Filantropi fiumani. «Un fatto che ci dovrebbe rendere fieri»

Irvin Lukežić, docente al Dipartimento di Croatistica dell'Università degli Studi di Fiume, rivela i nomi di alcuni dei più grandi benefattori originari del capoluogo quarnerino o che operarono nella città che è stata da sempre aperta e tollerante

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Filantropi fiumani. «Un fatto che ci dovrebbe rendere fieri»

Tra i tanti temi trattati al Convegno “La cultura italiana a Fiume: risvolti linguistici, letterari e storici”, organizzato in occasione del decimo anniversario del Dipartimento di Italianistica dell’Università degli Studi di Fiume, è saltato all’occhio quello dello storico e linguista, nonché docente al Dipartimento di Croatistica di Fiume, Irvin Lukežić, il quale ha deciso di parlare dei filantropi e delle benefattrici fiumane, i quali hanno messo parte del proprio patrimonio a disposizione dei poveri o l’hanno devoluto per opere di bene. Abbiamo chiesto al professore di illustrarci nel dettaglio il suo argomento molto accattivante.

L’altruismo tra i cittadini

Come ha deciso di scegliere un tema di questo tipo?

“Ho sempre trovato molto interessanti i temi meno trattati e visto che mi sono occupato di molte vicende legate alla città di Fiume, è stato inevitabile imbattersi anche nel tema delle opere di carità. Dobbiamo sapere che tra i cittadini fiumani è sempre esistita una coscienza dell’importanza di aiutare il prossimo e moltissime persone, indipendentemente dalla provenienza o dal ceto sociale, si sono impegnate per aiutare gli altri. Pensiamo soltanto a Giovanni Battista Cambieri, un medico conosciuto dalla maggior parte dei fiumani e che ha aiutato l’Ospedale fiumano ed ha istituito un Fondo dal quale si finanziavano le spese dell’ospedale. Un altro esempio sono i fratelli Branchetta, conosciuti in tutta la città e per questo motivo non mi sono voluto soffermare troppo su questi personaggi di chiara fama. Quello che ho reputato più interessante sono i nomi dimenticati o alcune categorie che non associamo a questo tipo di filantropismo”.

Qual è la categoria più interessante da questo punto di vista?

“A Fiume ci sono stati numerosi uomini di chiesa che si sono impegnati attivamente in questo senso. Pensiamo soltanto a Jerolim Štemberger, parroco di Jelšane, il quale è vissuto nel XVII secolo e ha istituito una fondazione per aiutare i poveri chiamata Monte di pietà, la quale erogava prestiti in cambio di pegni. C’è poi un altro sacerdote, Mate Franjo Krtica, il quale era vescovo di Đakovo, ma originario di Fiume, il quale ha istituito un sistema di borse di studio per i bambini meno abbienti”.

Edifici costruiti per i poveri

Nella sua lezione ha menzionato anche Whitehead…

“Sì, tra i filantropi fiumani un ruolo importante è detenuto proprio dagli inglesi. Sappiamo che anche prima di Whitehead la famiglia di Walter Crafton Smith, uno dei fondatori della Cartiera fiumana, ha fatto tante opere di bene. Lui muore nel 1860 e nel suo testamento lascia 120mila fiorini d’oro agli operai malati della fabbrica. Suo figlio Edgar ha fatto costruire sull’altra sponda del fiume dei palazzi per gli operai malati e anziani, che ora si trovano alla fine di via dell’Acquedotto. Devo dire che tali livelli di altruismo sono impensabili al giorno d’oggi e mi meraviglia il fatto che non sia stato fatto un monumento in suo onore. C’è poi un cittadino che si chiama Semior Haire, un uomo molto ricco che si occupava di esportazione di legname e che nel suo testamento ha lasciato una somma ingente di denaro ai poveri della città. Da ricordare ovviamente anche Whitehead, il quale ha sempre sostenuto, assieme a sua moglie, tutte le iniziative volte ad aiutare il prossimo. Noi lo conosciamo come il proprietario della fabbrica Torpedo, ma il suo ruolo in città è legato anche alle azioni di beneficenza”.

Ebrei. Gli atti di carità

L’aiuto al prossimo è legato anche alla sfera religiosa?

“Sicuramente la componente religiosa non è da trascurare, ma non è legata esclusivamente al cristianesimo. A Fiume abbiamo avuto una comunità ebraica molto attiva da questo punto di vista. Il primo in cui mi sono imbattuto nelle mie ricerche è Nathan Kohen (morto nel 1863), il quale arrivò a Fiume dalla Moravia, l’odierna Repubblica ceca. Kohen fu un marittimo, membro della Camera di commercio cittadina, Console di Hannover, ma anche presidente della Comunità israelitica. Se visitate la sua tomba a Cosala scoprirete che fondò la Confraternita israelitica di misericordia, la prima società di beneficenza ebraica.

