Alla ricerca di un linguaggio comune

Nella Galleria «Juraj Klović» e nel Palazzo dello Zucchero di Fiume sono allestite rispettivamente le mostre «Babel» e «Styx» del pittore fiumano Alen Šimoković

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Alla ricerca di un linguaggio comune
Gli stampi utilizzati dal padre di Alen Šimoković. Foto: HELENA LABUS BAČIĆ

L’incomprensione e le migrazioni sono i temi che tratta il pittore fiumano Alen Šimoković nelle mostre “Babel – Styx, dallo spazio degli equivoci ai limiti dell’infinito” allestite rispettivamente nella Galleria “Juraj Klović” e nel Palazzo dello Zucchero di Fiume. La mostra “Babel”, curata dallo storico dell’arte ed ex direttore del Museo civico fiumano, Ervin Dubrović, si compone di dipinti in cui l’artista fa uso di vecchi stampi di lettere e scritte di diversi formati e stili confezionati e utilizzati da suo padre in passato per realizzare targhe, insegne e pubblicità per imprese e istituzioni di vario tipo.

Il sogno eterno dell’umanità
Come spiega Dubrović nel testo del catalogo, “Babel” ricorda la storia biblica che parla della Torre di Babele che gli arroganti discendenti di Noè decisero di costruire così alta da raggiungere il cielo e competere così con Dio, il quale si arrabbiò e li punì confondendo le loro lingue. Di conseguenza, i vari popoli cominciarono a parlare diverse lingue e a non comprendersi più. Dubrović osserva come la storia possa essere interpretata in diversi modi: può essere paragonata al volo di Icaro che rispecchia il sogno eterno dell’umanità di raggiungere l’infinito, oppure può essere vista in maniera più semplice: l’uomo possiede un talento in cui nessuno lo può superare – la capacità di trasmettere le sue idee, di conseguire risultati eccellenti e di raggiungere l’armonia. “Qualche volta, però, la comunicazione viene interrotta e porta alla cacofonia e al disordine, il che ha delle conseguenze devastanti”, sottolinea il curatore.

Relitti di un’epoca passata
L’idea dell’incomprensione si riconosce nei dipinti di Šimoković attraverso le sue composizioni realizzate con lettere di diversi formati che l’autore dispone facendo attenzione alla componente visiva e all’equilibrio. Queste lettere, però, non compongono parole che hanno un senso, solo occasionalmente possiamo trovare, disseminate qua e là, delle parole in croato e italiano riprodotte al contrario. Come spiega l’autore stesso, gli stampi di suo padre, che l’artista ha conservato per quarant’anni, sono relitti di un’epoca passata. Essi sono serviti, però, a volgere l’attenzione su un problema molto attuale, caratteristico del mondo contemporaneo. “Anche se oggi abbiamo la possibilità di comunicare in diversi modi, ci capiamo sempre meno. Di conseguenza, c’è sempre più rumore, ci sono sempre più equivoci e confusione. Fin dall’antichità e dalla Torre di Babele, l’umanità non è riuscita a trovare un linguaggio comune”, puntualizza Šimoković, stando al quale l’incomprensione è una delle cause principali che hanno spinto tantissime popolazioni e persone nella storia a migrare.

L’angoscia dei migranti
Ed è proprio qui il legame che unisce la mostra “Babel” con “Styx”, quest’ultima allestita a Palazzo dello Zucchero e curata da Ema Makarun. Se la prima esposizione si basa sulle composizioni con segni grafici, la seconda è figurativa e si compone di dipinti in cui le sagome nere di centinaia di donne, uomini e bambini, con pochi bagagli in mano, si allontanano verso un orizzonte infinito serpeggiando in una colonna che si perde in lontananza. Questi dipinti, di cui diversi hanno come sfondo dei colori accesi, riflettono comunque l’angoscia che hanno sentito, e che sentono ancora oggi, le migliaia di migranti che vengono scacciati dalla loro terra, o che decidono di lasciare il loro luogo d’origine per cercare una vita migliore altrove. Alle migrazioni “umane” l’artista associa anche quelle degli uccelli e dei bisonti, che a differenza degli esseri umani si spostano in maniera periodica alla ricerca di cibo.

Il fallimento dell’umanità
Uno dei temi che interessa Šimoković già da anni è pure il naufragio, il fallimento dell’impegno umano, che tratta riprendendo il celebre dipinto “La zattera della Medusa” di Théodor Géricault in bianco e nero in grande formato, il punto focale dell’allestimento nella Sala grande al secondo piano del Palazzo. Osservando questo dipinto dal punto di vista del bisogno umano di raggiungere nuovi traguardi e di progredire, l’opera riflette una visione pessimistica dell’autore, convinto che il progresso dell’umanità è dettato in prevalenza dall’egoismo e dall’avidità e come tale può portare soltanto alla rovina.
Alen Šimoković nasce nel 1968 a Fiume. Fin da studente della scuola media superiore si interessa alla pittura di insegne, della quale si occupa suo padre. Durante gli studi alla Facoltà di Edilizia di Fiume lavora occasionalmente per il Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” e inizia a interessarsi alle belle arti. Nel corso della sua carriera si occupa di tutela e conservazione del patrimonio edilizio di Fiume e della Regione litoraneo-montana. Come artista ha partecipato a numerosi concorsi di arte figurativa e si è presentato a diverse mostre personali e collettive in Croazia e all’estero. È stato insignito di vari premi e riconoscimenti, mentre le sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche in Croazia e all’estero. Dal 2019 è membro della filiale fiumana dell’Associazione nazionale degli artisti visivi (HDLU).

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