«La Fanciulla del West», un western nel Teatro fiumano

Al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume è andata in scena l'opera di Giacomo Puccini. La regia è stata firmata da Giorgio Surian, mentre l'Orchestra sinfonica fiumana è stata diretta dal Mº Valentin Egel

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«La Fanciulla del West», un western nel Teatro fiumano
L’inizio dell’opera. Foto: Ivor Hreljanović

Tra spari, cowboy e cavalli in carne e ossa, che hanno “accolto” il pubblico all’ingresso del Teatro fiumano, all’“Ivan de Zajc” di Fiume ha fatto ritorno dopo 110 anni “La Fanciulla del West” di Giacomo Puccini, un’opera che nel capoluogo quarnerino, come noto, venne allestita soltanto una volta, nel 1914, quando venne portata all’allora Teatro Comunale da una compagnia italiana. Affascinato dal Selvaggio West americano, Puccini si ispirò al racconto “The girl of the golden West” di David Belasco per comporre, tra il 1907 e il 1910, la sua opera, che si basa su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini.

Grande successo iniziale
Dopo il grande successo della prima rappresentazione alla Metropolitan Opera di New York, il 10 dicembre 1910, diretta da Arturo Toscanini, con Emmy Destinn, Enrico Caruso, Pasquale Amato, Angelo Badà e Antonio Pini-Corsi, l’opera venne criticata per non essere in linea con i melodrammi precedenti di Puccini, mentre i critici statunitensi ritenevano che questa non abbia compreso a fondo lo spirito del Wild West.
Dal punto di vista musicale, “La Fanciulla del West” si discosta notevolmente dai melodrammi che hanno reso celebre Puccini, in quanto riflette l’evoluzione dell’opera verso un insieme più coeso, in cui la trama non viene interrotta, il tempo dilatato dalle arie e in cui l’orchestra assume un ruolo importantissimo. Ed è proprio l’orchestrazione il segmento più apprezzato di quest’opera, in quanto vi si può riconoscere l’influenza di compositori come Claude Debussy e Richard Strauss, senza però presentarsi come un’imitazione.

Un’impostazione classica
L’allestimento fiumano de “La Fanciulla del West”, per la regia dell’illustre basso-baritono fiumano Giorgio Surian, ha optato per un’impostazione classica dell’opera dal punto di vista della regia, della scenografia (firmata da Paula Lugarić Benzia) e dei costumi (di Kristina Komadina e Karla Kučić), come pure delle luci (di Dalibor Fugošić) ma aggiungendovi una simpatica introduzione concepita come i titoli di testa di un western dove, con caratteri tipici di questo genere cinematografico, vengono riportati il titolo e l’autore dell’opera, il regista, i protagonisti e gli ensemble dell’Opera fiumana. La regia dell’opera ci è sembrata dinamica e pensata nei particolari, l’elaborata scenografia ha immerso davvero protagonisti e pubblico nell’atmosfera del Wild West, mentre i costumi hanno ricalcato fedelmente l’abbigliamento che solitamente associamo all’epoca della febbre dell’oro e dei cowboy.
Molto efficaci si presentano le scene di massa, in cui i membri del Coro maschile dell’Opera interagiscono con notevole disinvoltura, creando un insieme movimentato che cattura l’attenzione. Dal punto di vista vocale e dell’interpretazione, l’ensemble si è dimostrato molto ben preparato, grazie al Maestro Matteo Salvemini.