Nel 1885 il rabbino fiumano di allora, Adolf Mose Goldstein (Gerlóczy), originario di Budapest, istituì la Società Chevra Kadisha, un termine che in ebraico vuol dire Santa confraternita e che rappresentava una società che si occupava di lavoro di carità di diverso tipo, tra cui la manutenzione della sinagoga e del cimitero ebraico, ma anche sostegno e cure palliativi”.

Il contributo delle donne

Nella sua lezione non ha parlato solo di benefattori, ma anche di benefattrici.

“Esatto, una parte non trascurabile di queste azioni è legata proprio alle donne. Nel 1903, ad esempio, venne fondata la Società di beneficenza delle signore israelite, che aiutava i malati, le vedove e chi non poteva lavorare e non era in grado di sostentarsi. Tale società aiutava principalmente i membri della comunità religiosa, ma non di rado tale sussidio veniva esteso anche agli altri cittadini. È interessante da menzionare pure la famiglia dell’industriale Ermanno Neuberger de Hlinik, il quale ha messo a disposizione un suo possedimento a Stara Sušica per permettere ai bambini di trascorrervi le colonie feriali e non soltanto per gli ebrei, ma anche per gli altri bambini poveri. Sua moglie Sari era presidente della Società delle donne ebree, il che dimostra che la filantropia è in un certo senso una caratteristica che si trasmette di generazione in generazione. Tra le donne troviamo anche Kristina Adamich, sposata Scott, figlia di Andrea Lodovico Adamich. Nel 1841, ritornata a Fiume, partecipò alla fondazione dell’Asilo di carità. A Mrzle vodice si trovava una vetreria del padre, che lei ristrutturò per farne una scuola. Sua figlia Sabina Scott, sposata Horhi, seguì le orme della madre e donò persino la sua biblioteca familiare alla Biblioteca civica di Fiume. La moglie di Giovanni Ciotta, nipote di Adamich, Natalia Ciotta, fu a capo di tutte le Signore fiumane che si occupavano di beneficenza e come personaggio mi affascina molto perché non si mette mai in primo piano, ma organizza tutte le azioni concentrandosi sul bene e non sulla propria figura”.

Quanto era attiva la minoranza ungherese?

“Le donne ungheresi erano molto attive in questo senso. Si tratta principalmente delle mogli dei governatori stanziati a Fiume. La prima di cui conosciamo il nome è Ida Kiss de Nemeskér, la quale sostenne l’Asilo di carità, ma c’è anche Hedviga Zichi (nata Wimpffen), moglie del governatore Augustino Zichi, la quale fondò l’Asilo Clotilde”.

La figura di Pompeo Marini

Chi furono i benefattori di parte italiana?

“Pompeo Morini di Fiume (1849-?) fu nominato viceconsole onorario del Consolato Generale Reale di Fiume. Suo padre Luigi, originario di Faenza, si trasferì a Fiume come mercante. Possedeva un commercio all’ingrosso di grano, farina e merci coloniali. Fu presidente della Società degli industriali di Fiume e fondatore della Associazione di beneficenza italiana fondata per i membri della colonia commerciale italiana di Fiume, che nel 1910 contava circa 3mila membri. Dal 1883 Morini fu membro regolare della Sala di lettura croata a Fiume. I contributi volontari per la suddetta associazione italiana di beneficenza venivano regolarmente raccolti dagli allora consoli italiani a Fiume”.

Sfera religiosa

Come si spiega l’interesse per i cittadini poveri?

“I motivi sono molteplici e sicuramente molti sono legati alla sfera religiosa che prescrive di aiutare il prossimo. Credo che sarebbe molto interessante fare una ricerca di tutti i testamenti dell’epoca per vedere quanti beni sono stati lasciati alla comunità piuttosto che a famiglie ed eredi. Pensiamo soltanto al fiumano di origine slovena Josip Gorup, morto nel 1912, il quale ha sempre donato scuole e biblioteche non soltanto a Fiume, ma anche in Slovenia e a Trieste e ha lasciato ingenti somme di denaro ai poveri dopo la sua morte”.

Queste prassi non si sono mantenute fino ai giorni nostri?

“Oggi non sentiamo quasi mai che qualcuno ha fatto donazioni significative alla comunità o ai poveri e per questo motivo vorrei sottolineare l’aspetto caritatevole della storia fiumana. Fiume è veramente stata una città aperta e tollerante e ci tengo a sottolineare questo aspetto perché non è soltanto una frase fatta, è un fatto verificabile, che ci dovrebbe rendere fieri. Per quanto riguarda la beneficenza, non posso dire con certezza se Fiume spicchi in questo senso rispetto ad altre città o Paesi, fatto sta che erano veramente numerosi i benefattori della nostra città e secondo me questo è un valore da non dimenticare perché fare la storia di una città non vuol dire soltanto imparare date e nomi, ma seguire le vicende dei cittadini, studiare le vite e le vicissitudini di ciascuna famiglia. La storia sono le persone e aiutare il prossimo è un aspetto bellissimo della storia”.

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