«Il campo di ricerca siamo sempre noi»

A colloquio con Claudio Vita, ricercatore, sperimentatore, regista e appassionato del cinema, in visita al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume

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«Il campo di ricerca siamo sempre noi»
Claudio Vita. Foto concessa da Claudio Vita

“Se amate sentire ogni fibra del vostro corpo vibrare di forza e bellezza, se desiderate trovarvi inaspettatamente in un vortice di sensazioni, allora le parole e gli insegnamenti di questo libro sono lì per voi, per donarvi tutto questo”, recita una delle tante recensioni, tutte molto belle, relative al volume “Breve ma intenso manuale per attori di cinema: Tecniche funzionali, segreti e formule che hanno del magico” di Claudio Vita, scritta da uno dei lettori.
Un testo, come afferma lo stesso autore, inerente alla masterclass online “The Red Method”, che può considerarsi un libro, in cui ha “curato la messa a nudo dei concetti chiave per la formazione di un attore di cinema”. Le formule e i concetti dello stesso, apprezzatissimo dagli attori, ma altresì dai molti curiosi che appena s’approcciano al cinema e da coloro che vi circolano e desiderano approfondire il magico e misterioso mondo della Settima arte, sono state recentemente messe in atto anche da un gruppo di attori del Dramma Italiano (Mirko Soldano, Annamaria Ghirardelli e il direttore Giulio Settimo) e Croato (Olivera Baljak, Jelena Lopatić ed Edi Celić) presso il Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” del capoluogo quarnerino, in un laboratorio articolato in due giornate. Come il manuale, l’interessantissimo workshop è stato breve ma intenso. Ce ne ha parlato lo stesso ideatore, Claudio Vita, la cui storia artistica è partita al Minimo Teatro di Macerata nel 1999, spiegando “dopo essere passato per il Circo, il Teatro di strada e l’illusionismo, nel 2016 sono tornato al teatro di ricerca e ho tradotto per il cinema tutto quello che avevo raccolto nei miei studi sulla recitazione. Nel 2020 ho fondato la Compagnia Cinematografica, la quale opera nelle Marche, tra la provincia di Ascoli Piceno e Fermo e che oggi conta tecnici locali e attori da tutta l’Italia. In seguito, durante il secondo lockdown, tra il 2020 e il 2021, abbiamo realizzato gli Heptagon Studios, che sono diventati un’officina di studio”. Ma che cosa lo ha portato a Fiume? “È partito tutto con Mirko Soldano il quale, dopo aver letto il libro, si è un po’ appassionato a quello che ho scritto. Ha provato e messo in pratica il metodo raccontato nello stesso e mi ha mandato un selftape. È stato molto bravo nell’applicare tutto, tanto da sembrare uno spot per il mio manuale. Gli ho fatto i complimenti e abbiamo iniziato a scriverci”, ci ha spiegato.
Non solo settima arte
Di che cosa tratta il manuale?
“Parla di un metodo di masterclass online, il ‘The Red Method’, relativo alla recitazione per il cinema. Trattasi di un percorso quasi parallelo o un sottotesto che stiamo facendo e che il desiderio di fare cinema ci ha suggerito o, mi sento di dire, costretto, a mettere su quella che ho battezzato come Compagnia Cinematografica, volendo richiamare quella teatrale di secoli fa, in cui tutte le varie figure mettevano su lo spettacolo. Solo che realmente, per vari motivi, per questioni inerenti alla strada che ha preso il mercato, si può dire che nel cinema le stesse non esistano. Quindi, insieme a Ernesto Tomassini, abbiamo colto la sfida di mettere insieme in un contenitore tutti i vari personaggi che lo compongono, il quale è un insieme di tanti mestieri a volte molto specifici e tecnici e tutti di eguale importanza. Stiamo insieme da tre anni e, essendo un po’ pionieri in questo mondo, stiamo ancora sperimentando”.
Come vi siete suddivisi i ruoli all’interno della Compagnia?
“Io ho portato il saper formare gli attori e la regia, Edoardo Vitali, che è un fonico, la parte audio, Ernesto Tomassini quella del cameraman e del montatore. Inoltre vi operano anche attori, compositori e sceneggiatori. Il gruppo ha la pretesa di poter fare cinema dalla scrittura alla produzione e alla distribuzione”.
Un linguaggio che va appreso
Che tipo di lavoro avete fatto nel capoluogo quarnerino?
“Abbiamo lavorato con sei attori del Teatro, ai quali ho cercato di spiegare e far affrontare, partendo dai principi su cui si fonda il cinema, le differenze che ci sono tra recitazione per quest’ultimo e quella per il teatro. Il 90 p.c. di quello che ho raccontato loro lo si può leggere anche nel manuale, che però ho scritto un anno e mezzo fa, per cui nel frattempo sono andato avanti. Vi è la necessità, da parte degli attori, di capire meglio i meccanismi cinematografici in quanto, in tale modo, si trovano poi molto più a loro agio sul set. Conosciute le logiche dello stesso, per un attore di teatro è molto più facile adattarvici. Stando dentro al teatro egli comunque si rende conto, anche se nessuno glielo dice e, man mano, di quali sono le dinamiche perché, fondamentalmente, lo stesso si fa sul palcoscenico. Il cinema, invece, si fa nella sala di montaggio in cui, in genere, ci sono solo il regista e il montatore. Quindi, è in quell’ambiente misterioso, separato dagli altri, che si realizza il film, dove dominano le logiche che sono dietro al cinema. Gli attori, non essendo generalmente invitati in quelle stanze, non sanno come funziona, quindi neanche quali scelte prendere sul set, che poi verranno valutate e vagliate in sala di montaggio”.
Ha mai fatto l’attore?
“Sono partito con il Minimo Teatro di Macerata, guidato da Maurizio Boldrini, uno dei più grandi ricercatori teatrali italiani. Trattasi di un teatro di fotografia, luce, studio, di poesia… Da lì ho imboccato tante altre strade, sempre legate al mondo dell’arte e della performance scenica, nel senso del corpo in movimento. In seguito, un paio di anni fa, ho riunito un gruppo di bambini di nove/dieci anni, con i quali ho iniziato un percorso di ricerca sulla recitazione teatrale durato nove anni, di cui gli ultimi dedicati alla sperimentazione cinematografica. Poi, avendo incrociato esperienze e conoscenze e chaplinamente messo le mani dappertutto in questa macchina fantastica, sono arrivato a questa mia soluzione inerente ai problemi che gli attori incontrano sul set. Quello del cinema è un linguaggio che va imparato, esplorato e ampliato, in quanto non credo si siano ancora raggiunte tutte le terre emerse. Il campo di ricerca siamo sempre noi con le nostre storie, senza le quali non ci sarebbe il cinema. Si può resistere più tempo senza cibo che senza storie”.
È stato due giorni a Fiume. Che impressione le ha fatto?
“Fiume non può non suscitare un minimo di curiosità per chi ha studiato in Italia e ogni tanto stava attento alle lezioni di storia. In tale contesto, essere venuto qua è stato superiore alle aspettative”.

Gli Heptagons Studios. Foto concessa da Claudio Vita
Un momento del laboratorio con gli attori del TNC “Ivan de Zajc”. Foto concessa da Claudio Vita

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