Il Dramma Italiano deve chiudere?

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Il Dramma Italiano deve chiudere?

Lo scorso 12 dicembre tutte le istituzioni della Comunità Italiana, con una lettera firmata dal vicepresidente dell’UPT Cav. Renzo Codarin, sono state informate che i finanziamenti della legge 73/2001, in applicazione alla Convenzione 2018, siglata presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nel mese di settembre e distribuiti dall’Ente morale triestino, arriveranno nel 2019.

Questa comunicazione arriva alla vigilia del completamento del Bilancio del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, portando i conti in rosso e creando un buco da 118mila euro nella casse del Teatro stesso. È la prima volta, dal 1947, che la storica compagnia, vanto costante delle nostre istituzioni e della Comunità Nazionale Italiana, non riceve i finanziamenti entro i termini dovuti, o almeno entro l’anno solare. I soldi non ci sono, o, meglio, arriveranno, ma non si sa quando. Non si sa nemmeno il motivo di tale ritardo e non si sa neppure se le pratiche necessarie per ricevere i finanziamenti siano state inviate dall’UPT a Roma. L’Ente morale di Trieste non riesce più ad assolvere alla sua missione, non è riuscito a portare a termine il suo compito: finanziare le iniziative della Comunità Nazionale Italiana. Il Dramma Italiano non chiuderà e probabilmente nemmeno le altre Istituzioni Italiane. Ma certamente le attività verranno ridimensionate e la compagnia ne sentirà gli effetti a lungo. Il Dramma senza i preziosi stanziamenti dell’Italia, per i quali siamo sinceramente grati, farà programmi unicamente per la città di Fiume. Al posto di cinque saranno due le prime annue presentate in lingua italiana. La compagnia non sarà più fautrice di cultura, ma un indice che dà punteggio alla richiesta di finanziamenti in Croazia: servirà allo “Zajc” per ricevere qualche kuna in più. Diverrà una semplice “statuetta da museo”, un monumento per turisti, un souvenir che ricorderà a qualcuno che un tempo a Fiume si parlava italiano.
Un futuro molto vicino, vista la situazione attuale della minoranza. Personalmente, dopo la mia breve esperienza come direttore, mi permetto di esprimere un pensiero: un Ente che non ricopre il proprio compito è un Ente superfluo. Per la Comunità Italiana sarebbe molto più semplice avere un solo interlocutore per l’Italia, possibilmente un interlocutore che conosca le vicende e le problematiche della nostra realtà. Trieste dovrebbe rinunciare a un’Istituzione che gestisce molti soldi e che può creare consenso politico, quindi è da chiedersi se la situazione cambierà. Come al solito, a pagare sarà la Comunità. Tutti dimenticheranno il perché e per colpa di chi i finanziamenti nel 2018 non sono arrivati in tempo.

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