Il tema della casa esplorato con esuberante energia

Al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume si è tenuta la première del balletto «Grand finale: la tartaruga e la cabina telefonica» firmato dal rinomato coreografo israeliano Nadav Zelner

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Il tema della casa esplorato con esuberante energia
Durante lo spettacolo i ballerini si interrogano sulla loro identità. Foto: GORAN ZIKOVIC

Al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume si è tenuta la première del balletto “Grand finale: The turtle and the phone booth” (Grand finale: la tartaruga e la cabina telefonica) firmato dal rinomato coreografo israeliano Nadav Zelner. Lo spettacolo, annunciato come il progetto centrale della stagione del Balletto, è incentrato sul tema della casa e lo esplora tramite un approccio in parte documentaristico attraverso brevi interventi di un gruppo di ballerini dell’ensemble, tutti giunti a Fiume da altri Paesi.

Le chiamate telefoniche
La cabina telefonica del titolo è anche reale, collocata sul lato sinistro del proscenio, ed è il posto in cui, durante una chiamata telefonica fittizia, i ballerini esprimono i loro sentimenti legati alla lontananza dalla loro casa, dalla famiglia e dagli amici, interrogandosi pure sulla loro identità e sulla loro appartenenza a un determinato luogo, sulla possibilità di creare la propria casa in un altro Paese.
Le “confessioni” dei ballerini sono un segmento interessante dell’allestimento, non soltanto perché permettono al pubblico di comprendere uno stile di vita che impone un costante movimento, ma anche di conoscere un po’ più da vicino i danzatori che compongono l’ensemble del Balletto fiumano.
Come nel caso della coreografia di Zelner per il balletto “Medium rare”, portata sul palcoscenico dello “Zajc” qualche anno fa, anche quest’ultima è caratterizzata da un’esuberante energia e da movimenti straordinariamente veloci, che sono il suo tratto distintivo più spiccato. I ballerini e le ballerine, che indossano tute da ginnastica e scarpe da tennis, con uno zaino sulla schiena, si muovono su una scena composta da pali della luce e cavi elettrici e, come detto più sopra, da una vecchia e malandata cabina telefonica, i quali illustrano un anonimo e generico ambiente urbano rendendo l’ambientazione piuttosto deprimente. Osservando la scena nel contesto del tema della casa, a cui si aggiunge anche l’illustrazione del libretto di sala, con una cupa immagine quasi post-apocalittica, si può dedurre che trovarsi lontani da casa, girando come un nomade da città a città, non sia tutto rose e fiori e comporti anche un senso di perdita personale e di insicurezza.

Sfondo musicale intrigante
Lo spettacolo alterna interventi di gruppo a quelli con uno, due o tre ballerini, intercalati dalle “chiamate telefoniche”, su uno sfondo musicale intrigante composto da brani tratti dalle colonne sonore di Ennio Morricone, da canzoni dei Deep Purple, Metallica, Sepultura, Steve Vai e altre, componendo un insieme dinamico. Il coreografo ha potuto contare su un corpo di ballo eccellente, capace di realizzare ogni idea basandosi anche sulla propria esperienza. Hanno svelato un po’ di sé stessi nella cabina telefonica lo svizzero Noa Gabriel Siluvangi, la giapponese Mio Sumiyama, l’olandese Janne Boere, la spagnola Maria Matarranz de las Heras e la rumena Laura Orlić. Hanno danzato anche Thomas Krähenbühl, Federico Rubisse, Valentin Chou, Ali Tabbouch, Alejandro Polo, Álvaro Olmedo e Soyoka Iwata.
La suggestiva scenografia è firmata da Eran Atzmon, i costumi da Maor Zabar. Le luci sono di Dalibor Fugošić, il design del suono di Matan Onyaneh, mentre i video sono firmati da Mateo Jurčić. Lo spettacolo è una coproduzione con il Teatro Nazionale Croato di Spalato nell’ambito del consorzio K-HNK.

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