I compositori trascurati rivivono con i PuraCorda

Nell'ambito del Festival Kvarner, nei Giardini americani di Abbazia si è esibito l'ensemble che ha proposto brani di Maconchy, Šostakovič e Tkalčić

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I compositori trascurati rivivono con i PuraCorda
L’ensemble PuraCorda durante il concerto. Foto: GORAN ZIKOVIC

Piacevole evento l’altra sera nei Giardini americani di Abbazia dove, nell’ambito del Festival Kvarner, si è esibito l’ensemble PuraCorda. Lo splendido ambiente del giardino terrazzato, con una vista mozzafiato sul Golfo del Quarnero, è stato una cornice perfetta per ospitare un concerto di musica colta, anche se avremmo preferito sentire l’ensemble senza l’ausilio dei microfoni e degli altoparlanti, in quanto questi hanno influito sull’omogeneità del suono. Gli organizzatori del concerto hanno reputato, probabilmente, che l’ambiente del giardino non possieda un’acustica adatta a ospitare un concerto da camera e hanno deciso di “rimpolpare” il suono dell’ensemble con l’uso della tecnologia.

Musicisti giovani
L’ensemble PuraCorda, attivo da appena tre anni e mezzo (è stato fondato ad Amsterdam nel 2020) e composto da quattro giovani musicisti provenienti da Spagna e Grecia, si dedica alla musica per archi composta nel XIX e XX secolo. Interessati all’approccio filologico alla musica dell’Ottocento e Novecento, che suonano sulle corde in budello naturale, i quattro musicisti s’impegnano a portare alla luce il repertorio di compositori sconosciuti o dimenticati. Inoltre, sono particolarmente interessati alla valorizzazione dell’opera musicale delle compositrici, la quale è stata spesso trascurata nella storia della musica.

Una compositrice illustre
Anche se la serata avrebbe dovuto essere inaugurata con un quartetto d’archi di Benjamin Britten, questo brano non è stato proposto e il concerto si è aperto con il Quartetto d’archi n. 5 della compositrice britannica Elizabeth Maconchy (1907-1994). Sebbene considerata uno dei più importanti compositori britannici della storia, con un’illustre carriera accademica e musicale, Maconchy è praticamente sconosciuta a un vasto pubblico. Il Quartetto d’archi n. 5, presentato dall’ensemble l’altra sera, è considerato una delle sue opere migliori e nel 1948 venne insignito del premio “Edwin Evans”. Il Quartetto n. 5, come pure il resto del programma ufficiale proposto durante il concerto, è caratterizzato dall’atonalità e dalla sua predilezione per la composizione con gli intervalli e l’uso simultaneo dei modi minore e maggiore. L’ensemble PuraCorda ha eseguito il brano dimostrando un bell’affiatamento e una notevole cura per la dinamica.
L’ensemble si è in seguito cimentato con il Quartetto d’archi n. 3, sempre di Maconchy, che, come spiegato dal primo violino Mayumi Sargent, l’autrice compose nel 1937, dopo aver perso la madre, il padre e la sorella.

Un’allusione alla Seconda guerra mondiale
La parte ufficiale del concerto si è conclusa con il Quartetto d’archi op. 73, n. 3 di Dmitri Šostakovič, composto nel 1946 e dedicato al Quartetto Beethoven, che lo eseguì per la prima volta a Mosca. Inizialmente, per non essere tacciato di “elitismo” e “formalismo”, Šostakovič diede un titolo descrittivo a ciascuno dei cinque movimenti: “Allegra inconsapevolezza della futura catastrofe”, “Il brontolio dei disordini e dell’anticipazione”, “Le forze della guerra scatenate”, “Alla memoria dei morti” e “La domanda eterna: perché? e per cosa?”, alludendo chiaramente agli orrori della Seconda guerra mondiale. Successivamente, però, decise di denominare i cinque movimenti con le classiche indicazioni del tempo. Il complesso ha eseguito con verve ciascun movimento, che “descrive” con la sua musica ricca d’inventiva il titolo originale pensato dallo stesso Šostakovič.
L’ensemble ha quindi proposto un bis, la graziosa “Arabesque” tratta dal Quartetto d’archi scritto da un compositore croato sconosciuto, Juro Tkalčić.

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