L’illustre basso-baritono sempre all’altezza
Il primo a entrare in scena dei protagonisti dell’opera è stato il sempre vocalmente sicuro ed espressivo Giorgio Surian, nei panni dello sceriffo Jack Rance, che ha creato un personaggio dominante, consumato dalla passione, geloso e possessivo. Il soprano Gabrielle Mouhlen, nei panni di Minnie, ha dato vita a un personaggio femminile forte, coraggioso, fedele e pieno d’amore, una donna ammirata da tutti, decisa però a donare sé stessa soltanto a chi l’ama veramente. Un’eroina vera e propria. Gabrielle Mouhlen è stata convincente nel suo ruolo. La cantante vanta una bella presenza scenica e possiede una voce voluminosa caratterizzata da un timbro scuro che le conferisce una qualità drammatica. Anche se nel primo atto la sua voce sembrava meno duttile del necessario, portando ad alcuni acuti non ben impostati, nel corso dello spettacolo ha acquisito maggiore scioltezza dando vita a momenti di particolare intensità emotiva. Va anche segnalata la riuscita scena del poker con lo sceriffo Rance di Giorgio Surian, in particolar modo dal punto di vista attoriale.
Il tenore Ivan Momirov, nei panni di Dick Johnson, ci è sembrato alquanto indisposto vocalmente, migliorando un po’ nel secondo e terzo atto, soprattutto nell’aria del terzo atto “Ch’ella mi creda libero e lontano”. L’aria è stata particolarmente apprezzata dal pubblico, che ha premiato Momirov con un applauso a scena aperta.
Nei ruoli minori hanno fatto molto bene Marko Fortunato (Nick), Luka Ortar (Ashby), Erol Ramadanović (Sonora), Krešimir Škunca (Trin), Saša Matovina (Sid), Dario Dugandžić (Bello), Marin Tuhtan (Harry), Josip Švagelj (Joe), Lovro Matešin (Happy), Stefano Surian (Jim Larkens), Slavko Sekulić (Billy Jackrabbit), Lorena Krstić (Wowkle), Josip Galić (Jack Wallace) e altri.

Complessa parte orchestrale
Il Mº Valentin Egel ha diretto l’Orchestra sinfonica di Fiume tenendo sotto controllo l’andamento dello spettacolo. Egel ha saputo mettere in risalto i momenti più significativi della complessa parte orchestrale dell’opera, anche se in determinati momenti questa copriva le voci dei solisti. Siamo sicuri, però, che nelle repliche, di cui la prima è in programma già oggi, tutti i particolari si sistemeranno per il meglio e che sia gli interventi dell’Orchestra sia quelli dei solisti si dimostreranno più disinvolti.
Lo spettacolo si è chiuso, come ci si poteva aspettare, con i titoli di coda di un western, con un “The end” scritto sull’immagine di una coppia di amanti a cavallo che si allontana galoppando verso il tramonto. Il pubblico ha premiato con copiosi applausi il ritorno della “Fanciulla del West” a Fiume.

La trama
La vicenda si svolge in California, nel XIX secolo. Minnie gestisce un saloon (la “Polka”) nel quale si radunano i cercatori d’oro; tutti le vogliono bene. Anche Jack Rance, lo sceriffo, nutre una grande passione per la ragazza, ma a Minnie non interessa. Nel locale giunge Dick Johnson, uno straniero e Minnie riconosce nell’uomo colui che aveva incontrato un giorno sul sentiero di Monterey, e di cui si era innamorata. Anche a Dick, che in realtà è un bandito, piace molto la ragazza. Gli altri avventori del locale escono per andare alla ricerca del bandito Ramerrez, diventato un pericolo per tutta la zona. Rimasti soli, Dick e Minnie si dichiarano reciproco amore e lei lo invita a raggiungerla nella sua capanna ai margini del bosco. Lo sceriffo e i minatori informano Minnie che Dick Johnson e Ramerrez sono la stessa persona, che egli è arrivato nel locale per rubare l’oro dei cercatori ed è probabilmente nascosto nei dintorni. Minnie è furiosa e costringe Dick a lasciare la capanna ma, arrivato alla porta, viene ferito da un colpo sparato dallo sceriffo che si trovava nei paraggi. Nonostante l’inganno, impietosita e ancora innamorata, Minnie permette a Dick di rientrare nella capanna e lo nasconde nel solaio. Lo sceriffo entra nella capanna, ma non riesce a trovare il bandito fino a quando non vede una goccia di sangue cadere dall’alto. Minnie, per salvare Dick, propone allo sceriffo una partita di poker; se egli vincerà avrà sia lei che Dick. Minnie bara e riesce a salvare sé stessa e Dick. Dick è fuggito facendo perdere le sue tracce; viene però catturato dai cercatori, che vogliono impiccarlo. Dick dichiara a tutti di essere sì un ladro, ma sostiene di non aver mai ucciso nessuno, poi saluta Minnie e si prepara a essere giustiziato. A questo punto, Minnie si rivolge ai minatori chiedendo di risparmiare la vita a Johnson in memoria di tutto ciò che hanno condiviso nel passato. I minatori quindi, colpiti dalle parole della ragazza, lasciano libero Dick che si allontana con Minnie deciso a rifarsi una vita con lei.

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