi dovrei partecipare a tutte le produzioni dei prossimi due anni”.

Com’è stato preparare l’“Enrico IV”?
“Per me è stato molto interessante, anche perché ho avuto modo di conoscere e lavorare con Marco Lorenzi, fondatore della compagnia ‘Il Mulino di Amleto’, di cui avevo sentito parlare, ma di cui non avevo mai visto nulla. Secondo me lui è un regista molto bravo a lavorare con gli attori, nella direzione del lavoro e dunque il clima alle prove era molto bello e tranquillo, presupposto per lavorare bene. Anche con gli altri mi sono trovato molto bene. Essendo stato inserito all’ultimo momento, ho avuto un ruolo piccolo, anche perché non mi conoscevano e questo spettacolo è stato il mio esordio fiumano. Preparando lo spettacolo non sapevo ancora come verrà percepito dal pubblico, ma la reazione è stata sorprendente e il pubblico era entusiasta. Sono contento, quindi, di essere arrivato con questo progetto. A gennaio inizieremo a preparare l’‘Orlando furioso’. Non so ancora che parte avrò e sono molto curioso”.

Che impressione ti ha fatto Fiume?
“All’Università ho studiato l’inglese e il cinese, ora forse è la volta del croato (ride). Quando guardo Serena Ferraiuolo e la sua padronanza del croato, a dir poco eccellente, penso che non sia un ostacolo insormontabile. Arrivare a Fiume è stato un po’ difficile fisicamente perché da Milano la strada è lunga, ma al di là di questo la città mi è da subito piaciuta molto. Mi ha ricordato un po’ Trieste, un po’ Genova e mi ha intrigato. Non ho avuto tantissime occasioni di viverla fuori dall’ambiente lavorativo perché ovviamente ero molto impegnato con le prove, ma adesso sta arrivando un periodo più tranquillo e ne approfitterò per andare in giro. L’altro giorno sono stato al Castello di Tersatto ed è bellissimo. Mi piacciono molto le città col mare, anche se non ho mai vissuto sul mare, però sento forte il suo richiamo. Per questo sono contento che finalmente questo mio sogno si sia avverato. Fiume mi piace anche perché mi affascinano gli ambienti post-industriali e quando mi affaccio alla finestra e vedo il porto e i container devo dire che è una visione che mi piace, è abbastanza punk. Ho notato che è abbastanza piovosa, ma avendo vissuto per tre anni a Udine, ci sono abituato”.

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